Tinto Brass: «Meno sesso
Voglio parlare di amore»
Il regista racconta la malattia: ho pensato al suicidio.
Il ricovero, la riabilitazione. «L’eros non deve essere un’ossessione»
Lo sguardo è guizzante, come sempre, solo un po’ infragilito. Sorride, Tinto Brass, con una serenità quasi da ragazzino, mentre passeggia per l'ex mercato del Lido. Al suo fianco, vigile con materna attenzione, la musa Caterina Varzi. Vestita in maniera castigatissima, avvocato e psicanalista, calabrese di Soverato, in questi mesi ha seguito giorno per giorno il regista, dopo l'emorragia celebrale che lo ha colpito a Marostica lo scorso 18 aprile. «Sono rimasto dieci giorni senza conoscenza. Quando aprivo gli occhi vedevo Caterina e le dicevo: che bel viso », racconta. Cinque mesi dopo, il recupero è stato giudicato dai medici straordinario, e il regista veneziano sembra in buona forma.
Maestro, partiamo dall’inizio. «Ero nel bagno dell’albergo di Marostica e lì mi sono accasciato, così improvvisamente, senza dolore. Mi ha trovato Caterina. Ho detto: sto bene, poi ho chiuso gli occhi». «Siamo stati fortunati, per così dire, perché gli ospedali della zona erano attrezzatissimi. Da Bassano, hanno spedita la Tac in via telematica a Vicenza in tempi molto rapidi. Così i danni sono stati contenuti il più possibile, fino al ricovero nella notte a Vicenza. I medici di quel reparto sono bravissimi », aggiunge Caterina.
Quali erano le sue condizioni? «I medici dissero a Caterina che ero in pericolo di vita. Ma quando aprivo gli occhi non avevo paura, mi rendevo conto della situazione ma l’apparizione di Caterina mi rassereneva, ero pronto a tutto. Mi lasci comunque ringraziare imedici di Vicenza, mi hanno fatto capire che si può continuare».
E dopo i dieci giorni? «Iniziò la vera fase critica, per me. Fui trasferito al reparto di riabilitazione ed ho assunto consapevolezza. Ero immobile quando fino a pochi giorni prima facevo una vita intensa. Mi chiesi se valeva la pena di vivere o di morire. Una notte pensai al suicidio, con serenità. La mattina dopo, di nuovo vedendo Caterina, ho però reagito». «Non sapevo come dargli forza. Arrivai con un grande giradischi, comprato a Vicenza, con un disco di Boris Vian, Le Déserteur. Su queste note, lui che aveva difficoltà a parlare, iniziò a cantare in francese, ha voluto ascoltare il disco 5-6 volte di seguito e cantava, cantava e si illuminava. Da lì piano piano ha trovato la forza di reagire», racconta la Varzi.
Poi l’arrivo a Venezia. «Quando ho visto la Laguna, per iniziare la riabilitazione al San Camillo del Lido, ho detto: sono salvo».
Come l’ha cambiata questa esperienza? «Profondamente. Il sesso, l’eros: è l’ora di fare un discorso serio su questi temi. Il sesso non deve essere un "consumo" finale, ma uno stato provvisorio».
Certo che dette da Lei queste parole suonano un po’ strane... «La vera trasgressione oggi è l’amore. Ho inseguito la libertà attraverso l’eros, rimuovendo la morte e la vecchiaia, trasformando il sesso in un’ossessione. Ho superato questa fase: confrontandomi con la morte l’ho accettata. Non può essere il sesso l’obiettivo finale. Conta di più la sfera affettiva».
L’amore ha contribuito al recupero? «Certo, e i medici si sono molto meravigliati del recupero».
La famiglia quanto ha contato? «Ho recuperato il rapporto con mio figlio Bonifacio».
Le sue attrici l’hanno chiamata? «Ho parlato spesso con Stefania Sandrelli».
Tinto Brass quindi riparte? «Sì, ho molto progetti. Innanzitutto vorrei girare Vertigini, ci tengo molto. E’ la storia di un 70enne che sta molto male e chiede alla nuora di aiutarlo a morire».
E il progetto Caligola in 3D? «Il contratto è firmato. Ma c’è un cambiamento, sto spostando la storia su Messalina, vorrei riabilitare questa figura, è una donna che muore per amore. Voglio ricominciare a fare cinema da dove ho iniziato, con film a basso costo che restituiscano la qualità».
Che cosa sta leggendo in questo periodo? «La vita di Martin Lutero, molto interessante».
Alessandro Zangrando
30 agosto 2010
Fonte:
CorrieredelVenetooops