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Campionato di calcio di Serie A 2019/2020

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2020 23:36
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29/09/2019 20:21

Riscatto Napoli con Mertens e Manolas, ma Balotelli spaventa Ancelotti

Gli azzurri dominano il primo tempo, ma nella ripresa il Brescia
accorcia le distanze con Super Mario e tiene aperta la partita.
Annullati con la Var un gol per parte


Mimmo Malfitano


Riecco il Napoli. Ritorna alla vittoria con i gol di Mertens e Manolas, nel primo tempo, mentre il Brescia ha dimezzato lo svantaggio con la rete di Mario Balotelli che è ritornato a segnare in serie A dopo 4 anni. L’ultimo gol l’aveva realizzato a Udine, nel settembre 2015. Coi tre punti conquistati dal Napoli, la classifica resta immutata per quanto riguarda le prime posizioni: il distacco dal primo posto resta ancora di sei punti.

NUOVO TURNOVER — Carlo Ancelotti non rinuncia all’alternanza. Il turnover riguarda anche il portiere: Meret siede in panchina, mentre Ospina è titolare. Non c’è Koulibaly, fermato per due giornate dal giudice sportivo dopo l’espulsione rimediata mercoledì sera. A far coppia con Manolas c’è Maksimovic. In attacco, l’allenatore si affida alla fisicità di Llorente e alla rapidità di Mertens. Nel Brescia, Romulo è in panchina, mentre Tonali organizza il gioco e Balotelli spalleggia Donnarumma in attacco.

SUBITO MERTENS — A differenza di quanto accaduto contro il Cagliari, la partita si sblocca poco prima del quarto d’ora. Fabian Ruiz si esibisce in un’apertura per Callejon. Il tocco all’indietro dello spagnolo è per l’accorrente Mertens che di destro fulmina Joronen. Il gol porta serenità, il Napoli gioca in scioltezza, perché il Brescia non dà l’impressione di voler reagire. Anzi, al 18’, Manolas trova il gol del raddoppio, ma dopo aver rivisto l’azione l’arbitro Manganiello annulla per un precedente tocco col braccio del difensore greco. Corini si sbraccia in panchina, mentre Balotelli deve fare i conti con il dinamismo e la determinazione di Di Lorenzo che non gli lascia mai il pallone. Dessena prova dalla distanza (29’), ma il tiro è davvero senza pretese. Ad ogni affondo il Napoli dà l’impressione di poter segnare. Ghoulam (38’) crossa per lo stacco di Llorente. Lo spagnolo fa da torre per Mertes che conclude sull’esterno della rete. Va molto meglio a pochi secondi dalla fine del primo tempo. E’ il 49’ quando Callejon batte l’angolo, Maksimovic stacca di testa e assiste Manolas che, sempre di testa, infila il 2-0.

PERICOLO BRESCIA — Balotelli si vede per la prima volta al 4’ del secondo tempo: Ospina gli respinge una punizione dalla distanza. Un minuto dopo il Brescia trova addirittura il gol con un gran tiro di Tonali. Manganiello convalida, ma viene richiamato dal Var a rivedere l’azione. In effetti, Bisoli commette fallo su Maksimovic prima di appoggiargli il pallone. La squadra di Corini trova il coraggio per insistere e al 22’ accorcia le distanze con Balotelli, pronto a girare di testa in rete l’angolo battuto da Tonali. Il Napoli ha qualche problema di tenuta, riparte lentamente, quando può, e arriva poco alla conclusione. Balotelli ha sul destro la palla del pareggio, ma la conclusione non è precisa. Ancelotti non è tranquillo, vede i suoi arrancare, mentre il Brescia insegue il pareggio che, alla fine, non arriva. A Corini resta la consolazione di aver saputo tenere testa al Napoli, mentre Ancelotti conquista tre punti sudatissimi che nascondono la sofferenza vissuta nel secondo tempo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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29/09/2019 20:24

Poker Lazio: Milinkovic, Radu, Caicedo
e Immobile mandano a picco il Genoa

La squadra di Inzaghi reagisce alla sconfitta con l’Inter dominando i rossoblu.
Annullato un gol a Luis Alberto


Nicola Berardino


Simone Inzaghi aveva chiesto principalmente i tre punti, ma Lazio risponde anche con una prova bella e convincente impacchettando quattro gol per vincere contro il Genoa. I primi sigilli stagionali di Milinkovic, Radu e Caicedo rendono in discesa la gara, liberando la Lazio dalle incertezze delle sconfitte recenti, compresa quella di mercoledì contro l’Inter. Poi, il gol di Immobile archivia il risultato. Appena un punto conquistato nelle ultime giornate dal Genoa, che fatica a reggere l’urto dell’attacco laziale e soprattutto non riesce a dare continuità alla manovra.

MILINKOVIC SI SBLOCCA — Inzaghi si riaffida ai veterani: tornano dal 1’ Radu, Marusic, Leiva, Lulic e Immobile. Andreazzoli dà spazio al turnover: entrano El Yamiq, Cassata e Sanabria per ritoccare ogni reparto e far rifiatare Zapata, Schone e Pinamonti che partono dalla panchina. Squadre schierate a specchio col 3-5-2. Inizio arrembante della Lazio che al 7’ sblocca la gara: con il tanto atteso primo gol stagionale di Sergej Milinkvoic che di sinistro da centro area su assist di Immobile conclude a rete un’azione avviata da lui stesso dopo aver recuperato un pallone su Sanabria. Replica rabbiosa del Genoa che al 9’ si vede sbarrare la strada del pareggio da un pronto intervento di Strakosha su una capocciata di Romero. Al 13’ si infrange sul fondo una bordata di Radovanovic dalla distanza. Ripartenza della Lazio con Marusic al tiro, deviato sull’esterno da Barreca. Ancora Immobile ispiratore: al 19’, lancia Correa che però non riesce ad angolare il tiro. Nel successivo assalto è Immobile a fiondarsi verso la porta: Radu si oppone. Al 25’ Strakosha fa scudo su Cassata, poi un mani di Sanabria vanifica il tentativo dello stesso attaccante. Alla mezz’ora, sopra la traversa l’incornata di Milinkovic. Nuovo assist di Immobile, destro di Luis Alberto alto. Al 35’ lo spagnolo infila Radu su una gran progressione di Immobile sulla destra. Ma Pairetto annulla dopo esser passato dalla Var che segnala un fallo di Milinkovic su Cassata nella metà campo laziale. Si ricomincia con una punizione a favore del Genoa. Ma il raddoppio biancoceleste è solo rinviato ed arriva al 40’ con un sinistro a parabola di Stefan Radu, innescato da Luis Alberto.

POKER DA APPLAUSI — Dopo l’intervallo, Andreazzoli inserisce Pajac e Pandev al posto di Barreca e Lerager. Rossoblù con un nuovo assetto proteso in fase offensiva. E subito animati da una maggiore aggressività. Al 3’ da posizione favorevole Sanabria non sfrutta un colpo di testa. Al 7’, Inzaghi fa entrare Caicedo al psoot di Correa, ce risente di alcuni interventi subiti nel primo tempo. E il portiere genoano Radu deve uscire fuori area all’11 per anticipare Marusic lanciato da Immobile. Al 14’, perla di Caicedo: l’ecuadoriano ispirato da Milinkovic scatta sul fondo, supera Radu e di sinistro insacca il gol del 3-0. Andreazzoli cerca di riaggiustare la rotta della propria gara con l’ingresso di Schone che al 24’ sostituisce Cassata. Applausi dell’Olimpico al 29’ per Milinkovic che viene sostituito da Parolo. Al 33’ Luiz Felipe individua il varco giusto: dalla difesa si catapulta nelle trequarti, depistando quattro avversari e lanciando Immobile al 4-0. Quinto gol in campionato per l’attaccante che festeggia correndo verso la panchina per abbracciare Inzaghi e chiudere le polemiche seguite alla sua sostituzione di una settimana fa contro il Parma. Al 41’, debutta in A Bobby Adekanye, che rileva Immobile salutato dall’ovazione dell’Olimpico. Il 4-0 finale suggella il ritorno della Lazio ai suoi livelli di gioco per riacendere le ambizioni in classifica.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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29/09/2019 20:27

Roma sulle spalle di Dzeko: contro un bel Lecce decide lui

Primo tempo equilibrato, poi i giallorossi si aggrappano
al totem bosniaco che segna nella ripresa su assist di Mkhitaryan.
Gabriel para un rigore a Kolarov.


Andrea Pugliese


Ancora Dzeko, ancora Edin. La Roma vince a Lecce grazie al quarto gol in campionato del suo centravanti, il 92esimo in giallorosso e 31 in trasferta in Serie A. Dzeko così inserisce anche la città salentina nella sua collezione personale di città italiane dove ha esultato per un gol. Lecce è la 17esima, per la Roma invece è una vittoria salutare. Il Lecce ha tenuto bene per un tempo, mettendo anche paura a tratti ai giallorossi. Poi però il gol di Dzeko ha spezzato l’equilibrio, permettendo a Fonseca di poter tornare a sorridere dopo lo scivolone interno con l’Atalanta.

POCHI SPAZI — liverani davanti conferma la coppia Falco-Babacar, Fonseca invece tiene a riposo Fazio in difesa e Cristante a centrocampo, rilanciando dal via rispettivamente Mancini e Diawara. Il piano partita del Lecce è quello di togliere spazi e profondità agli attacchi giallorossi, con un 4-3-1-2 che prevede linee strettissime e basse. Liverani manda Babacar su Florenzi per sfruttare il missmatch, mentre Mancosu gioca un po’ punta e un po’ trequartista. Ma tutte le azioni migliori dei padroni di casa partono dai piedi di Falco, particolarmente ispirato. La Roma invece chiude il primo tempo addirittura con il 71% di possesso palla, ma spesso sterile e fine a se stesso. Sulla trequarti c’è un traffico pazzesco, così tanto che Pellegrini (belle due sue verticalizzazioni per Kluivert) è spesso costretto ad abbassarsi fino alla metà campo per avere palloni giocabili. Gabriel è spesso approssimativo, tanto che all’8’ rischia anche il patatrac: presa scivolosa su un cross innocuo di Florenzi, con la palla che sbatte sul braccio di Lucioni. La Roma protesta per il rigore, Abisso (e Guida alla Var) giudicano il tocco involontario. Il fallo di mano però è evidente, con il braccio largo. Così le occasioni migliori per la Roma arrivano su angolo, quando prima Mancini si vede respingere da Calderoni un colpo di testa che sembrava indirizzato a rete, poi Smalling spreca a lato l’ennesima uscita a vuoto di Gabriel. I padroni di casa invece vicini al gol al 39’ quando Rispoli in fascia sfrutta l’ennesima giocata di Falco e mette in mezzo un pallone su cui il tap-in al volo di Mancosu finisce di un soffio fuori.

ANCORA EDIN — Nella ripresa la Roma prende in mano la partita e prima sfiora il gol con Mkhitaryan su assist di Dzeko, poi lo trova proprio con il centravanti bosniaco, che di testa insacca un traversone dell’armeno. Decisivi però gli errori difensivi dei pugliesi: Mayer in uscita, Gabriel che sbaglia tutto e Rispoli che si stacca dalla marcatura sul centravanti giallorosso. Con la squadra di Fonseca in vantaggio diventa tutta altra partita, perché il Lecce ora deve allungarsi per provare a pareggiare e la Roma trova spazi per affondare con Kluivert (finta e tiro alto). Prima però era stato Calderoni ad andare vicino al pari, con Liverani che prova a trovare idee in mezzo inserendo Imbula al posto di uno spento Tachtsidis. Poi la Roma al 34’ ha la possibilità di chiudere la partita: fallo di mano di Lucioni su tiro di Dzeko, rigore di Kolarov ma stavolta Gabriel è strepitoso in angolo. Allora il Lecce prova a rianimarsi, ma di occasioni vere e proprie non ne riesce a creare neanche una. Finisce così, con la Roma che torna a sorridere e il Lecce che deve preparare la doppia esterna con Atalanta e Milan.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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29/09/2019 20:31

Udinese, basta Okaka: 1-0 a un Bologna che gioca ma non punge

Un gol di testa del centravanti e una partita molto “fisica” regalano a Tudor tre punti.
Mihajlovic non fa turnover e i rossoblù non capitalizzano la manovra


Matteo Dalla Vite


Stefano torna al gol e l’Udinese vola. Il Bologna resta inchiodato nella propria incapacità di concludere quanto di buono sa fare (oggi, meno del solito), perché anche al Friuli ha creato ma non finalizzato senza fra l’altro impensierire troppo Musso. Insomma, il re del giorno è Okaka, alla prima da titolare e nuovamente in gol dopo la doppietta del 19 maggio nel passato campionato: l’Udinese non segna a bizzeffe (terzo gol in sei giornate) ma capitalizza con un colpo solo. E può bastare.

OKAKA GOL — Mihajlovic (cui il Friuli dedica un applauso nel pre-gara e lo striscione “Il guerriero Sinisa vincerà la sua battaglia”) sceglie gli Intoccabili con eccezione di Santander e Dzemaili al posto di Poli. E alla lunga questo Bologna che non fa turnover pagherà fisicamente. Tudor mette Nestorovski al fianco di Okaka perché Lasagna (che poi entrerà) non sta ancora bene: De Paul è squalificato e Pussetto inizia guardando la gara dalla panchina. L’Udinese (in tribuna gli ex Causio, Poggi, Amoroso, Bertotto e Calori) è squadra alta e fisica che la mette subito in versione-ring, anche se il Bologna tiene il pallone più spesso in virtù della maggior tecnica. Il primo acuto è dei friulani con un colpo di testa di Nestorovski parato da Skorupski, poi i rossoblu cominciano a prendere il comando del gioco arrivando alla conclusione con Santander e Orsolini: Musso c’è, a differenza del suo collega polacco quando (28’) Styger Larsen crossa da sinistra non schermato da Tomiyasu verso Okaka che, in girata e di testa, piazza il pallone dalla parte opposta di Skorupski anticipando Bani. Vantaggio Udinese ma dopo una quasi mezz’ora di comando del Bologna, che come successo nelle ultime tre gare prende spesso in mano il gioco ma non conclude abbastanza per quanto produce. Compresa la sua ala destra: Orsolini schiaccia troppo una conclusione in piena area di sinistro, ed è lo specchio di un primo tempo in cui il Bologna fa ma si attorciglia e non capitalizza mentre l’Udinese schiuma fisicità ed è in vantaggio.

CAMBI E ROSSO — Nella ripresa, dopo un altro mezzo passo falso di Orsolini, Mihajlovic ordina al proprio staff di infilare Skov Olsen e poi Palacio al posto di Sansone: il Bologna continua a produrre ma l’assenza nel momento del colpo decisivo è lampante. Tudor, dalla sua parte, infila Lasagna al posto di Okaka ed è proprio l’azzurro ad andare subito al tiro: minuto 21’, alto, come poi succede a Fofana da 25 metri. L’Udinese ora è in controllo e il Bologna non riesce a mantenersi alto per arrivare al pareggio: produce ripartenze veloci ma il pacchetto friulano resiste e ribatte costantemente. Sinisa infila anche Mattia Destro e Palacio, passa al 4-2-4 mentre Tudor risponde con l’inserimento di De Maio passando al 5-3-2 puro. In una situazione di contropiede, il danese Skov Olsen va via a Samir che lo falcia: la panchina bolognese s’infuria perché l’arbitro non estrae un possibilissimo secondo cartellino giallo. Poi, ecco che l’Udinese infila Walace e tenta di raggrupparsi per portare a casa una vittoria preziosissima: e finisce così, col Bologna che mostra la sua propensione a creare senza concludere anche dopo 5’ di recupero e un colpo di testa di Bani sul quale Musso scherma. Con tanti saluti anche a Soriano che per proteste si fa espellere a gara finita.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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29/09/2019 20:35

Castro lancia il Cagliari.
Poi Faraoni pareggia e salva il Verona

Bella partita con tante emozioni: palo di Rog e grandi parate dei portieri


Francesco Velluzzi


Festa rimandata e soprattutto il volo verso le altissime quote. Dopo tre vittorie di fila, il Cagliari (primo pari) spreca il match ball per la quarta affermazione che avrebbe portato la squadra di Rolando Maran al quarto posto col Napoli. Invece gioisce il Verona (1-1), che Juric ha costruito, con poco talento e poca qualità, alla perfezione. Lottare sempre, arrendersi mai. E l'Hellas esce indenne dalla Sardegna Arena pareggiando in modo fortunoso nella ripresa con Faraoni, dopo il gol di Castro (ufficiale la decisione della Lega) che la crossa bene. Il Cagliari nel secondo tempo paga la stanchezza di Napoli, lascia troppi spazi ai bianchi di Juric sulla destra dove Cacciatore viene saltato spesso e Pellegrini non è efficace come nel primo. E finisce per subire un pareggio che non è affatto ingiusto. Il ritorno in campo di Nainggolan non produce gli effetti sperati, anzi proprio il belga non sembra ancora in gran condizione (dopo l'infortunio al polpaccio che lo ha tenuto fuori per tre gare) e non dà quel qualcosa in più che ci si aspetta. Il Verona, invece, ha in Veloso (bravissimo a calciare tutti le palle inattive) e nel combattivo marocchino Amrabat (che non ha paura di nessuno), due mastini in mezzo che combattono contro il più titolato centrocampo rossoblù. Con un attaccante di maggior spessore (Di Carmine è stato lasciato a sorpresa a casa nel giorno del suo compleanno), il Verona sarebbe ancora più pericoloso. Ma sei punti dopo sei gare sono un gran bel bottino per chi è partito con l'assoluta missione di salvarsi.

PRIMO TEMPO — Si gioca: Maran manda in campo la formazione che tutti si aspettano con Cigarini che torna in regia, Luca Pellegrini a sinistra e Castro a fare il disturbatore più che il trequartista dietro Joao Pedro e Simeone. Juric lascia in panchina la rivelazione Kumbulla con Dawidowicz insieme a Rrahmani e Gunter. Zaccagni gioca ancora più offensivo con Stepinski lasciando a Verre il compito di innescarli. Ma è il Cagliari che, con uno stadio pieno, deve provare a vincere e deve usare una tattica meno attendista rispetto alle ultime tre vittorie. Luca Pellegrini, che vuol dimostrare a Maran che ha sbagliato a tenerlo fuori a Napoli, parte col turbo e innesca subito Simeone sul quale Silvestri (ex Cagliari) si oppone. Sfiora ancora di più il gol l'attivissimo Joao Pedro che, dopo un bello scambio con Nandez, calcia fuori di poco. Al 27' è Dawidowicz che manda alto di testa su palla calciata dal solito Veloso. Ma al minuto 29' la Sardegna Arena esplode: cross di Castro, Joao Pedro è solo al centro dell'area (difesa del Verona molto disattenta), ma non ci arriva per un soffio. Sicuramente disorienta comunque Silvestri, con la palla che finisce in rete. Poco dopo l'arbitro Volpi manda fuori per proteste il direttore sportivo rossoblù Marcello Carli. Occasioni ci sono, ma di testa vanno tutti fuori... C'è ancora un sussulto è di Rog, ma Silvestri respinge con i pugni. Poi è Pisacane che prima dell'intervallo salva su Verre, su un'uscita sbagliata da Olsen.

RIPRESA — Il Cagliari riparte per chiuderla, ma non ci riesce, fuori di testa Ceppitelli, palo di Rog, ancora di testa, Silvestri salva di piede su Simeone, ma il Verona prende maggior confidenza e il Cagliari accusa la stanchezza per la faticaccia di Napoli. E su un erroraccio di Pisacane che scivola in area, Faraoni non può far altro che pareggiare. Maran corre ai ripari togliendo Castro, ammonito, nervoso e stanco e giocando la carta Nainggolan. Juric inserisce Pessina dopo Salcedo. Un'intelligente giocata di Joao manda il Ninja al cross, Simeone a porta vuota calcia fuori il facile pallone del raddoppio. Ma il Verona è dentro il campo e dentro la partita e continua a mettere in difficoltà, soprattutto sulla corsia di Cacciatore, il Cagliari con Salcedo che di testa colpisce bene, ma a lato. Poi Olsen para due volte su Salcedo e Pessina. È l'ultimo atto di una partita che finisce nel modo più giusto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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30/09/2019 10:39

Montella e Ribery mandano il Milan all’inferno.
E Giampaolo adesso è a rischio

Finisce 3-1 per i viola, che dominano:
a segno Pulgar su rigore, Castrovilli e il francese, migliore in campo.
Espulso Musacchio con la Var, nel finale inutile gol di Leao


Alessandra Gozzini

Disastro Milan: Giampaolo e la squadra sprofondano, sommersi dai gol viola e da una prestazione che fin da subito era sembrata molto poco convincente. San Siro si riempie di fischi: assordanti al 45’, continui in tutto il secondo tempo, alternati a pesanti cori di contestazione. Poi, ancora prima della fine della partita, si svuota. Sotto attacco società e squadra, ovviamente l’allenatore. Il club che solo giovedì sera lo aveva difeso, stasera dovrà riflettere sul da farsi. Anche l’altro allenatore, Montella, aveva fame di vittorie: il successo con la Samp era arrivato dopo settimane di digiuno. E per i viola più che una vittoria è un trionfo.

LA PARTITA — Entrambe le squadre sono quelle annunciate, il Milan con Leao e Piatek, la viola con Chiesa e Ribery. Ripartire dal primo tempo di Torino non è esattamente quello che il Milan fa nei primi 45’. Se per Giampaolo il successo è una questione di mentalità, è lì che il Milan sbaglia. Dimesso, lento, svogliato. La Fiorentina si prende facilmente il comando del gioco, con la manovra palleggiata di Montella e le incursioni in velocità della coppia d’attacco che scambia in continuazione. E che passa al 12’: azione personale di Ribery che scappa in slalom e sbatte su Donnarumma, Chiesa la riprende ed è steso da Bennacer. Il rigorista viola, Pulgar, non sbaglia. Il Milan sembra avere un’unica arma d’attacco con Piatek annullato da Pezzella: l’arma è il mancino di Suso, che lo spagnolo tenta dalla distanza a impegnare Dragowski. Ma subito dopo lo stesso canovaccio: Fiorentina in possesso, un paio di conclusioni da fuori area di Chiesa, e Milan semplice spettatore. San Siro al 45’ è un unico fischio assordante, con invito a tirare fuori gli attributi.

BUIO FITTO — Ma dallo spogliatoio rientra un Milan altrettanto molle. Dopo dieci minuti anche in inferiorità numerica: espulso Musacchio per aver alzato il piede sulla gamba di Ribery. Dal giallo con la Var si passa al rosso. Giampaolo costretto a cambiare: fuori Piatek (solito fantasma), dentro Duarte, un centrale al debutto in rossonero. Ma così è ancora di più Fiorentina: Calhangolu si fa rubare palla da Milenkovic bravo anche a innescare Chiesa, Federico si invola sulla sua fascia e per Castrovilli è primo gol in A. San Siro si scalda ancora di più: “vergogna” è il coro meno duro che la Sud intona alla squadra. La Fiorentina ha l’occasione per demolire gli avversari: rigore di Chiesa, stavolta Gigio para. Altro rigore procurato da un fallo di Bennacer, questo sullo scatenato Castrovilli. Ora però il Milan affonda, è incapace di reagire alla parata di Gigio. La curva chiama a raccolta tutti gli altri settori: “Questa società non ci merita”, di nuovo uno dei pochi cori riferibili. La squadra è sola, depressa e inguardabile sul piano del gioco. Un disastro che il pubblico sottolinea alzando sempre di più il volume della protesta. “Andate a lavorare” è l’ultimo invito. E Ribery, in solita collaborazione con Chiesa, segna il tris. Il Milan non c’è minimamente, sparito, inesistente: lo stadio applaude i viola e umilia i suoi. Un unico sorriso all’80: il bel gol di Leao in azione personale, l’unica nota che strappa un applauso del pubblico. Che poi si alza in piedi per un avversario: Ribery, sostituito da Ghezzal. Poi i tifosi non hanno nemmeno più la forza di inveire, la Sud è già deserta. Quarta sconfitta in 6 partite: ora tutto può succedere.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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01/10/2019 00:15

Var e rigori, così il Toro vede rosso.
E il Parma all'88' fa festa con Inglese

Gara emozionante e ricca di gol, la vincono i gialloblù a 2' dalla fine.
Espulsi Bremer al 29' e Mazzarri nel finale


Mario Pagliara


L'ultimo respiro è quello liberatorio per il Parma, il più amaro per il Toro: a ottanta secondi dal novantesimo, Inglese fa esplodere il Tardini, manda al tappeto i granata e mette il fiocco su una serata divertentissima. Finisce 3-2 per gli emiliani, dopo un primo tempo esplosivo (archiviato sul 2-2), due calci di rigori (parato da Sirigu quello di Gervinho, a segno Belotti), cinque gol e una valanga di occasioni. Fa festa il Parma, che raggiunge proprio i granata a nove punti in classifica. Il Toro resiste per quasi un'ora in dieci uomini, a causa dell'espulsione di Bremer alla mezzora per doppia ammonizione, ma alla fine capitola e torna a casa con la terza sconfitta stagionale, la seconda su tre in trasferta. Espulso nel finale Mazzarri.

TORO A QUATTRO — Che sarà una serata piene di sorprese lo si capisce sin dalla lettura delle formazioni. La prima la regala Mazzarri. Per la prima volta da quando è al Toro, il tecnico rinuncia in avvio alla sua dogmatica difesa a tre, disegnando una squadra con il 4-2-3-1: Izzo, Nkoulou (al rientro), Bremer, Aina dietro, Baselli e Rincon a comporre la diga nel mezzo, Ansaldi sulla destra, Meité sulla trequarti, Verdi a sinistra con naturalmente Belotti di punta. D'Aversa risponde con un Parma a trazione offensiva: 4-3-3, ma nel tridente non c'è Inglese (è in panchina, fermato da qualche linea di febbre nella notte). Kulusevski, Cornelius e Gervinho sono le tre armi scelte dal tecnico emiliano per affrontare la difesa del Toro.

BOTTA E RISPOSTA — La notte del Tardini è indubbiamente divertente. Bollicine nell'aria. Dopo centoventi secondi la partita è già stappata: lancio di Barillà, Gervinho brucia Izzo sul breve, assist al centro dell'area per Kulusevski che a pochi passi dalla linea di porta non sbaglia. Il primo gol in Serie A dello svedese, classe Duemila, porta il Parma avanti dopo due minuti. Ingoiato l'avvio choc, il Toro si riorganizza: Belotti scalda dalla distanza le mani di Sepe (10'), poi due minuti dopo il cross di Verdi dalla sinistra è al bacio per la testa di un Ansaldi lasciato incredibilmente solo in area da Gagliolo: è 1-1. Botta e risposta.

SFIDA DI RIGORE — Tutto qui? Manco per sogno. Perché è solo l'inizio. Il Torino pian piano si scioglie, inizia a giocare anche un pochino meglio, anche se il Parma ha il merito di restare con la testa nella partita. Sono gli episodi, poi, a prendersi la scena. Il primo è una storia del 28': Kulusevski scarica un tiro-cross dal limite, sul quale Bremer (già ammonito) si oppone con un gomito alto. In presa diretta l'arbitro La Penna fa giocare, ma dopo aver rivisto l'azione al Var assegna il rigore al Parma ed espelle Bremer per doppia ammonizione. Dal dischetto, però, Gervinho si fa ipnotizzare da un super Sirigu (31') che chiude la porta. Mazzarri corre ai ripari, passa al 4-4-1 spostando Aina terzino destro, arretrando Ansaldi sulla linea difensiva (sulla sinistra). Poco dopo, arriva il secondo episodio: minuto 40, Belotti e Laurini sono protagonisti di un duello aereo nell'area emiliana. La Penna fa ancora correre, mentre il Toro protesta: dalla postazione Var Fabbri invita La Penna a rivederlo e dalle immagini si nota un gomito di Laurini sul volto del Gallo. Nuovo rigore, ma stavolta dagli undici metri ci va proprio Belotti che non sbaglia.

SENZA FINE — Il Gallo realizza il suo quinto gol in trasferta in questa annata (due in Serie A, tre nei preliminari di Europa League), il quinto su rigore in stagione (su cinque calciati), l'undicesimo con il club in stagione. È un primo tempo senza fine e senza sosta. Quando il tabellone del quarto uomo indica tre minuti di recupero, si accende il genio di Kulusevski (sempre lui, il migliore del Parma): lo svedese buca nel cuore la difesa del Toro con un assist bellissimo, Cornelius si fa trovare pronto e mette dentro. All'intervallo è due a due. Divertito, il pubblico applaude.

TRAVERSA — In avvio di secondo tempo, D'Aversa richiama Gagliolo in panchina (il peggiore del Parma), al suo posto entra Pezzella. Il Parma spinge da subito, forte dell'uomo in più, il Toro si difende con le unghie. Dopo cinque minuti, Izzo è saltato netto da Gervinho in area che però trova sulla sua strada un Sirigu strepitoso: altro miracolo, altra parata da numero uno. Sugli sviluppi dell'azione, un colpo di testa di Hernani si stampa sulla traversa. Intorno all'ora di gioco, Mazzarri lancia nella mischia Laxalt (per Verdi) per arginare un Parma in questa fase più propositivo. L'occasione d'oro capita anche al Toro, quando una mischia favorisce Izzo (28') ma il difensore spara da distanza ravvicinata sul petto di Sepe, in uscita alla disperata. Entrano anche Kucka, Inglese, Djidji e Lukic, e proprio quando il 2-2 sembra cristallizzato, un Parma di buona volontà trova l'allungo: è il 43' della ripresa, Gervinho scodella un pallone dalla destra, è Inglese a sfruttare la confusione in area, battendo Sirigu. C'è il tempo per l'espulsione di Mazzarri, il resto è la festa emiliana.

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01/10/2019 00:16

SERIE A 2019/2020 6ª Giornata (6ª di Andata)

28/09/2019
Juventus - Spal 2-0
Sampdoria - Inter 1-3
Sassuolo - Atalanta 1-4
29/09/2019
Napoli - Brescia 2-1
Lazio - Genoa 4-0
Lecce - Roma 0-1
Udinese - Bologna 1-0
Cagliari - Verona 1-1
Milan - Fiorentina 1-3
30/09/2019
Parma - Torino 3-2

Classifica
1) Inter punti 18;
2) Juventus punti 16;
3) Atalanta punti 13;
4) Napoli punti 12;
5) Roma punti 11;
6) Lazio e Cagliari punti 10;
8) Torino e Parma punti 9;
10) Fiorentina e Bologna punti 8;
12) Udinese punti 7;
13) Sassuolo, Verona, Brescia, Milan e Lecce punti 6;
18) Genoa punti 5;
20) Spal e Sampdoria punti 3;


(gazzetta.it)
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06/10/2019 14:40

Petagna rialza la Spal: battuto 1-0 un Parma senza idee

La squadra di Semplici ottiene tre punti pesanti in chiave salvezza,
nonostante l'espulsione di Strefezza che la lascia in inferiorità numerica nei venti minuti finali


Andrea Schianchi



La vittoria del coraggio e della sofferenza. La Spal, in crisi di risultati (fino a ieri un solo successo e cinque sconfitte), si prende tutto il bottino (e con pieno merito) contro un Parma che si sveglia troppo tardi. A fare la differenza è il ritmo di gioco imposto dalla squadra di Semplici: il pallone viaggia velocemente tra i reparti e quelli del Parma non riescono mai ad accorciare e a rubare il tempo. È di Petagna il gol che vale i tre punti, ma questo è davvero un successo collettivo, perché la Spal, tutta la Spal, dimostra compattezza e spirito di sacrificio.

STREFEZZA STILE DANI ALVES — Gioca soltanto la Spal nel primo tempo, e lo fa con buone idee e grande dispendio di energie. Sulla fasce laterali vince tutti i duelli, in mezzo al campo domina con il trio Missiroli-Valdifiori-Kurtic e, là davanti, Petagna e Floccari lavorano tantissimo in fase di pressing. Il Parma ci capisce poco o nulla, fatica a costruire la manovra e, soprattutto, si dimostra eccessivamente passivo di fronte all'assalto dell'avversario. Il gol di Petagna (minuto 31) nasce da un tiro "sporco" di Strefezza sul quale il centravanti è il più veloce a piombare. A proposito di Strefezza: pare Dani Alves, anche perché il Parma, in fase difensiva, se lo perde regolarmente. I tre attaccanti di D'Aversa non pervenuti per tutto il primo tempo: non un lampo, non un dribbling, non un tiro.

ALL'ASSALTO — Nell'intervallo il Parma sostituisce uno spento Kulusevski con Scozzarella e poi, poco dopo, fuori anche Hernani (imbarazzante per lentezza) e dentro Sprocati. Ma è sempre la Spal a rendersi pericolosa con Floccari, Petagna e Strefezza. Poi, e siamo al 25' della ripresa, l'episodio che rischia di cambiare tutto: espulso Strefezza per doppia ammonizione (ingenua la simulazione in occasione del secondo giallo). Il Parma si butta all'assalto, D'Aversa inserisce anche Inglese passando al 4-2-4, ma al di là di un gol giustamente annullato a Gervinho (fuorigioco iniziale di Inglese) non riesce mai a sfondare il muro della Spal, dimostrando di avere poche idee in fase di costruzione della manovra.

Fonte: Gazzetta delo Sport
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06/10/2019 14:49

Con Kumbulla Verona decolla!
Samp nel baratro, Di Francesco ora trema

L'Hellas vince 2-0 con gol del difensore in avvio e autogol di Murru nel finale.
Blucerchiati meglio nel secondo tempo con l’ingresso di Rigoni e Caprari, ma la panchina del tecnico è a rischio


G.B.Olivero


Un gol in apertura, un altro nel finale: così il Verona batte la Sampdoria e condanna Eusebio Di Francesco a un probabile esonero che nelle prossime ore il presidente Ferrero potrebbe certificare. Ma sia chiaro: la società e i giocatori hanno molte più responsabilità del tecnico. Il club ha costruito una squadra più debole rispetto allo scorso anno e non adatta alle idee del nuovo allenatore, i calciatori oggi non hanno lottato come era lecito aspettarsi vista la situazione in classifica. Il Verona ha approfittato della pessima condizione blucerchiata costruendo fin dai primi minuti una vittoria meritata.

PRIMO TEMPO — La partenza del Verona è decisa, quella della Samp al rallentatore. I gialloblù spingono, i blucerchiati arretrano. E al 9’ Juric può già festeggiare: corner di Veloso, Kumbulla sfrutta un blocco e stacca in modo splendido sul primo palo. Grave però l’errore del guardalinee Lombardo che non segnala un fuorigioco molto evidente di Stepinski nell’azione che porta al calcio d’angolo. Ci si attende una reazione della Sampdoria e invece i giocatori di Di Francesco sembrano confusi e anche poco reattivi. Quagliarella vaga alla ricerca di una palla giocabile, ma in realtà il capocannoniere dell’ultima Serie A appare anche poco coinvolto. Bonazzoli si impegna di più, arretra per aiutare i compagni a salire, ma è tutto vano perché non c’è profondità e solo Depaoli a destra ogni tanto riesce a superare un avversario e ad andare al cross. Quasi tutti i duelli individuali vengono vinti dai gialloblù, che controllano la situazione, battono sei angoli e nel recupero sfiorano il raddoppio con un bel tiro di Stepinski innescato da una grande iniziativa di Amrabat: bravo Audero a deviare la conclusione. La Samp va al al riposo senza un tiro in porta all’attivo. Nella ripresa i blucerchiati alzano ritmo e baricentro. Di Francesco inserisce Rigoni prima e Caprari poi, ma il primo tiro nello specchio arriva solo al 24’ proprio con Caprari che impegna Silvestri con un rasoterra insidioso. Al 29’ si vede per la prima volta Quagliarella che gira di testa un cross di Depaoli: ancora bravo Silvestri. Entra anche Gabbiadini, la Samp ci prova con il 4-3-3, ma al 36’ arriva la sentenza: Veloso batte una punizione verso la porta, Murru ci mette la testa e beffa Audero. Il Verona sale a 9 punti, la Samp resta ultima a quota 3.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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06/10/2019 14:52

Reina dall'inferno al paradiso:
il Milan soffre, rimonta e torna a vincere

Rossoblù avanti con Schone grazie alla papera del portiere spagnolo.
Theo e Kessie - su rigore - ribaltano nella ripresa.
Nel finale altro errore di Pepe che però si riscatta e para il tiro dal dischetto del danese


Filippo Grimaldi


Succede l'impossibile, ma alla fine la festa è rossonera. Il Genoa precipita nel dramma, mentre il Milan (e Giampaolo) si rianimano, ritrovando il successo dopo tre sconfitte consecutive. Reina da colpevole per il gol dell'uno a zero genoano a eroe per il rigore parato a Schone nel recupero della ripresa. L'1-2 finale del Ferraris racconta di un Grifone che s'illude del riscatto per il breve spazio di una dozzina di minuti, quanto passa fra il gol di Schone su punizione a fine primo tempo (paperissima di Reina, che aveva sostituito Donnarumma k.o. nel riscaldamento) e la rete di Theo Hernandez che in avvio di ripresa restituisce ai rossoneri la fiducia perduta, prima del gol decisivo di Kessié su rigore (mani di Biraschi, poi espulso, rilevato dalla Var). Ora diventa fortemente a rischio la posizione di uno sfortunato Andreazzoli, che paga soprattutto lo scarso rendimento in termini di risultati (un punto nelle ultime cinque partite), anche se la malasorte ha avuto un peso importante.

BOTTA E RISPOSTA — Giampaolo parte con Bonaventura alto a sinistra al posto di Leao nel 4-3-3, Duarte centrale difensivo e Calhanoglu in mediana. Andreazzoli torna invece alla formazione-tipo, con Romero a destra in difesa e Zapata centrale, e la coppia Kouame-Pinamonti in attacco. Una prima mezz'ora che non si gioca su ritmi altissimi, perché nel Milan l'ex Piatek non è mai pericoloso e il Genoa stenta a finalizzare il lavoro in attacco. Vince la paura di sbagliare. Reina è attento sul rasoterra di Lerager (6'), e un attimo dopo la squadra di Andreazzoli perde Criscito per infortunio, sostituito da Biraschi a sinistra. Schone fa il regista, Radovanovic galleggia fra difesa e mediana. In questa fase i rossoneri creano poco: Suso prova il tiro due volte, prima che all'improvviso il Genoa si risvegli: Ghiglione impegna Reina al 37', poi ci prova Pajac, fino alla punizione-gol di Schone, che approfitta dell'errore del numero uno rossonero. Romero manca il bis, prima del pasticcio rossoblù nel recupero: la panchina genoana si agita per la mancata interruzione del gioco con Pinamonti a terra colpito alla testa e ne fa le spese Saponara, espulso.

RISCATTO — Giampaolo azzecca tutto nell'intervallo e dà la scossa ai suoi: dentro Leao al posto dell'ex Piatek e Paquetà, che rileva Calhanoglu. Rossoneri più propositivi, e infatti l'uno-due degli ospiti è micidiale. Al 7' Theo Hernandez trova il pari sfruttando un'ingenuità clamorosa del Genoa, che si avvede in ritardo di una punizione battuta a sorpresa da Paquetà, che lancia il francese in gol, sorprendendo Radu sul primo palo. Fino all'episodio che rovescia la partita: il tocco di mano di Biraschi (pescato dalla Var) costa il rosso al difensore genoano e Kessie (12') va a segno dal dischetto. Pajac arretra a sinistra sulla linea dei difensori e Andreazzoli passa al 3-4-2, mentre al 34' anche il Milan rimane in inferiorità per il doppio giallo a Calabria. Il Genoa tenta disperatamente di riacciuffare il pari con Pandev, che si aggiunge a Favilli e Kouame in attacco. E proprio il macedone serve al 44' un pallone in area per Kouame, a contatto con Reina: rigore, confermato dalla Var. Reina intuisce il tiro di Schone dal dischetto e salva la vittoria rossonera, mentre sulla panchina arriva un nuovo rosso a Castillejo per proteste. Ma la vittoria milanista, comunque, è già in cassaforte.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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06/10/2019 14:55

Milenkovic-gol, la Fiorentina non si ferma più.
Anche l’Udinese k.o.

Terza vittoria consecutiva per i viola, che passano con un colpo di testa del difensore.
In attesa delle partite del pomeriggio Montella irrompe in zona-Europa.
Annullato dalla Var un gol a Nestorovski, espulso Tudor


Giovanni Sardelli


Non si ferma più la Fiorentina, giunta al terzo successo consecutivo ed in grado di allungare a cinque la striscia dei risultati positivi. E’ servito un balzo di Milenkovic per sfondare il muro dell’Udinese, in grado di reggere molto bene fino a venti minuti dal termine. Montella conferma la formazione capace di battere il Milan a San Siro con Ribery e Chiesa davanti senza una vera prima punta di ruolo. Di punte vere Tudor ne schiera addirittura due con Nestorovski a far coppia con Okaka. Dentro anche De Paul dopo la lunga squalifica.

MATCH BLOCCATO — Udinese comunque molto chiusa, viola senza sbocchi offensivi e così la gara fila via senza emozioni eccetto un colpo di testa di Pezzella schiacciato e poi terminato alto. Al 34’ Nestoroski insacca da due metri sugli sviluppi di un corner, ma il pallone era finito al centravanti grazie al braccio di Opoku. Dopo il controllo Var, Prontera annulla giustamente. Lo stesso Nestorovski due minuti più tardi è abile a salvare sulla linea una girata di Castrovilli. Logico lo 0-0 all’intervallo

SBLOCCATA — Nessun cambio, ma Viola più feroce nella ripresa. Dopo 10 minuti occasionissima per la Fiorentina con il retropassaggio sbagliato di Ekong che lancia in porta Chiesa, Musso si esalta e respinge. Tudor, prima di essere espulso per proteste, cambia davanti. Fuori Nestorovski, dentro Lasagna per sfruttare la velocità in contropiede. Montella risponde con Benassi per Badelj. La Fiorentina alza il ritmo ma non riesce a sfondare e così si affida ai calci piazzati. E proprio su corner passa con un gran colpo di testa di Milenkovic in anticipo su Okaka e Opoku. L’Udinese reagisce immediatamente con Lasagna lanciato in velocità, Dragowski è prodigioso nel deviare in angolo. I viola congelano il risultato grazie ad una prova maiuscola del terzetto difensivo e così la sosta sarà dolce per la squadra di Montella. Udinese discreta dietro ma poco propositiva davanti. Tattica che alla fine non ha pagato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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06/10/2019 18:17

Atalanta, dolce ritorno!
Tris col Lecce nel rinnovato Gewiss Stadium

Con le reti di Zapata, Gomez e Gosens, Gasperini conquista
la prima vittoria casalinga ed è al terzo posto in classifica


Andrea Elefante


In attesa di Inter-Juventus di stasera, l'Atalanta consolida il terzo posto e continua a volare, con il miglior attacco del campionato (56 gol segnati nell'anno solare 2019) e la sua miglior partenza dopo sette giornate nell'era dei tre punti. La resistenza del Lecce dura mezz'ora, poi è uno show senza soluzione di continuità che celebra nel miglior possibile il debutto nel "nuovo" stadio, 160 giorni dopo l'ultima partita in casa. E la squadra sotto la Nord riqualificata festeggia il momento magico in campionato.

LE SCELTE — Gasperini preferisce Djimsiti a Toloi, per il resto Kjaer torna titolare dopo il debutto dell'Olimpico e - come praticamente annunciato alla vigilia - davanti c'è il tridente titolare, con Gomez e Ilicic ad assistere Zapata. Liverani dà fiducia a Rispoli rispetto all'emergente Meccariello e lascia in panchina Tachtsidis, non al meglio, dando spazio a Imbula. La coppia offensiva vede Falco e La Mantia, che era stato titolare solo alla prima di campionato contro l'Inter.

PRIMO TEMPO — Rispetto al solito "rombo", stavolta il tecnico delle Lecce, avendo un vero centravanti (La Mantia) allarga Mancosu a sinistra, con Falco a destra: è 4-3-3. Dopo un minuto e mezzo il Lecce rischia già di andare sotto, ma su cross di Gomez il comodo colpo di testa di Zapata è mirato male e dunque la supremazia dell'Atalanta tarda a concretizzarsi. Anche perché Gabriel per due volte tira su il muro giusto (al 9' su Ilicic, al 30' su Gomez). Ma il martellamento dell'Atalanta è paziente e soprattutto continuo e alla prima sbavatura del Lecce trova il varco giusto. Errore in comproprietà fra Lucioni e Rispoli, Gosens trova il tempo giusto per rubare il pallone, il resto lo fa Zapata con una sassata che si fa perdonare l'errore iniziale. Più che per l'1-0, il Lecce accusa il colpo per la parata di 3' dopo di Gollini su girata a colpo sicuro di La Mantia (che forse si era aiutato con un braccio). E al 40' va sotto di nuovo: combinazione Gosens-Zapata, corridoio aperto per Gomez che si insinua al momento giusto e piazza il 2-0 facendo sponda sul palo alla sinistra di Gabriel.

SECONDO TEMPO — Nella ripresa l'Atalanta non dà al Lecce neanche la possibilità di cercare una reazione, o di sfruttare Mancosu spostato nel ruolo di trequartista. L'assedio continua e dopo 11' Gosens, in condizioni fisiche strepitose, cerca e trova l'uno-due con Ilicic, andando a segnare il 3-0. La partita finisce lì, c'è spazio solo per un errore clamoroso di Ilicic che divora il 4-0, per confermare Gabriel migliore dei suoi, con almeno altre tre grandi parate (su Gomez, Muriel e Gosens) e per una distrazione su calcio da fermo dell'Atalanta, che su punizione consente a Lucioni di staccare di testa indisturbato e di segnare il 3-1, su assist di Falco.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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06/10/2019 18:20

Bologna e Lazio, spettacolare 2-2 davanti a Mihajlovic

Nel primo tempo, Immobile riacciuffa prima Krejci e poi Palacio.
Nella ripresa, espulsi Leiva e Medel prima del rigore fallito da Correa nel finale


Stefano Cieri


Non poteva che finire così. Con un pareggio che non mortifica né Bologna né Lazio e soprattutto l’uomo che è il simbolo tanto dell’una quanto dell’altra squadra. Quel Sinisa Mihajlovic che, con i giocatori già schierati in campo, sbuca dal tunnel degli spogliatoi e tra il boato del pubblico (tanto di fede bolognese quanto laziale) si accomoda in panchina battendosi il petto. Scena ricca di significati che dà il via ad una partita che si gioca senza soste con continui ribaltamenti di fronte, tantissime emozioni e anche qualche errore, il tutto equamente distribuito (dai gol alle occasioni, dalle espulsioni ai rimpianti). Motivo per cui il pareggio alla fine è il risultato più giusto. Ma vallo a dire alla Lazio che, a due minuti dalla fine, ha la possibilità di assestare il colpo del k.o. con un calcio di rigore che Correa tira sulla traversa.

EMOZIONI E GOL — La grande emozione suscitata dalla presenza di Mihajlovic mette benzina nelle gambe del Bologna e rende la partita subito scoppiettante. Niente preamboli, niente tatticismi, le due squadre si affrontano a viso aperto, cercando di essere sempre propositive e mai conservative. Certo, la fase difensiva lascia a desiderare da ambo le parti, gli uomini di centrocampo fanno fatica a imporre la propria legge, ma le emozioni non mancano e il pubblico gradisce molto. Il Bologna passa in vantaggio per due volte, ma in entrambe le occasioni viene raggiunta dalla Lazio, anzi da Immobile, tornato in versione cecchino implacabile. La sblocca Krejci, che alla Lazio segnò anche in Europa League quando giocava con lo Sparta Praga, con un colpo di testa favorito dalla serpentina e dal cross al bacio di Orsolini. Ma l’1-0 dura solo un paio di minuti, perché Immobile - pescato tutto solo da Lulic in area - anticipa il tiro e beffa sia Danilo (che lo marca a distanza) sia Skorupski. Il botta e risposta rende le due squadre più giudiziose? Neanche per sogno. Il Bologna riparte, la Lazio è più sorniona ma prova anche lei a far male. Sono comunque i padroni di casa a tornare in vantaggio, poco dopo la mezzora. Il gol è di Palacio (ottavo centro contro i biancocelesti) che raccoglie e butta dentro un pallone respinto dal palo sul tiro di Svanberg. Questa volta il vantaggio felsineo dura un po’ di più, ma neanche tanto. Otto minuti dopo, infatti, Immobile colpisce ancora, stavolta servito da Luis Alberto. Il tentativo di Danilo di stoppare il suo tiro in scivolata è inutile.

EMOZIONI SENZA GOL — Non cambia il punteggio nella ripresa, ma le emozioni sono le stesse e anche più della prima frazione di gioco. Si comincia con un gol annullato al Bologna (lo segna Svanberg, sulla traiettoria c’è in fuorigioco Danilo che non tocca la palla ma partecipa all’azione) e si finisce con il rigore sciupato dalla Lazio con Correa, il cui tiro dagli undici metri (fallo di Palacio su Acerbi) scheggia la traversa e finisce fuori. In mezzo ci sono almeno altre due palle-gol per parte (una la fallisce clamorosamente Correa, evidentemente non in giornata) e due espulsioni, una per parte. Quella laziale arriva al 15’ per il secondo giallo rimediato da Leiva. La parità numerica si ristabilisce dieci minuti dopo per il rosso a Medel per fallo da ultimo uomo su Correa. Il primo rosso non frena la Lazio che si riorganizza in un 5-4-1 (dentro Bastos per Luiz Felipe e Parolo per Immobile), mentre il secondo rosso inibisce il Bologna che pensava di avere la partita in pugno. Mihajlovic mette dentro Schouten (per Svanberg), Skov Olsen (per Orsolini) e infine Satander (per Sansone), ma i cambi non sortiscono alcun effetto. Nell’ultimo quarto d’ora, così, la maggiore esperienza della Lazio sembra poter avere il sopravvento. Ma a Correa manca ancora una volta l’istinto del killer.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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06/10/2019 18:23

La Roma non sfonda, bloccata dal Cagliari.
Giallorossi furiosi, espulso Fonseca

Sardi in vantaggio con un rigore di Joao Pedro, il pari arriva grazie a un'autorete di Ceppitelli.
Il tecnico portoghese furibondo a gara finita per un gol annullato a Kalinic


Massimo Cecchini


Finisce in “far west”, con Paulo Fonseca e il suo collaboratore Nuno Romano espulsi per proteste reiterartissime, che costeranno almeno un paio di giornate ai contestatori. Al centro del mirino della Roma l’arbitro Massa, “reo” di aver annullato un gol di Kalinic al 45’ della ripresa. Sarebbe stato il 2-1, dopo che Joao Pedro su rigore e Ceppitelli nella porta sbagliata (autogol) avevano sancito il pari già nel primo tempo. Ma dopo una lunga pausa, anche per il serio k.o. di Pisacane (svenuto in campo), spinto da Kalinic contro Olsen - cosa che ha motivato l’annullamento - la segnalazione giunta dalla Var cancella tutto e quindi il recupero “mostre” di undici minuti non cambia il risultato e scatena la rabbia del tifo giallorosso. Intendiamoci, ai punti stravincerebbe la Roma perché il Cagliari ha interpretato la gara in modo solo difensivo, tirando in porta - oltre che per il rigore - in una sola altra occasione nella ripresa con Castro. Per il resto, una Roma certamente non bella, come nei migliori scherzi del destino, incoccia nell’ex Olsen - peraltro ancora di sua proprietà - che fa almeno tre grandi parate. All’8’ e al 9’ su Zaniolo e Diawara, al 37’ su Dzeko nel primo tempo, in cui una manovra lenta porta a due gol casuali. Al 26’, un tocco di Simeone non viene intercettato da Smalling - autore peraltro di una buona prova - e la palla carambola sul braccio largo di Mancini: è rigore che Joao Pedro trasforma. Passano 5’, però, che un cross di Kluivert viene deviato nella propria porta da Ceppitelli per anticipare Dzeko. Ma il credito con la fortuna dei giallorossi si è già esaurito, perché Diawara è già uscito per un infortunio al ginocchio destro che pare abbastanza serio (rottura del menisco interno). Entra al suo posto Antonucci, che si piazza sulla fascia sinistra, mentre Zaniolo sloggia Veretout dalle zolle di trequartista. Il baby giallorosso, al 47’, innesca un’azione pericolosa che Ceppitelli salva.

SUPER ZANIOLO — Nella ripresa è arrembaggio giallorosso: con l’ingresso di Kalinic la Roma passa al 4-2-4, mentre il Cagliari, sostituendo Simeone con Castro, si copre ulteriormente in un 4-4-1-1. Insomma, tocca ancora Olsen sminare le situazioni, deviando su Zaniolo tre volte: al 2’, al 28’ (tiro deviato da Ceppitelli) e al 38’. Ma la manovra è troppo lenta per impensierire davvero e così alla fine, se si eccettuano i tanti cross di Kolarov su cui un paio di volte Dzeko impatta e manda alto di testa, è più prova di nervi che di gioco. Così si arriva all’infuocatissimo finale già descritto, che fa arrabbiare tanto anche il presidente Pallotta e il d.s. Petrachi. Il Cagliari, invece, tira un sospiro di sollievo. Il pareggio, stavolta, è un vestito un po’ abbondante.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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07/10/2019 00:05

Torino e Napoli ci provano ma non segnano.
E all'Olimpico finisce 0-0

Primo tempo con netta prevalenza della squadra di Ancelotti, ma il tridente non punge come ci si aspetterebbe.
I granata chiudono senza soffrire


Mario Pagliara


Il Toro guarda negli occhi il Napoli e conquista un punto legittimato da un primo tempo votato all’attenzione e da una ripresa di personalità. Gli azzurri sono un’orchestra stonata, lontana parente della squadra brillante che ha steso il Liverpool in Champions. La squadra di Ancelotti rallenta e frena ancora, per Mazzarri invece è uno zero a zero tutto a colori. Ed è la prima volta dall’inizio del campionato che il suo Toro non subisce gol.

LA GABBIA DI MAZZARRI — Il racconto della prima parte della gara non include né lo spettacolo né il bel gioco. Il merito, probabilmente, è soprattutto della capacità del Toro di far uscire continuamente il Napoli dalla partita. Nel primo tempo, funziona la gabbia costruita da Mazzarri per spegnere le fonti di gioco di Ancelotti: Walter imposta un Toro trasformista, che difende con il 4-4-1-1, con Laxalt nella posizione di terzino sinistro, Ansaldi alto a destra, Verdi dirottato sulla sinistra e Lukic più avanzato, praticamente incollato ad Allan. Quando invece il Toro deve costruire si rimodella in un 3-5-2, con Verdi che riconquista la posizione di campo alle spalle di Belotti. Manca all’appello De Silvestri, che non è nemmeno in panchina nonostante fosse convocato: l’esterno destro è stato fermato nella notte da un picco di febbre. Il Napoli parte con il 4-3-3, affidandosi al tridente tutto fantasia (Lozano-Mertens-Insigne), almeno sulla carta, che però si accende poco e non riesce ad incidere. La coppia centrale difensiva è composta da Luperto-Manolas, a sinistra gira Hysaj, si fa male subito e al suo posto subentra Ghoulam.

INCIDENTI — Il Toro gioca 45’ di applicazione e di attesa, provando a colpire in contropiede; il canovaccio del Napoli è all’insegna del vorrei ma non posso. La squadra di Ancelotti non alza quasi mai il ritmo, Zielinski graffia poco (si evidenzia giusto per un tiro dalla distanza, al 23’, controllato da Sirigu), Fabian Ruiz prova a infondere la marcia in più ma non trova il conforto né di Lozano né di Allan e finisce per sbattere spesso contro la diga granata a centrocampo. Il primo squillo della gara, al decimo, lo firma proprio Ruiz, con una conclusione dalla distanza deviata in angolo da Sirigu. Poi, al quarto d’ora, Izzo sbaglia l’anticipo a centrocampo permettendo ad Insigne di scappare via ma Lyanco alla disperata riesce a smorzare il gesto tecnico a giro di Lorenzo. Sessanta secondi dopo, Zielinski scivola innescando Rincon che serve Verdi, ma il diagonale dell’ex non va a bersaglio. Intorno al 25’ sale la tensione tra i tifosi del Napoli e quelli del Toro presenti nella curva Primavera: un numeroso gruppo di tifosi azzurri scavalcano il divisorio tra il settore ospiti e la Primavera, facendo salire la tensione. Dentro lo stadio, comunque, al di là di una diffusa preoccupazione non si verifica nessun contatto, mentre è fuori dallo stadio che per un quarto d’ora circa vengono segnalati incidenti tra opposte tifoserie lungo via Filadelfia, con la polizia impegnata a sedare gli animi. Alla fine del primo tempo gli ultras rientrano dentro lo stadio nei rispettivi settori e torna la calma.

MERTENS ED ANSALDI — In un primo tempo che non decolla, sono due le principali occasioni. La prima del Napoli, al minuto numero ventotto, quando Mertens prova un pallonetto che dà l’illusione del gol (palla fuori). La seconda piove al secondo e ultimo minuto di recupero, poco prima dell’intervallo, quando dagli sviluppi di un calcio di punizione Ansaldi lancia un siluro che esalta le qualità di Meret. Parata dall’alto indice di difficoltà.

CALLEJON PIù LLORENTE — Nel primo quarto d’ora del secondo tempo non cambia di molto la filosofia generale della partita. Certo, il Toro è più combattivo e un po’ alla volta prova guadagnare campo, ma è sempre il Napoli ad avere il pallino senza però riuscire a sfondare la doppia linea, di difensori e centrocampisti, eretta da Mazzarri. All’undicesimo un contatto nell’area del Napoli tra Izzo e Ghoulam chiama in causa l’arbitro Doveri, che lascia correre. Scollinata l’ora di gioco, Ancelotti piazza la mossa Callejon, richiamando in panchina uno spento Lozano, e sei minuti dopo lancia nella mischa Llorente al posto di Insigne, ancora una volta incapace di lasciare il segno sulla serata. L’occasione più importante del Napoli cade proprio sulla testa di Llorente, centoventi secondi dopo essere entrato: cross di Di Lorenzo, Lyanco si perde lo spagnolo il cui colpo di testa a pochi passi da Sirigu è alto.

IL RITORNO DI FALQUE — La risposta dalla panchina di Mazzarri sono i muscoli di Meité per uno stremato Baselli (partita la sua di grande corsa). Alla mezzora, anche il Toro ha la sua chance, affidata a una botta secca di Ansaldi, deviata da Luperto con una spalla in angolo. A dieci minuti dalla fine, l’arbitro Doveri conferma il suo metodo di condotta di gara facendo correre su un contatto, stavolta nell’area del Toro, ancora tra Ghoulam e Izzo. Llorente ha almeno un paio di cross buoni per battere di testa, ma ci arriva sempre senza mordente. Nel finale Mazzarri fa appello alla freschezza di Aina e, soprattutto, al talento di Iago Falque (per Verdi, al 44’) che ritorna in campo dopo l’infortunio del 25 luglio contro il Debrecen. La voglia c’è, e si vede: Iago impiega venti secondi per arrivare alla conclusione. Non accade più nulla. È un pari giusto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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07/10/2019 00:09

Sinfonia Juve a San Siro: Dybala e Higuain stendono l’Inter.
E la Signora torna in testa

Bella partita e successo meritato per la squadra di Sarri, che viene fuori alla distanza.
Tre gol argentini: la Joya, Lautaro su rigore e il Pipita, appena entrato


Davide Stoppini


San Siro dice Juventus, dice Maurizio Sarri, dice bianconero: Dybala e Higuain battono l’Inter, a nulla serve il pareggio momentaneo di Lautaro su rigore nel primo tempo. E’ sorpasso in testa alla classifica: Antonio Conte perde proprio nello scontro diretto al vertice la sua prima partita in campionato, la seconda in quattro giorni dopo quella in Champions di Barcellona. Il capitolo ultimo, in coda a una partita intensa e bellissima, l’ha scritto Higuain, subentrato nel secondo tempo e decisivo a 10 minuti dalla fine, proprio quando Handanovic e compagni pensavano di aver ormai addormentato la furia juventina.

PRIMO TEMPO — Mica un caso, se Inter e Juve sono le prime due della classe di questo campionato. Conte propone gli 11 annunciati, con Lukaku regolarmente vicino a Lautaro. Sarri sorprende lasciando fuori Huguain e Ramsey per Dybala e Bernardeschi, per un continuo tourbillon offensivo codificabile in un 4-3-1-2. L’intensità è subito a mille. La Juve parte meglio e dopo neppure 4’ è già avanti: De Vrij esce alto su Ronaldo, Pjanic vede il corridoio e lancia splendidamente Dybala, Skriniar è morbido nella copertura, dal sinistro dell’argentino esce un missile che Handanovic può appena toccare. L’Inter pare accusare il colpo, la Juve fa male sul fronte sinistro offensivo. Ed è lì, al 7’, che Ronaldo si infila prima di essere contenuto da Godin. Suona male per l’Inter: al 9’ CR7 da sinistra si accentra e con il destro colpisce la traversa ad Handanovic battuto. L’Inter non ci sta e si affaccia dall’altra parte: ancora minuto 9, De Ligt perde palla, Lautaro innesca Lukaku che però viene contenuto da Bonucci. La squadra di Conte prende fiducia e un po’ di campo. E al 17’ un cross di Barella trova il gomito di De Ligt: Rocchi fischia il rigore, che Lautaro trasforma con un destro preciso alla destra di Szczesny. Parità ristabilita, San Siro infuocato, i ritmi sono altissimi e gli animi in campo vanno di conseguenza. Arriviamo al minuto 28: Lautaro sfrutta un’indecisione di Bonucci dopo una giocata di Lukaku su De Ligt, il Toro va col destro, Szczesny deve impegnarsi per deviare. Juve col predominio del gioco, anche se un po’ in difficoltà nella costruzione in difesa: per poco lo stesso Szczesny e Pjanic non combinano una frittata, sulla pressione di Sensi. Sensi che però deve alzare bandiera bianca: problema muscolare all’adduttore, al 34’ Conte inserisce al suo posto Vecino, spostando sul centrosinistra Barella. La Juve prende campo. Eccoci al minuto 41: Matuidi dalla sinistra innesca Dybala, appoggio per Ronaldo, conclusione violenta che Handanovic respinge d’istinto. L’azione prosegue, CR7 scambia con Dybala e solo davanti al portiere nerazzurro trova il vantaggio, ma Rocchi annulla giustamente per una posizione irregolare di Dybala. Finire del tempo col giallo, perché Rocchi dopo aver toccato il pallone scodella per Godin, ordinando all’uruguaiano di restituire il pallone alla Juve: Dybala passa dietro al difensore e gliela soffia, cosa che scatena un parapiglia all’ingresso negli spogliatoi prima dell’intervallo.

SECONDO TEMPO — Ripartenza senza cambi. Juve subito in pressione, al 4’ Bernardeschi ha una buona chance, il destro dai 20 metri è parato da Handanovic. Conte però perde subito un altro pezzo: al 9’ fuori Godin, dentro Bastoni che lascia il centrodestra a Skriniar. Due minuti più tardi Juventus pericolosa: Dybala innescato in posizione regolare, Handanovic è bravo a limitarlo in uscita bassa, poi lo stesso argentino non riesce a trovare la porta in girata. Adesso è Sarri a far ricorso alle sostituzioni. Doppio cambio: fuori Khedira per Bantancur, poi dentro Higuain per Bernardeschi, con Dybala che passa a fare il trequartista. I ritmi fisiologicamente un po’ si abbassano, l’Inter prende un po’ di campo. Al 24’ Vecino scarica un destro dai 20 metri che carambola sulla schiena di De Ligt e per pochissimo non beffa Szczesny immobile, sfiorando il palo. Cambio di versante, fiammata bianconera: minuto 25, Higuain per Ronaldo, da posizione angolata sinistro potentissimo letto bene da Handanovic. Sarri gioca anche il terzo cambio: fuori Dybala, dentro Emre Can, la trequarti cambia di nuovo padrone, a vantaggio di Bentancur. Ultima sostituzione Inter: minuto 32, fuori Lautaro, Politano va a far coppia con Lukaku. E siamo al passaggio decisivo, è il 35’: Pjanic, ancora lui, in verticale per Ronaldo, palla a Bentancur che legge benissimo l’inserimento di Higuain, Bastoni è fuori tempo, il Pipita con il destro batte Handanovic. Juve di nuovo avanti, Inter colpita quando pareva aver superato il momento difficile. La reazione arriva allo scoccare del minuto 40: D’Ambrosio vede l’inserimento di Vecino, l’uruguaiano devia in scivolata ma Szczesny è bravo in uscita. E’ l’ultimo acuto nerazzurro, non c’è più tempo: è sorpasso Juve.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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07/10/2019 00:11

SERIE A 2019/2020 7ª Giornata (7ª di Andata)

05/10/2019
Spal - Parma 1-0
Verona - Sampdoria 2-0
Genoa - Milan 1-2
06/10/2019
Fiorentina - Udinese 1-0
Atalanta - Lecce 3-1
Bologna - Lazio 2-2
Roma - Cagliari 1-1
Torino - Napoli 0-0
Inter - Juventus 1-2
07/10/2019
Brescia - Sassuolo (rinv.)

Classifica
1) Juventus punti 19;
2) Inter punti 18;
3) Atalanta punti 16;
4) Napoli punti 13;
5) Roma punti 12;
6) Lazio, Cagliari e Fiorentina punti 11;
9) Torino punti 10;
10) Verona, Bologna, Parma e Milan punti 9;
14) Udinese punti 7;
15) Sassuolo(*), Brescia(*), Spal e Lecce punti 6;
19) Genoa punti 5;
20) Sampdoria punti 3;

(*) Brescia e Sassuolo una partita in meno.
Brescia - Sassuolo rinviata al 18-12-2019 per lutto.

(gazzetta.it)
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20/10/2019 00:50

Muriel e Gomez show, poi l'Atalanta si butta via.
E la Lazio firma la rimonta



Avanti di tre reti all'intervallo, la squadra di Gasperini subisce il ritorno
biancoceleste firmato da un doppio rigore di Immobile e il gol di Correa


Nicola Berardino

Due partite in una, col forte profumo di Champions, a suon di gol e spettacolo. La prima la vince l'Atalanta, dominando il primo tempo con un 3-0 scandito dalla doppietta di Muriel e da un gol di Gomez. La seconda se l'aggiudica la Lazio, con una ripresa d'applausi che suggella un'incredibile rimonta grazie a due gol di Immobile (entrambi su rigore) e a uno di Correa. Tre reti per parte e un pareggio finale che porta pure qualche reciproco rimpianto ma esalta il valore e le prospettive delle due squadre in questo campionato.

TRIS NERAZZURRO — Inzaghi inserisce Parolo in regia al posto dello squalificato Leiva. Sulla fascia destra Marusic avvicenda Lazzari, che si ferma durante il riscaldamento per problemi intestinali. In attacco, Correa affianca Immobile. Ampio turnover nell'Atalanta verso la sfida di Champions di martedì a Manchester col City. Gasperini sceglie Muriel per sostituire l'infortunato Zapata. In difesa, tornano dal 1' Toloi e Masiello; a metà campo, riecco Hateboer e Pasalic; sulla trequarti c'è Malinovskyi. De Roon e Ilicic partono dalla panchina. Si affacciano subito al tiro i nerazzurri. Al 2', è alta la botta dalla distanza di Malinovskyi, un minuto dopo Strakosha para su Pasalic. Si sgancia la Lazio: Gollini anticipa Correa. Al 5' irrompe in area Milinkovic: Palomino fa muro. Insiste l'Atalanta: al 12', Strakosha è pronto a respingere di piede su tocco ravvicinato di Pasalic, un minuto dopo Muriel calcia a lato da buona posizione. Partita molto viva con rapidi capovolgimenti di fronte. Al 21' tenta la conclusione improvvisa Muriel ma non inquadra la porta. E al 23' la squadra di Gasperini va in vantaggio con Muriel servito in area da Gosens. Due minuti dopo l'Atalanta sfiora il raddoppio con lo stesso Muriel (fuori). Gran ritmo della formazione di Gasperini, mentre la Lazio è in difficoltà in fase di costruzione del gioco. Al 28' il raddoppio atalantino è un'operazione chirurgica: Muriel fa il bis su punizione dalla sinistra che coglie in controtempo i difensori laziali, a parte una deviazione finale di Parolo. Dalla Curva Nord nuovi cori contro il presidente della Lazio, Lotito. L'Atalanta non rallenta: al 31', bordata di Gomez a lato. Strakosha si oppone al sinistro radente di Malinovskyi su punizione. Lazio incerta e senza incisività. Freuler tenta il tris dalla distanza (a lato). Al 37', biancocelesti al tappeto: ennesima ripartenza dell' Atalanta che sigla il terzo gol con un sinistro velenoso di Gomez. La Lazio cerca di scuotersi dinanzi al dominio avversario ma è troppo appannata. Alla fine del primo tempo, biancocelesti subissati dai fischi dell'Olimpico.

RIMONTA LAZIALE — Al via della ripresa, Lazio con due cambi: Patric rileva Marusic, Cataldi prende il posto di Parolo. Inzaghi prova a riportare in partita la sua squadra. All'8', tiro ravvicinato di Immobile, neutralizzato da Gollini. All'11' destro a giro di Luis Alberto: fuori bersaglio. Biancocelesti in crescita. Gomez lamenta noie muscolari. Correa non centra lo specchio della porta. Al 15', prima sostituzione nell'Atalanta: De Roon per Pasalic. Anche Immobile non graffia al tiro: al 21', colpo sopra la traversa. Fuori Muriel, Gasperini innesta Ilicic. Al 24' Immobile accorcia le distanze su rigore dopo esser stato atterrato da Palomino. Passano trenta secondi e la Lazio segna ancora: Immobile lancia Correa che non dà scampo a Gollini. L'Olimpico si accende e la squadra di Inzaghi scorge una clamorosa rimonta. Gasperini avvicenda Palomino con Kjaer. Dopo un gran primo tempo, Atalanta in riserva di energie. Al 33', dai 25 metri Luis Alberto fa volare Gollini per deviare in angolo. Inzaghi toglie Radu, vittima di crampi, per irrobustire l'attacco con Caicedo. Al 34' Gollini c'è sul colpo di testa di Correa. Riparte l'Atalanta: Gosens conclude a lato, così come va sul fondo un tentativo insidioso di Malinovskyi. Lazio all'assalto. Strakosha evita il quarto gol in uscita su Gomez. Cinque minuti di recupero. Rocchi non ha dubbi nel concedere di nuovo il rigore dopo che De Roon travolge Immobile. Al 48' dal dischetto il bomber di Inzaghi firma il 3-3: Golini tocca ma non trattiene il pallone. Nono gol per il capocannoniere del campionato. L'ultimo tentativo è dell'Atalanta con una punizione di Malinovskyi parata da Strakosha. Tra gli applausi dell'Olimpico finisce 3-3 una partita stupenda, ricca di gol ed emozioni fino alla fine.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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20/10/2019 00:55

Super Milik abbatte il Verona. E il Napoli torna a vincere

Gli azzurri conquistano i 3 punti e guadagnano posizioni in classifica.
Decidono il match due reti, le prime stagionali, del polacco schierato da Ancelotti dal primo minuto:
una al 37’ su assist di Fabian Ruiz, l’altra al 67’ su punizione di Insigne.
Nel finale palo di Mertens


Mimmo Malfitano


Non è stato facile mettere sotto il Verona. Ma, alla fine, il Napoli c’è riuscito ritrovando la sua forza offensiva e, soprattutto i gol di Arek Milik: doppietta del polacco ed Hellas abbattuta 2-0. Primi gol stagionali per Milik che hanno aggiunto tre punti pesanti alla classifica e, in qualche modo, rilanciato l’ambizione scudetto. Onore agli sconfitti, comunque, perché la formazione di Juric avrebbe meritato qualcosina in più nel primo tempo. E se non l’ha ottenuta è stato soltanto per le prodezze di Alex Meret che ha parato l’impossibile, mascherando così il momento di grande confusione in cui erano piombati i suoi compagni.

FUORI MERTENS — Carlo Ancelotti pensa anche alla gara di Champions League, a Salisburgo, mercoledì sera. Dal risultato di questa partita si potrà avere un’idea più chiara di quante possibilità abbia il Napoli di passare agli ottavi. E, dunque, l’allenatore tiene a riposo Dries Mertens e schiera Insigne al fianco di Milik. Nella linea di centrocampo, al posto del capitano, c’è Amin Younes. Novità anche in difesa, dove Di Lorenzo agisce a sinistra, mentre nel suo ruolo, a destra, c’è Malcuit. Ivan Juric, invece, chiede conferme al suo Verona che è in serie positiva da tre partite: quattro degli attuali nove punti in classifica, li ha conquistati in trasferta e, dunque, non avendo impegni europei, sia affida alla formazione titolare, con Stepinski al centro dell’attacco.

SENZA TIMORE — Il Verona lascia subito intendere che non si arrenderà facilmente: non sarà un boccone semplice da buttare giù. Ed il Napoli comincia con l’insolito 4-2-3-1, archiviato dopo la sconfitta di Torino, contro la Juventus, alla seconda giornata. Insigne agisce da centrale nei tre alle spalle dell’unica punta, Milik. È proprio l’attaccante polacco che viene anticipato, in due tempi, da Silvestri sul cross di Malcuit (7’). Ed è sempre il portiere veneto a respingere una conclusione senza troppe pretese di Allan (8’). Da quel momento, il Napoli scompare, il Verona prende l’iniziativa e inizia a pressare a tutto campo, Juric ha preparato una gara che non contempla l’attesa: il Napoli va aggredito.

PRODEZZE MERET — Dovrà considerarlo, Roberto Mancini, tra i portieri da portare al prossimo Europeo. Il giovane numero uno napoletano si merita l’apoteosi del San Paolo quando, al 18’ respinge di seguito le conclusioni di Lazovic, Pessina e Stepinski. E non è finita qui, perché appena due minuti più tardi, con i suoi in bambola, respinge coi piedi un gran tiro ravvicinato di Zaccagni. Il Napoli è spaventato dall’aggressività degli avversari, a centrocampo Veloso e Amrabat avviano le azioni per le incursioni di Lazovic, a sinistra, e di Faraoni a destra. E il Napoli? Sembra una squadra spaesata, senza un’anima. Ogni tanto, riemerge dal grigiore e prova a organizzare qualcosa di serio, ma con risultati improbabili. Tanto movimento tra le linee offensive, ma di conclusioni pericolose nemmeno a parlarne.

RIECCO MILIK — Quando non concretizzi succede poi che vieni punito. Ed è quanto è successo al Verona: le imprecisioni sotto porta e le parate di Meret gli hanno impedito di segnare. Cosa che, invece, ha saputo fare il Napoli al 37’, quando Milik ha deviato in rete il cross basso di Fabian Ruiz dalla sinistra. Per il centravanti polacco è il primo centro stagionale, per lui una vera e propria liberazione. Il tempo si chiude coi veronesi all’attacco.

SUPERIORITÀ — Emerge tutta nel secondo tempo, quando il, Napoli pressa con maggiore insistenza. Juric richiama Zaccagni e inserisce Salcedo (7’), mentre Silvestri deve distendersi per respingere la conclusione di destro di Fabian Ruiz. Lo stesso portiere veronese devia in angolo una conclusione ravvicinata di Younes (12’). Intanto, Juric provvede alla seconda sostituzione, inserendo Di Carmine al posto di un impalpabile Stepinski. Anche Ancelotti provvede a un cambio: dentro Zielinski e fuori Younes. Ed è proprio il centrocampista polacco che conquista la punizione dalla quale nasce il secondo gol di Milik: la battuta di Insigne viene deviata a volo dal centravanti. Per lui è doppietta. Il doppio svantaggio non abbatte il Verona che di tanto in tanto si presenta nell’area napoletana, con Salcedo (fuori di poco) e con un tiro dalla distanza di Faraoni che termina a lato. Poco dopo la mezz’ora c’è spazio pure per Mertens (colpisce il palo al 37’) che entra per sostituire Insigne: per il capitano c’è l’applauso del San Paolo. Lo stesso tripudio riservato a Milik a dieci minuti dalla fine, quando lascia il suo posto a Fernando Llorente.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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