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Il Campionato di calcio Serie A stagione 2021/2022 di SEXY FORUM (e dei Campioni d'Europa)

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 13:28
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09/05/2022 08:14

Leao inventa, Tonali segna: il Milan passa a Verona e torna a +2 sull’Inter

Il Diavolo si avvicina allo scudetto grazie alla doppietta del suo numero 8 e al gol di Florenzi nel finale.
Ora ci sono solo 4 punti a separare i rossoneri dal titolo


Marco Pasotto


D’ora in poi, guai a chi metterà ancora l’aggettivo fatale davanti alla parola Verona. Quelli erano altri tempi, morti e sepolti. Perché stavolta il Milan a Verona si è cucito virtualmente mezzo scudetto sulla maglia. Esagerati? Fate voi: ora alla bandiera a scacchi mancano soltanto due curve e il Diavolo non solo si è rimesso in tasca i due punti di vantaggio sull’Inter, ma ha conservato il “bonus”. Nei prossimi 180 minuti può prendersi persino il lusso di concedere un pareggio. Quattro punti per una festa che manca da undici anni e che, a giudicare da questa partita, il Milan ha tutta l’intenzione di celebrare. Perché schiantare il Verona a casa propria 3-1 può tranquillamente essere catalogato alla voce imprese stagionali. Contro una squadra in grande forma e in un ambiente bollente (ma con 16 mila cuori rossoneri al seguito). Bollente come sarà San Siro domenica prossima con l’Atalanta. E’ già un primo match point: con Milan vincente e nerazzurri no (a Cagliari), sarebbe scudetto.

Hanno deciso una doppietta di Tonali, che ha santificato il suo 22° compleanno, e un gol di Florenzi. Una vittoria in rimonta, dopo il vantaggio veneto di Faraoni, ottenuta con la maturità della grande squadra: senza scomporsi, proseguendo a tessere il proprio calcio. A confortare in vista degli ultimi due match è anche la condizione atletica: le gambe girano e reggono gli urti. E Pioli, come spiegheremo, ha tirato di nuovo fuori dal cilindro una carta tattica vincente. Con buona pace di chi assicurava che avesse uno spartito solo, ormai troppo prevedibile. Quattordici risultati utili di fila, due gol subiti da inizio marzo: questo è il Milan che si sta avventando sullo scudetto.

LE SCELTE — Per Pioli, poi, anche la soddisfazione di ritrovarsi con l’infermeria vuota. Un solo indisponibile (Kjaer), quota minima ottenuta soltanto un’altra volta in un’annata massacrata da guai di ogni tipo. Quindi opzioni plurime per il tecnico rossonero, che rispetto alla Fiorentina ha cambiato per due terzi la trequarti: dentro Saelemaekers e Krunic (in posizione centrale), ovvero mediana senza Bennacer e affidata al tandem Tonali-Kessie. Davanti Giroud. Al centro della difesa Kalulu e Tomori. Anche Tudor conferma le ipotesi della vigilia, confermando Gunter al centro della difesa e preferendo Lazovic a Depaoli sulla sinistra. Attacco affidato a Barak-Caprari-Simeone: tutti in doppia cifra, 39 gol in tre. Quanta fatica però, nella prima mezzora, per trovare la giocata. Anzi, anche solo per tentarla. Un Hellas spaccato in due, con il tridente scollato dal resto della squadra perché il Milan nei primi trenta minuti ha martellato incessantemente, impedendo alla mediana gialloblù di assistere gli attaccanti e alla difesa di organizzarsi. Merito innanzitutto dell’atteggiamento: cattivo, aggressivo, lucido. Non è da tutti mandare sott’acqua l’Hellas in casa sua. E poi merito assoluto di Pioli, che ancora una volta ha sparigliato le carte in particolare con due mosse: Hernandez molto (ma molto) dentro al campo, una sorta di mediano aggiunto, e soprattutto Tonali del tutto “fuori posizione”, se per posizione naturale intendiamo i consueti metri quadri deputati alla regia. L’8 rossonero si è mosso praticamente fra trequarti e attacco, grazie agli spazi aperti dai movimenti di Krunic, ed è stata la trovata pioliana che più ha mandato in difficoltà i veneti nonostante la costante marcatura a uomo di Ilic. Accanto a lui, come detto, si è mosso intelligentemente Krunic (efficace in doppia fase), così come è stata intelligente la partita di Saelemaekers, che ha compreso di non dover strafare e ha assistito efficacemente la fase offensiva.

(PRE)POTENZA — Prima mezzora quasi a senso unico, dicevamo. Il primo vero squillo è stato al 14’ con un colpo di testa di Krunic smanacciato via sotto la traversa da Montipò. Un minuto dopo il Milan è passato: lancio di Maignan – soluzione lussuosa già vista in stagione – direttamente per Tonali appostato al limite dell’area, l’8 rossonero si è liberato con la forza di Ilic e ha battuto Montipò, ma il check del Var ha decretato il (giusto) fuorigioco. Contraccolpi? Nessuno. Il Diavolo ha continuato a pigiare sull’acceleratore e il portiere gialloblù ha dovuto salvare su Calabria (19’), mentre Krunic ha spedito un destro di poco alto sulla traversa (27’). Due i break dell’Hellas, uno con Caprari e l’altro con Simeone, entrambi sull’esterno della rete rossonera. Brividi comunque per Maignan, che al 38’ ha alzato bandiera bianca al termine di un’azione del Verona che ha fatto fare una brutta figura a tutto il Milan: azione innescata dalla difesa veneta, con un passaggio in verticale che ha tagliato fuori trequarti e mediana rossonera, e sviluppo sulla sinistra con cross di Lazovic e colpo di testa vincente di Faraoni. Male tutta la linea difensiva del Milan. Al Milan è bastato abbassare un minimo l’intensità per esaltare tutte le qualità della squadra di Tudor. Anche in questo caso, però, il Diavolo è stato maturo. Non si è disunito - nel gioco e nella testa -, non è andato nel panico ma ha atteso, pazientato e colpito al tramonto del primo tempo: anche in questo è stato un difensore centrale – Tomori – a innescare un’ala, Leao, che è andato via di (pre)potenza a Casale e ha servito Tonali in area piccola per il tocco vincente. Ancora Tonali, ancora da attaccante aggiunto.

PRESSIONE NON — Il pareggio all’ultimo respiro ha rimesso in pressione il turbo dei rossoneri, che sono tornati in campo nella ripresa con il chiaro intento di chiudere la pratica. Cinque minuti ed è arrivato il raddoppio. In contropiede, con un’azione avviata da Saelemaekers e pallone consegnato sui piedi migliori possibili per una ripartenza, ovvero quelli di Leao. Il portoghese ha lasciato sul posto Barak e ha messo in mezzo nuovamente basso e nuovamente per Tonali, che ha infilato a porta vuota. All’ora di gioco, col Verona aggressivo nella metà campo rossonera, Pioli ha messo dentro Rebic per Giroud e Messias per Saelemaekers, anche se non è stato sufficiente ad arginare la pressione veneta, magari non così organizzata come abbiamo imparato ad apprezzarla, ma abbastanza costante. L’Hellas ha provato ad accerchiare il Milan transitando dalle fasce, ma in realtà Maignan non ha corso pericoli realmente seri. Si è trattato più che altro di mantenere i nervi saldi e mantenere l’organizzazione difensiva, provando a chiudere il match di rimessa. Match che si è chiuso al minuto numero 86 con un perfetto diagonale di Florenzi, che ha scelto di celebrare così il rientro in campo dopo un mese di stop. Messias si è poi divorato il quarto gol, ma è diventato un dettaglio nella partita dell’ennesimo trionfo. E di uno scudetto che ora inizia davvero a intravedersi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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10/05/2022 13:09

La Fiorentina batte 2-0 la Roma
e l'aggancia in classifica.
Che lotta per l'Europa League!

Un rigore di Gonzalez e la rete di Bonaventura dopo 11' indirizzano subito la partita.
Tra i giallorossi si rivede Spinazzola dopo oltre dieci mesi


Chiara Zucchelli


Se la lotta per lo scudetto è aperta e quella per la salvezza anche, non è da meno la lotta per l’Europa League: con la vittoria della Fiorentina stasera al Franchi contro la Roma (2-0 il risultato finale, reti di Gonzalez e Bonaventura) la situazione è più che mai complicata. Al quinto posto c’è la Lazio a 62 punti, poi Roma, Fiorentina e Atalanta a quota 59. A questo punto saranno decisive, come per tutto il resto, le prossime due: la Lazio avrà Juve e Bologna, la Roma Venezia e Torino, la Fiorentina la Sampdoria e la Juve e l’Atalanta il Milan e l’Empoli. Magari, alla Roma, per le ultime due, potrà dare una mano Leonardo Spinazzola: in una notte da dimenticare per la formazione di Mourinho la lieta notizia è il rientro in campo del terzino sinistro, che si era rotto a luglio con la Nazionale il tendine d’Achille. Rivederlo in campo dopo 311 giorni, anche se per pochi minuti, è una gioia per tutto il calcio italiano.

AVVIO CHOC — L’unica per la Roma che, dopo aver conquistato giovedì scorso la finale di Conference League, paga un conto altissimo, soprattutto fisicamente. Mourinho sa dell’importanza della partita e infatti lascia fuori il solo Zaniolo, tra i titolari, inserendo Veretout a centrocampo. Italiano risponde cambiando, rispetto all’ultima partita, due uomini: al posto di Saponara e Maleh ci sono Ikoné e Bonaventura e la scelta si dimostra giusta perché la Fiorentina parte forte e la Roma fatica tanto. Dopo un saluto da brividi dello stadio a Borja Valero e alla Fiorentina Primavera dell’ex Alberto Aquilani per la vittoria della Coppa Italia, il Franchi esulta dopo cinque minuti per il vantaggio firmato su rigore da Gonzalez. Era stato lui a procurarsi il rigore con una serpentina che, secondo arbitro (Guida) e Var (Banti) Karsdorp aveva fermato con un fallo sulla riga dell’area. Proteste della Roma, sorriso ironico di Mourinho soprattutto perché l’arbitro non aveva assegnato il rigore ma è stato richiamato dal Var. Dopo il vantaggio, la Roma non esce dall’area e la Fiorentina raddoppia poco dopo: all’11’ il gol è di Bonaventura che parte dalla destra, Zalewski non oppone resistenza, e con un rasoterra delizioso a giro il numero 5 viola segna. La Roma si fa vedere al 20’ con una punizione di Pellegrini su cui è bravo Terracciano, sugli sviluppi tiro di Veretout su cui la Roma reclama un fallo di mano ma arbitro e Var dicono “spalla” e si va avanti. Al 23’ è annullato un gol a Bonaventura per fuorigioco di Biraghi a inizio azione, poi allo scadere del primo tempo la Roma reclama anche per una trattenuta su Mancini in area, ma anche in questo caso nulla di fatto.

POCHE EMOZIONI — All’intervallo Mourinho toglie Oliveira e mette Zaniolo e si riparte con un nuovo episodio dubbio: abbraccio in area tra Cristante e Gonzalez, per l’arbitro non c’è niente e il Var conferma. La Fiorentina spreca qualche ripartenza con Ikonè e Duncan, la Roma, seguita da oltre 3mila tifosi, prova a reagire con un colpo di testa a schiacciare di Abraham che va fuori, a cui risponde Amrabat con un tiro che Rui Patricio devia in angolo. Gli allenatori provano a dare nuova linfa alle squadre: al 65’ nella Roma Zalewski va fuori e dentro c’è ElSha, poi Carles Perez per Pellegrini. Italiano risponde Togliendo Cabral e Bonaventura per Piatek e Maleh, ma il risultato non cambia più. Abraham è l’ultimo ad arrendersi, serve un pallone che Zaniolo sfrutta male e la partita, per la Roma, si chiude di fatto lì, tanto che alla Fiorentina non resta che controllare. E poi fare festa con un Franchi impazzito che vede l’Europa davvero vicina.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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10/05/2022 13:10

SERIE A 2021/2022 36ª Giornata (17ª di Ritorno)

06/05/2022
Inter - Empoli 3-2
Genoa - Juventus 2-1
07/05/2022
Torino - Napoli 0-1
Sassuolo - Udinese 1-1
Lazio - Sampdoria 2-0
08/05/2022
Spezia - Atalanta 1-3
Venezia - Bologna 4-3
Salernitana - Cagliari 1-1
Verona - Milan 1-3
09/05/2022
Fiorentina - Roma 2-0

Classifica
1) Milan punti 80;
2) Inter punti 78;
3) Napoli punti 73;
4) Juventus punti 69;
5) Lazio punti 62;
6) Roma, Fiorentina e Atalanta punti 59;
9) Verona punti 52;
10) Torino e Sassuolo punti 47;
12) Udinese punti 44;
13) Bologna punti 43;
14) Empoli punti 37;
15) Sampdoria e Spezia punti 33;
17) Salernitana punti 30;
18) Cagliari punti 29;
19) Genoa punti 28;
20) Venezia punti 25.

(gazzetta.it)
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15/05/2022 11:42

Salernitana, mezza rimonta a Empoli: 1-1.
Perotti sbaglia il rigore-salvezza.
E il Venezia va in B

Al 76' Bonazzoli in rovesciata pareggia la rete in avvio di Cutrone.
All'87' fallo in area su M. Coulibaly, ma l'argentino si fa parare
la conclusione dal dischetto da uno strepitoso Vicario.
Il punto condanna aritmeticamente i veneti


Alex Frosio


Una partita folle, bellissima, spietata, congela l’impresa della Salernitana. La squadra di Nicola mette in fila un altro risultato utile ma sperava di conquistarsi la quasi certa salvezza a Empoli. Perotti però sbaglia il rigore della vittoria e ora i campani non sono più padroni del proprio destino. Il punto della Salernitana condanna aritmeticamente alla retrocessione il Venezia.

INVASIONE — L’invasione granata scalda il Castellani almeno da un’ora prima della partita. I tifosi della Salernitana occupano tre quarti dello stadio e chiamano all’impresa la squadra. Spaventata da un’incursione di Cutrone al 2’ (sinistro troppo timido su assist di Stojanovic), ma subito proiettata in avanti e con l’intenzione di soddisfare il suo popolo. E ci va vicino due volte: al 7’, angolo di Verdi e deviazione di testa di Djuric, Parisi salva sulla linea, all’8’ un altro piazzato di Verdi trova Gyomber che schiaccia in qualche modo, Vicario tocca sulla traversa. Il "momentum" granata si affievolisce, il caldo incide, ma di più la scarsa vena del centrocampo di Nicola, con Ederson mezzala destra e L.Coulibaly centrale: i due si invertiranno dopo la mezzora.

Intanto l’Empoli prende campo: non può competere sul fisico, ma quando la mette sull’organizzazione è nettamente superiore. Così arriva il vantaggio al 31’: Verre arretra mentre Asllani si muove in verticale, i due combinano e quest'ultimo, ancora dritto per dritto, mette il pallone sulla corsa di Cutrone che stavolta non sbaglia. Dimostrazione pratica del perché l’Empoli abbia raggiunto la salvezza con largo anticipo, mirabile lavoro di Andreazzoli. È un colpo duro per la Salernitana. Le vie d’accesso all’area sembrano improvvisamente più complicate e in salita. Così ci si prova da fuori: Verdi al 36’, Radovanovic al 38’, Ederson al 41’, Mazzocchi al 45’. Tutti fuori bersaglio.

AREA NON OCCUPATA — Come il primo tentativo della ripresa, di Ederson. È che la Salernitana occupa poco l’area: Nicola cerca rimedio e mette Bonazzoli per Kastanos, arretrando Verdi a mezzala. La partita diventa folle, bellissima, spietata. L’Empoli gioca a calcio: un’uscita dal basso viene avviata e conclusa da Verre al 6’ – Sepe respinge -, al 9’ su cross di Bandinelli, Cutrone tutto solo in area schiaccia a lato. La Salernitana vede il pari al 10’, glielo nega Vicario: parata senza senso su Bonazzoli tutto solo a un metro dalla porta liberato da un cross di Radovanovic. I granata perdono fiducia. E rischiano. Al 16’ contropiede di Bandinelli fermato di piede da Sepe che sulla respinta è miracoloso su Bajrami (entrato per Cutrone). Al 24’ altra ripartenza: Bandinelli serve Parisi tutto solo a centro area, sinistro alto. Salernitana graziata. Il tifo granata alza il volume per soffocare la paura. La Salernitana ritrova coraggio. Ma anche Vicario: doppio guizzo da supereroe su Djuric e poi su Bonazzoli al 30’.

Ma è l’anticipo del pari: mischia in area, e Bonazzoli in rovesciata fa esplodere l’Arechi in trasferta. Nicola mette tutto quel che ha: Mamadou Coulibaly per Verdi e Perotti per Mazzocchi. Proprio i due nuovi entrati producono il momento chiave del match: cross basso dell’ex romanista, anticipo del senegalese, tocco di Romagnoli. L’arbitro Massa dice "palla". Poi no. Var. Rigore. Esplosione dei tifosi campani. Sul dischetto Perotti: destro angolato, altro miracolo di Vicario. Poco dopo, Nicola esce dalla panchina per consolare l’argentino. La Salernitana non ne ha più, nel lungo recupero è l’empolese La Mantia a sfiorare il gol-vittoria. Così festeggia solo l’Empoli, che la sua salvezza se l’è conquistata da tempo e meritatamente. Perché ha giocato un gran calcio. E piange il Venezia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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15/05/2022 11:45

Spezia, tre gol in rimonta a Udine e salvezza matematica: finisce 2-3

Apre le marcature Molina per i padroni di casa, quindi pari di Verde e sorpasso di Gyasi.
A inizio ripresa, Maggiore chiude i conti.
Nel recupero Manaj fallisce il poker su rigore, quindi Pablo Marì accorcia


Pierfrancesco Archetti


Lo Spezia fa festa in campo, si salva con una giornata d’anticipo, come nella scorsa stagione. La squadra di Thiago Motta arrivava da quattro sconfitte consecutive: si rialza al momento giusto e decide il suo destino senza dipendere da altri risultati. L’Udinese voleva salutare meglio i 20 mila spettatori accorsi per l’ultima esibizione in casa di una stagione comunque positiva. Va in vantaggio con Molina ma poi subisce la rimonta. E quando Marì firma l’ultimo gol, non c’è più tempo per altro. I bianconeri di casa comunque si consolano con gli applausi del pubblico.

COLPO SU COLPO — Le due squadre non si risparmiano da subito, Silvestri deve volare per deviare una conclusione di Agudelo in seguito a un contropiede di Manaj, poi i difensori dell’Udinese diventano attaccanti. Marì ci prova di testa, Perez due volte ma la palla non entra, fino a un colpo di testa di Udogie respinto miracolosamente da Provedel. Ma nell’allontanare, Maggiore colpisce Udogie e la palla finisce a Molina: la sua botta non dà scampo al portiere. Lo Spezia però reagisce anche se deve sostituire Reca per infortunio: proprio Ferrer, che entra al suo posto, propone i due cross del sorpasso. Prima serve Verde, bravo a infilare di destro al volo, poi vince un contrasto con Marì e tocca per Gyasi. La sua giravolta si chiude con un tiro all’angolo: 1-2 proprio prima dell’intervallo.

LE MOSSE — Per l’ultima partita in casa, Gabriele Cioffi deve rinunciare al difensore Becao, squalificato, e agli infortunati Beto e Success, metà del suo attacco. Propone Pussetto con Deulofeu. Ma nella ripresa fa entrare Nestorovski per l’argentino, molto sottotono. Motta, senza fra gli altri Bastoni e Hristov, manda in campo l’attacco fantasia, con Agudelo trequartista dietro a Manaj, e la coppia Verde-Gyasi sulle fasce. E proprio sui lati vengono costruiti i gol. Anche a inizio ripresa lo Spezia non si chiude e Maggiore al 47’ approfitta di un’altra dormita degli avversari per infilare il 3-1 da due passi. E’ il timbro definitivo sulla salvezza, anche se nel recupero ci sono altre due emozioni: Manaj tira alto un rigore al 92’, concesso per fallo di Perez su Kovalenko, e Marì di testa segna il 2-3 al 94’.

Fonte: Gazzetta dello Sport
[Modificato da binariomorto 15/05/2022 11:46]
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15/05/2022 16:44

Magia di Brekalo e super Berisha.
Un bel Toro prende tre punti a Verona



Partita combattuta e vinta con merito dalla squadra di Juric,
che dopo la rete del croato ha avuto altre occasioni
per raddoppiare (anche un palo di Pellegri).
Hellas ancora k.o. al Bentegodi


Mario Pagliara

È dolcissimo il sabato sera veronese del Toro. Una magia di Brekalo permette ai granata di tagliare il traguardo dei cinquanta punti in casa dell’Hellas. In un colpo solo, il Toro puntella il decimo posto (quinto risultato utile di file in trasferta) e mette nel mirino la nona piazza occupata proprio dal Verona, distante adesso solo due lunghezze. E’ stata una partita maschia, dura, con due granata (Vojvoda e Izzo) usciti per infortuni, ma anche vibrante con il palo di Pellegri e almeno due super interventi di Berisha. Oltre all’organizzazione, il Toro esce vittorioso uno a zero da un Bentegodi caldissimo perché ci ha messo soprattutto il cuore contro un Verona energico. Juric può festeggiare anche il suo record di punti in carriera da allenatore: ha battuto il precedente primato a 49 in Serie A, raggiunto nel suo primo anno a Verona.

SETTIMA MERAVIGLIA — Chi si aspettava una partita ricca di emozioni, non è certo rimasto deluso. Il Verona ci mette agonismo e cattiveria, un Toro attento ed energico risponde colpo su colpo. Nel primo tempo è la squadra dell’ex Juric (per lui più applausi che fischi dal vecchio pubblico) a mettere una ruota avanti grazie a un gioiello firmato dopo diciannove minuti da Brekalo: il croato raccoglie l’invito interessante di Vojvoda, poi lo show è tutto suo. Si beve Depaoli e mette una splendida palla col destro all’incrocio: è la settima prodezza in campionato per Brekalo che eguaglia il suo primato di gol in carriera della scorsa stagione al Wolfsburg in Bundesliga. La partita è bella intensa, l’Hellas la mette spesso sul piano fisico e rapidamente si alzano i toni dei tanti (e attesi) corpo a corpo a tutto campo. L’undici di Tudor non ci sta e Berisha presto diventa protagonista: mura Lasagna (17’, sullo 0-0), poi si oppone in sequenza a Tameze (35’), Lazevic (36’) e firma la parata più bella sul siluro di Lazovic allo scadere (44’). Un minuto prima il Toro con un colpo di testa di Izzo aveva sprecato l’occasione del raddoppio.

SALOON — Quando si riparte, Belotti lancia il primo squillo della sua partita: raccoglie di testa un calcio di punizione di Brekalo, incornandola con la giusta potenza. Ma sulla sua strada si trova un Montipò puntuale. Izzo viene travolto in area da Lasagna: l’arbitro e il Var non assegnano il rigore. A questo punto è ormai una partita che in altri tempi si sarebbe definita maschia, il Verona non ci sta e alza ulteriormente la ferocia dei contatti a tutto campo. Al decimo l’Hellas replica con un colpo di testa di Casale, alto sulla traversa. Per venticinque minuti è un filotto senza soluzione di continuità di botte, colpi duri, Izzo che combatte come un leone. Diventa un saloon: ne fanno le spese Vojvoda e Izzo, usciti per infortunio. Al 33’ pregevole spunto personale del neo entrato Pellegri concluso con un tiro da fuori area stampatosi sul palo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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15/05/2022 20:12

Il Venezia già in B spaventa la Roma, Shomurodov la salva.
Per Mou Europa ancora in bilico

La squadra di Soncin la sblocca dopo una manciata di secondi.
Poi Shomurodov trova il pari al 76'.
I giallorossi colpiscono 4 legni, espulso Kyine


Andrea Pugliese


Difficile spiegare un pareggio dopo quattro traverse, uno score di 46 tiri a 4, venti calci d’angolo e un possesso palle del 69%. Eppure è successo ed a tratti è davvero inspiegabile. Anche perché la Roma ha giocato praticamente tutta la partita dentro l’area di un Venezia già retrocesso e che ha giocato in 10 dal 32' (espulso Kiyine), bravo a sfruttare al massimo il gol di Okereke dopo appena 51 secondi. Per la Roma, invece, il pari porta la firma di Shomurodov, che aveva già segnato all’andata. Ma è con la sfortuna che la Roma deve prendersela.

IL GELO INIZIALE — Mourinho lascia a casa Zaniolo per preservarlo in vista di Tirana e cambia gli esterni di centrocampo, rilanciando dal via Spinazzola, dopo i pochi minuti giocati a Firenze. Soncin, invece, disegna un Venezia coraggioso, nonostante la retrocessione matematica arrivata nel pomeriggio, con il pareggio della Salernitana ad Empoli. Tra l’altro, i lagunari passano dopo appena 51 secondi di gioco con Okereke, bravo a sfruttare di testa una bella pennellata di Aramu. La partita del Venezia così è diventata subito ancora più difensiva del previsto, con la Roma che ha chiuso il primo tempo con il 65% di possesso palla. I giallorossi sono stati infatti costantemente nella metà campo avversaria, spesso a ridosso della trequarti, ma il muro veneto ha retto bene, nonostante la follia di Kiyine, che la 33’ decide di scalciare Pellegrini sui testicoli, con conseguente espulsione arrivata con l’ausilio della Var. E proprio Pellegrini al 19’ era andato vicino al pari su punizione, ma la traversa gli ha strozzato l’urlo in gola. Poi un paio di buone occasioni per Abraham, sempre messo a tacere da Caldara (clamoroso il recupero sulla prima, con l’inglese che era a tu per tu con Maenpaa), un paio di spunti di Perez e poco altro. Spinazzola ha avuto un buon impatto, tenendo anche conto della lunga assenza, mentre Veretout ha girato a vuoto e la cosa migliore di Maitland- iles è stato un tiro sporco, cadendo all’indietro, il che fa capire l’utilità complessiva dell’inglese. E il Venezia? Ha pensato esclusivamente a difendersi, soprattutto dopo esser rimasto in dieci. E alla fine è andato al riposo con un vantaggio insperato.

QUANTA SFORTUNA — La ripresa diventa subito un tiro al bersaglio, con la Roma che paga ancora il conto con la sfortuna. Mourinho butta subito dentro Karsdorp, Zalewski e Spinazzola, passando al 4-2-3-1. La traversa però dice prima no a Cristante con una staffilata da 20 metri, poi ancora a Pellegrini, ancora una volta su punizione. Ma le occasioni fioccano una dietro l’altra: Pellegrini di testa poco fuori, Maenpaa bravo a dire di no a El Shaarawy e Zalewski, Shomurodov (entrato al posto di Veretout) poco reattivo da buona posizione e ancora Elsha pericoloso dal limite. Eppure non si riesce a passare, nonostante si giochi oramai esclusivamente nell’area di rigore del Venezia. Gli angoli fioccano uno dietro l’altro, ci provano anche Perez e di nuovo Zalewski, poi al 30’ arrivato il meritato pari: Shomurodov inventa di tacco per Pellegrini, Maenpaa compie l’ennesima parata e Shomu segna di rabbia. E allora Mourinho butta dentro anche l’ultimo attaccante, il baby Volpato, per cercare di trovare lo spunto risolutore. Cristante impegna ancora Mainpaa da fuori, Zalewski si abbona anche lui all’oscar della sfortuna e colpisce la quarta traversa giallorossa, poi è Shomurodov a sfiorare il gol della vittoria. Prima della fine c’è ancora spazio per l’ennesimo miracolo di Maenpaa su El Shaarawy e per un tiro di Pellegrini di un soffio fuori. Poi l’ultimo grande caos: Ebuah tocca la palla con la mano in area, in contropiede il Venezia sfiora addirittura la beffa, poi c’è il check al Var, con Abraham che si porta il pallone sul dischetto per tirare il possibile rigore. Al Var reputano involontario il tocco di mano. Finisce così, con la Roma che perde altri punti importanti nella corsa all’Europa. Ma nonostante la Curva Sud chiama la squadra per celebrarla.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Tris Sassuolo a Bologna:
Scamacca scatenato e perla di Berardi

La squadra di Dionisi passa in vantaggio al 35',
poi il capolavoro in rovesciata dell'attaccante al 75'.
Poco dopo ancora Scamacca la chiude in contropiede.
Nel recupero il rigore di Orsolini


Matteo Dalla Vite


All’andata il Bologna vinse tre a zero a Reggio Emilia. Oggi la "grigliata" di gol è stata restituita quasi del tutto da un Sassuolo che, evidentemente desideroso di vendetta, ha apparecchiato una gara attenta e completa davanti a un Bologna svagato, molle, impreciso e con la Curva che ha votato per Sinisa ("Sinisa e basta") ma non per l’Area tecnica ("Game Over"). In tutto questo 1-3 finale, Scamacca ha realizzato i suoi gol numero 15 e 16 mentre Arnautovic e compagni hanno assistito tirando una sola volta su azione in porta (Barrow), venendo graziati dall’ipotetico 0-2 annullato a Chriches e riducendo lo scarto con rigore di Orsolini per fallo di mano di Tressoldi su cross di Dijks. Troppo poco per il Bologna, mentre i gol del centravanti neroverde si aggiungono a quello di Berardi (in rovesciata e sotto le gambe di Skorupski) che arriva a quota 15. Bologna fragile e piallato, che attende l’arrivo in settimana di Saputo che deciderà il futuro.

PLEBISCITO SINISA — E’ la "prima" di Mihajlovic in casa dopo l’uscita dall’ospedale e Bologna risponde: ventimila spettatori cantano un coro per Sinisa. Un plebiscito al quale il tecnico risponde con le mani giunte e un grazie a tutto lo stadio. Sinisa (spesso più seduto che in cima all’area tecnica) che decide di inserire Aebischer lasciando inizialmente in panchina sia Dominguez sia Svanberg; Dionisi, che cerca risposte dopo l’1-1 in casa contro l’Udinese e vuole vendicarsi dello 0-3 dell’andata, lascia in panchina Lopez e rispolvera i "Quattro Moschettieri" in avanti e quindi Berardi, Raspadori, Traoré con Scamacca là davanti. Il centravanti del Sassuolo è in piena sfida con Arnautovic, due generazioni di bomber a confronto che, prima della gara, svettano sulle proprie "rose" con quattordici reti (e Arna sei pali colpiti). Dopo la consegna del premio di "coach di aprile" da parte della Lega Serie A a Sinisa Mihajlovic (che chiama a sé il proprio staff durante la mini-cerimonia di consegna effettuata dall’ad Fenucci) e la maglia celebrativa a Lorenzo De Silvestri per le 400 gare in A (consegnata da Marco Di Vaio), ecco che l’inizio del match segna subito una scioltezza da una parte e dall’altra invidiabile. Il Bologna arriva ad essere pericoloso con due cross che Consigli neutralizza mentre il primo tiro in porta è di Scamacca (4’) che Skorupski ferma a fatica.


SCAMACCA 16 — Il primo tempo è un lento trascinarsi verso qualcosa di interessante che praticamente non arriva quasi mai: il Bologna aziona Orsolini e vede Arnautovic scatenato ma negli ultimi venti metri la difesa del Sassuolo mette sempre un tappo; cosa che sostanzialmente fa il Bologna dall’altra parte, anche se la squadra di Dionisi guadagna più calci d’angolo e situazioni in cui potrebbe portarsi in vantaggio, cosa che succede al 35’: dalla bandierina tira Berardi, palla nell’area piccola sulla quale Scamacca segna il gol numero 15 mentre Theate e De Silvestri non riescono a bloccare l’attaccante neroverde.

E proprio Theate, alla ripresa del gioco nel secondo tempo, è il primo ad essere cambiato: dentro Barrow e Sinisa passa al 4-2-3-1. Ed è il gambiano a cercare la prima conclusione vera della gara ma il suo tiro è deviato. Occasione, al 7’, per Arnautovic su cross di Orsolini: fuorigioco. Sinisa fa uscire Soriano per Sansone ed Aebischer per Svanberg, mentre Dionisi infila Lopez e passa al 4-3-3. L’occasionissima per lo 0-2 arriva a Chiriches (59'): susseguente a calcio d’angolo di Rogerio, Ferrari fa da sponda, Skorupski esce male e Chiriches infila. Var e annullamento per tocco di braccio del difensore neroverde. A seguire, e siamo al 75’, il gol di Berardi in semirovesciata e poi lo 0-3 di Scamacca (80') su palla filtrante di Frattesi. Alla fine il Bologna fa l’1-3 su rigore (braccio di Tressoldi su cross di Dijks al 92') ma resta la delusione forte del pubblico per una squadra che poteva dare di più ed emerge al contempo la consapevolezza della forza del Sassuolo, un meccanismo quasi perfetto. Finisce con i tifosi che chiedono a Mihajlovic di andare sotto la Curva: lui va e ringrazia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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15/05/2022 20:19

Napoli e Insigne, che festa!
Il Genoa ne prende tre:
ormai è praticamente in B



I gol di Osimhen, del capitano e di Lobotka condannano i rossoblù:
per non retrocedere serve ora una serie difficilissima di incastri


Maurizio Nicita

Il Napoli saluta degnamente il capitano Lorenzo Insigne, non facendosi prendere dalla commozione e assicurandosi il terzo posto con un 3-0 netto e meritato che lascia aggrappato il Genoa solo a qualche tenue possibilità aritmetica di salvezza. Per i rossoblù sarà Serie B se questa sera contro l'Inter il Cagliari vince (portando la salvezza a 4 punti) o perde (si potrebbe arrivare al massimo a pari punti con la Salernitana con cui il Genoa è sotto negli scontri diretti), mentre in caso di pareggio si dovrebbe sperare in una (difficile) conclusione di stagione a pari punti (31) con i sardi e la Salernitana: solo in questo caso la classifica avulsa salverebbe i liguri.

GENOA A TESTA BASSA — Della festa prima della partita per Insigne parliamo a parte. Ma è logico che le forti emozioni per il capitano e i suoi compagni possano togliere un pizzico di concentrazione. Normale anche che un Genoa concentrato per darsi ancora una chance di salvezza provi subito ad aggredire l’avversario. E in effetti Blessin schiera una squadra “alta” che non dà fiato ai portatori di palla azzurri, che inizialmente faticano a uscire. La prima occasione vera fa sussultare le migliaia di tifosi genoani arrivati a Napoli: Yeboah si smarca bene al limite e scaglia un destro che colpisce la traversa. Blessin deve rinunciare anche all’esperienza di Badelj (che si stira) e inserisce Frendrup. La squadra di Spalletti fatica a uscire ma quando lo fa mostra la qualità poi dei suoi attaccanti. Con Insigne e Mertens che inventano triangoli che manco Pitagora. Ma l’occasione più grande è ancora del Genoa con Yeboah che lancia verso Ospina Portanova che ritarda a caricare il sinistro. Il Genoa non coglie l’attimo fuggente che nell’azione successiva coglie il Napoli. Di Lorenzo crossa al bacio per Osimhen che con un imperioso terzo tempo stacca altissimo e segna. Ora sono gli azzurri a dare spettacolo e a sfiorare più volte il raddoppio con il Genoa che è costretto a rimanere basso per difendersi. Un Insigne ispirato meriterebbe il gol dopo essere andato via in area con tanto di sombrero, ma Sirigu gli chiude lo specchio. È poi Mertens a dare spettacolo verticalizzando e trovando traiettorie impensabili per giocatori normali. Ma Osimhen fallisce il tocco a pochi metri da Sirigu.

ECCO LORENZO — Il Genoa riparte forte nella ripresa e ancora Portanova si ritrova solo davanti a Ospina, ma tira addosso al portiere che esce bene. Il Napoli in contropiede però con Mertens che lancia ancora Osimhen resta pericoloso. Blessin prova a inserire Hernani per dare qualità al centrocampo ma proprio il brasiliano commette in area un ingenuo fallo di mano. E lo stadio esplode perché sul dischetto va Insigne. Lorenzo però colpisce il palo e sulla respinta segna Di Lorenzo, ma dal Var arriva la segnalazione: qualche genoano è entrato in area prima. Insigne torna sul dischetto e stavolta non sbaglia. Il Genoa inserisce anche Destro e prova la disperata di rimontare. Ma lascia praterie, sfruttate dal neo entrato Lobotka che con una grande azione personale corre per 50 metri e conclude con un gran destro: suo primo gol con la maglia del Napoli! E nel finale c’è ancora tempo per la standing ovation per Insigne che Spalletti sostituisce e poi abbraccia e solleva da terra con affetto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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15/05/2022 23:26

Milan, scudetto a un passo: 2-0 all'Atalanta,
ora basterà un pareggio col Sassuolo

Primo tempo bloccato, nella ripresa Leao e Hernandez
regalano tre punti pesantissimi ai rossoneri.
Con almeno un punto coi neroverdi sarà tricolore


Marco Pasotto


Così l’attesa è dolce. Dolcissima ed esaltante, a prescindere da quello che combinerà l’Inter a Cagliari. Il Milan infila la quinta vittoria di fila, mette a tacere anche l’Atalanta davanti all’estasi dei 73 mila di San Siro e compie quello che potrebbe essere il passo decisivo verso lo scudetto. Ora la squadra rossonera e il suo popolo possono mettersi comodi in poltrona e godersi la partita in terra sarda. Nella peggiore delle ipotesi, ovvero con vittoria nerazzurra, il Diavolo rimarrà padrone del proprio destino anche all’ultima giornata contro il Sassuolo, quando sarà sufficiente non perdere per acciuffare l’Inter a quota 19 scudetti. Se così sarà, il prossimo campionato vedrà una fantastica sfida milanese per chi metterà le mani sulla seconda stella. Con la Dea la partita si stappa nella ripresa. Decidono una rete di Leao e un gol sublime di Hernandez che produce un coast-to-coast vincente da galleria delle prodezze. Leao e Theo, ancora loro. La super fascia sinistra rossonera, anche se ormai il Milan di Pioli ha talmente tante vesti e versioni che diventa difficile incasellare quei due solo in un lato del campo. Anche l’Atalanta rimanda il suo verdetto stagionale agli ultimi novanta minuti e il rammarico è grande perché il mezzo passo falso della Roma era un’occasione ghiotta, anche se nulla è ancora perduto. Rammarico e rabbia, perché sul primo gol rossonero le proteste nerazzurre (contatto fra Kalulu e Pessina) sono state fortissime.

LE SCELTE — Pioli ha confermato in blocco la squadra di Verona. Un po’ perché l’undici del Bentegodi aveva garantito gambe frizzanti e approccio adeguato, un po’ perché aveva dimostrato di assimilare molto bene le novità tattiche, riproposte nello stesso spartito. Ovvero un 4-1-4-1 con Kessie davanti alla difesa e Tonali alto, accanto a Krunic, e fasce affidate a Saelemaekers e Leao. Gasperini, tentato in settimana dal 4-2-3-1, senza Toloi alla fine ha scelto la difesa a tre abbassando De Roon sulla linea di Palomino e Djimsiti: 3-4-1-2 con Koopmeiners e Freuler nel cuore del centrocampo, trequarti affidata a Pessina e Pasalic accanto a Muriel. Fin da subito sono state molto chiare le consegne speciali e inderogabili da entrambe le parti. Ovvero Kessie chiamato a togliere spazio e respiro a Pessina, e Djimsiti pronto a seguire puntualmente i movimenti di Tonali, mentre Koopmeiners si è appiccicato alla schiena di Krunic. In tutti i casi, marcature efficaci e fonti centrali di gioco inaridite. Non è un caso quindi che entrambe le squadre abbiano cercato luce sulle corsie esterne, seppure in modi diversi. Il Milan ha adottato la sua classica modalità da accerchiamento, provando a svariare velocemente da una parte all’altra del campo, mentre l’Atalanta si è servita maggiormente della verticalità, cercando la profondità con Muriel e soprattutto con Zappacosta a sinistra. E’ su quel versante che i rossoneri hanno patito maggiormente, con Calabria visibilmente in difficoltà davanti alle sgommate del 77 nerazzurro. Dall’altra parte Hernandez ha tentato un paio di sortite, ma è andato a sbattere contro la gabbia bergamasca eretta da Hateboer e De Roon.

CI VOLEVA LA RIPRESA — Non è decisamente stato un granché il primo tempo. Squadre piuttosto bloccate dall’ansia del risultato e più attente a non smagliarsi dalla cintura in giù piuttosto che caricare verso la porta avversaria. Maignan e Musso infatti sono stati praticamente inoperosi, se escludiamo un tiro di Saelemaekers e uno di Muriel facilmente leggibili. A deludere, se mettiamo sulla bilancia il contesto, è stato soprattutto il Milan, che dopo i primi venti minuti trascorsi in controllo del match, si è come spento. Ha praticamente smesso di giocare, affidandosi a improbabili lanci lunghi e restando vittima dei propri errori tecnici. Male, in questo senso, Calabria, Theo, Krunic e Giroud, mentre Leao non è quasi mai riuscito ad accendersi davvero. Il resto l’ha fatto Gasperini, che ha trovato il modo di disinnescare il Tonali nuova versione. E’ cambiato tutto nella prima parte della ripresa. Dopo nove minuti una punizione infida di Hernandez finita sull’esterno della rete ha fatto gridare al gol mezzo stadio. Poi Pioli ha cambiato Giroud con Rebic e Saelemaekers con Messias, mentre Pioli ha tolto Muriel per Zapata e Pasalic per Malinovskyi. E al minuto numero 12 il Diavolo ha stappato il match, colpendo in ripartenza: lancio di Messias per Leao, che è andato via di forza a Koopmeiners e – freddissimo - ha infilato Musso in uscita sotto le gambe e sotto la curva Sud. San Siro è rimasto col fiato sospeso per un possibile fallo di Kalulu su Pessina, ma il controllo Var ha dato semaforo verde e Orsato ha convalidato, mandando in estasi il Meazza.

CAPOLAVORO — L’Atalanta a quel punto ha reagito rabbiosamente ed è andata vicino al pareggio due volte con Zapata. Il colombiano prima si è girato bene in area, senza trovare la porta, e poi ha spedito di poco a lato con la testa. Segnali di pericolo che si esauriscono di lì a breve perché alla mezzora il Diavolo mette in freezer la partita grazie al gol capolavoro di Hernandez. Krunic sradica la palla dai piedi di Boga e la serve a Theo, che se la colloca sul piede per ottanta metri e trafigge Musso con un diagonale a incrociare. Spettacolo allo stato puro a cui Koopmeiners, Djimsiti e Palomino assistono impotenti, incapaci di fermare il treno francese lanciato a tutta velocità. Manca ancora qualcosa? Ma certo, la firma di Maignan, che arriva a cinque minuti dalla fine con una gamba che salva la porta rossonera su un destro a botta sicura di Zapata. Milan, repertorio completo, ed è quello che serviva per mettere un altro pezzo di mano sullo scudetto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
[Modificato da binariomorto 15/05/2022 23:28]
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15/05/2022 23:34

L'Inter non molla:
con super Lautaro batte 3-1
il Cagliari e resta a -2 dal Milan



Malgrado i supplementari di Coppa, i nerazzurri dominano i padroni di casa, ora a un passo dalla B.
Apre Darmian, raddoppia il Toro, la riapre Lykogiannis ma poi l'argentino chiude i conti


Luca Taidelli

Aggrappata allo scudetto con le unghie, l'Inter tiene viva una micro speranza battendo e inguaiando il Cagliari e restando a -2 dal Milan, che tre ore prima aveva ipotecato il titolo piegando l'Atalanta. Visto lo svantaggio nello scontro diretto, l'unica speranza per Inzaghi resta battere la Samp (già salva) domenica prossima - nell'iconico 22 maggio... - e sperare che in contemporanea il Sassuolo superi i rossoneri al Mapei Stadium. Alla Unipol Domus finisce 3-1 grazie alle reti di Darmian e Lykogiannis e alla doppietta del Toro scatenato Lautaro. Prova di forza dei nerazzurri, scesi in campo con l'obbligo di vincere e padroni del campo malgrado le fatiche di Coppa.

PRIMO TEMPO — Agostini cambia modulo e passa al 4-3-1-2 escludendo Lovato per inserire Lykogiannis a sinistra, mentre Dalbert fa la mezzala sinistra, completando la mediana con Grassi e Marin, mentre Rog è il trequartista che deve braccare Brozovic. In attacco, conferma per Joao Pedro e Pavoletti. Inzaghi ripropone Bastoni dal 1', conferma Darmian a destra e anche Dzeko davanti, al fianco di Lautaro. Come nella finale di Coppa, panchina per Dumfries e Correa. Gara subito scorbutica, ma i nerazzurri hanno l'arma dei piazzati e, dopo una parata a mano aperta di Handanovic sul diagonale di Lykogiannis, la sbloccherebbero all'11' con Skriniar che da punizione di Calhanoglu sbuca sul secondo, prende il palo ma la mette dentro sulla ribattuta. Richiamato dal Var però Doveri annulla perché dopo avere colpito il pallone con lo stomaco lo slovacco lo aggiusta con la mano. Al 22' ci prova Lautaro, ma il colpo di testa da corner esce di poco. Al terzo tentativo però l'Inter passa con la classica giocata da esterno a esterno. Perisic infatti trova il fondo e pennella un gran cross sul quale Darmian salta un metro più di Lykogiannis e di testa non sbaglia. Il Cagliari fatica a reagire, non riesce a coinvolgere le punte e continua a soffrire sugli esterni, con Darmian e poi Bastoni ancora pericolosi. La squadra di Inzaghi è brava ad abbassare i ritmi e girare palla, alla ricerca del varco giusto. Come succede al 36', con l'imbucata geniale di Darmian per Lautaro, il cui sinistro è murato da Ceppitelli. Cragno invece nega al Toro il 20° gol in campionato (bella palla di Barella) al 39'. Quella dello scatenato argentino diventa una maledizione a fine tempo, quando prima centra il palo interno di sinistro e poi col destro ravvicinato chiama Cragno al mezzo miracolo. L'1-0 all'intervallo va insomma strettissimo agli ospiti, che chiudono anche col 65% di possesso palla e non hanno certo nella gestione del vantaggio il pezzo forte della casa.

SECONDO TEMPO — Si riparte senza sostituzioni, ma Agostini manda a scaldare tutta la panchina perché l'Inter riparte menando la danza, col solito giro palla per poi piazzare il morso letale. Al 51' infatti Barella lancia lungo per Lautaro, bravissimo a scattare sul filo del fuorigioco, resistere al contrasto di Altare e freddare Cragno tra le gambe con il destro. Unipol Domus zittita, ma due minuti dopo Lykogiannis da fuori scaglia un gran sinistro che, complice la deviazione di Skriniar, supera Handanovic e finisce nell'angolino. Si riapre tutto, con Nandez e l'ex Keita a rilevare Rog e Pavoletti. Inzaghi risponde con Dumfries e Gagliardini per l'ammonito Darmian e Barella, l'ex che esce tra tanti fischi ma pure applausi. Disposti ora con il 4-4-2 - Nandez e Dalbert esterni -, i padroni di casa aumentano la pressione, complice anche la stanchezza montante degli avversari dopo i 120' di Coppa di mercoledì. Il più provato sembra Dzeko, che da un lato fa il solito lavoro sporco abbassandosi per far girare la manovra ma dall'altro non incide mai davanti. Infatti al 70' Inzaghi richiama Edin per Correa. Stessa sorte per Bastoni con D'Ambrosio (Skriniar a sinistra). Il finale è un vorrei ma non posso, perché il Cagliari non riesce ad alzare il baricentro e l'Inter non trova pochi varchi per chiuderla. L'unica azione arrembante dei sardi arriva all'80', con De Vrij a bordo campo dopo un duro contrasto con Keita, ma proprio l'ex in area non trova l'attimo. Carboni e Baselli (fuori Altare e Marin) sono le ultime cartucce di Agostini. All'84' però la ripartenza interista è micidiale: grande lancio di Brozovic, Gagliardini controlla il pallone in area e serve a sinistra Lautaro, freddissimo nel superare Cragno col tocco sotto mancino. Dumfries nel recupero centra il terzo palo di serata. L'Inter non molla.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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17/05/2022 14:07

Samp, festa salvezza col poker.
Fiorentina, ora l'Europa è a rischio

La squadra di Giampaolo gioca una gran partita e
va a segno con Ferrari, Quagliarella, Thorsby e Sabiri.
Sconfitta pesantissima per i viola


Filippo Grimaldi


E’ qui la festa sampdoriana, ma è qui pure la notte più cupa della Fiorentina travolta ed umiliata al Ferraris con un 4-1 mai in discussione. Adesso la rincorsa all’Europa diventa una faccenda maledettamente complicata per Italiano, che dovrà chiedere strada in casa alla Juventus. Il Ferraris, invece, è il teatro ideale per una Sampdoria che domina dall’inizio alla fine. Prima del fischio d’inizio, c’è la sfilata sul prato del Ferraris delle legends blucerchiate protagoniste della Sampd’oro tricolore nel 1991.

Durante la gara, con un primo tempo dominato dalla squadra di Giampaolo, avanti già di due gol con le reti di Ferrari e Quagliarella. E poi alla fine, con la festa salvezza che può ufficialmente cominciare. Fiorentina non pervenuta sino all’intervallo, quando sarebbe stato lecito aspettarsi di vedere la voglia matta degli ospiti a caccia del pass europeo. Invece, la salvezza arrivata domenica notte dopo il k.o. di Genoa e Cagliari, quando Quagliarella e compagni erano in ritiro, ha trasformato l’esame contro la Viola nel gioioso atto finale di una stagione complicata. La Viola di Italiano è arrivata svuotata di energie nonostante l’ultimo successo sulla Roma al Franchi, pur se con la consapevolezza che l’Europa potrebbe aprire davvero nuovi orizzonti. Niente da fare. Blucerchiati con Quagliarella titolare (non accadeva dalla sconfitta interna con la Salernitana, il 16 aprile scorso). Viola con il ritorno di Torreira in mezzo – lui che in blucerchiato era esploso -, ma senza lo squalificato Amrabat, chiamata invano a tirare fuori quel cinismo la cui mancanza più volte Italiano ha sottolineato come il vero peccato originale del suo gruppo. Dal 26 settembre scorso, giorno della vittoria esterna a Udine, la Fiorentina ha sempre subìto gol lontano dal Franchi e la partita di stasera ha confermato la regola.

IL MONDO ALLA ROVESCIA — Insomma, se qualcuno pensava a diverse motivazioni fra le due squadre è rimasto deluso: la Samp è partita fortissimo, ha trovato varchi continui sulle fasce con la spinta di Candreva e gli inserimenti da dietro di Augello sulla sinistra, creando non poche apprensioni nei viola. In difficoltà al 10’ sulla pressione blucerchiata (Duncan rischia l’autogol), ma poi pronti a distendersi sulla ripartenza con Nico Gonzalez, murato in angolo da Bereszynski. La Samp corre, spinge, affonda, gioca con la testa libera dai cattivi pensieri di una classifica ormai blindata, i toscani annaspano. Torreira e Nico Gonzalez si prendono due gialli in ottanta secondi, perché la Fiorentina ha un passo troppo lento per una Samp che va a mille. Così succede che meritatamente i padroni di casa sbloccano il risultato al 15’: la punizione di Candreva dalla destra trova Ferrari pronto al tocco morbido in rete (che disattenzione, Biraghi), Terracciano è battuto. Fiorentina non pervenuta sino a questo punto, ma il gol subìto risveglia momentaneamente i viola. Ikone cerca la porta di Audero su lancio di Duncan (21’), la Viola alza il baricentro e prova a tenere più bassi gli esterni sampdoriani, privando così Quagliarella delle sue fonti di gioco. E allora è il capitano della Samp che s’inventa assistman, regalando dalla sinistra a Candreva sulla fascia opposta un pallone d’oro, ma Terracciano è super. La Fiorentina rimane però troppo imprecisa e la Samp la punisce ancora con un morbido cucchiaio del suo capitano che scavalca Terracciano su assist di Sabiri dalla sinistra. Quagliarella in paradiso, con un gol che lo risarcisce di una stagione zeppa di difficoltà. Due a zero strameritato, Fiorentina inesistente. Che, quando ha il pallone giusto (Bonaventura, 35’, un rigore in movimento su cross di Cabral) spreca malamente e manca la porta. Ci prova ancora Nico Gonzalez al minuto 47, ma il suo diagonale taglia l’area e si spegne sul fondo.

RISVEGLIO — Il 4-3-3 viola non funziona: punte poco servite, squadra lunga e sfilacciata. La Samp, no: il 4-5-1 di base, con Vieira vice-Ekdal, è duttile e lascia ampia libertà di manovra sulle corsie esterne, con Sabiri imprevedibile nelle sue giocate e imprendibile per la mediana ospite. Italiano toglie nella ripresa Duncan e dà spazio a Maleh, ma la sostanza non cambia. Viola troppo scolastici e prevedibili, anche se la Samp abbassa il numero dei giri del suo motore e va a tratti in gestione. Gioco frammentato, uno scontro durissimo fra Igor e Vieira porta a uno stop di oltre tre minuti, poi va k.o. anche Ferrari. Ma non cambia il canovaccio di una gara senso unico. E al minuto 26’ una triangolazione Sabiri-Candreva si chiude con un assist perfetto per Thorsby: gran botta sotto la traversa e tre a zero Samp. I cambi di Italiano (Piatek per Cabral, Callejon per Ikone) non scuotono la squadra. C’è ancora tempo per il quarto gol strameritato di Sabiri: un gioco di prestigio che sorprende Milenkovic e beffa Terracciano dal limite. Saponara ci prova al 41’, ma trova attento Ravaglia, appena subentrato ad Audero. Ma nella mischia c’era stato un fallo di mano di Trimboli: rigore, dal dischetto Nico Gonzalez fa centro. Finisce 4-1, anche se c’è tempo al 48’ per un rosso diretto a Colley. Resta la punizione pesantissima per i viola. Domenica Samp a San Siro: per l’Inter non si annuncia una passeggiata…

Fonte: Gazzetta dello Sport
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17/05/2022 14:11

Milinkovic al 96' rovina la festa di Chiellini e Dybala:
la Lazio fa 2-2 e va in Europa League

Juve avanti con Vlahovic e Morata nella serata dell'addio ai due giocatori,
poi le reti di Patric e del serbo regalano la qualificazione aritmetica alla squadra di Sarri


Livia Taglioli


L’Allianz Stadium apre la serata festeggiando il quinto scudetto di fila della squadra femminile, la Juve saluta Chiellini e Dybala, all’ultimo ballo in bianconero all’Allianz Stadium sotto lo sguardo (anche) di Leao e Buffon ma non riesce a condire l'omaggio con i tre punti. La Lazio rimonta infatti due reti, siglando il 2-2 al 96'. Tornano al gol Vlahovic e Morata, il primo in astinenza da tre gare di campionato, l’altro dal 12 marzo, doppietta con la Samp. Poi la Lazio batte un colpo, anzi due: prima accorcia le distanze Patric al 51’, poi realizza il pari l'osservato speciale Milinkovic-Savic a tempo scaduto. E per la squadra di Sarri il pari è prezioso: vale l'accesso all'Europa League.

IERI, OGGI, DOMANI — Fra amarcord e futuro, Juve-Lazio è soprattutto saluto per Chiellini e Dybala, fra cori e striscioni che accompagnano il loro ingresso in campo, da titolari, anzi da capitano e vice capitano per un’ultima volta. Con loro anche il capitano annunciato per la prossima stagione, Bonucci, nonché per la terza volta dal 1’ il giovane Miretti, pronto a mettere in vetrina tutto ciò di cui è capace pensando alla Juve del futuro. In extremis Rabiot si arrende a un’infiammazione inguinale e va in panca, con Locatelli che ritrova una maglia da titolare. Nella Lazio manca Immobile, al suo posto il capoverdiano Cabral. E’ una Juve leggera e frizzante, che non ha più nulla da chiedere al campionato se non di archiviare le due sconfitte di fila da cui è reduce (col Genoa in campionato e con l’Inter nella finale di coppa Italia), mentre la Lazio cerca il punto della sicurezza per l’Europa League.

PRONTI ATTENTI VLAHOVIC — E già dopo 5’ la squadra di Sarri sfiora il vantaggio andando a colpire la traversa con Cataldi. Vlahovic scalda i motori, e due minuti dopo Strakosha gli esce fra i piedi sventando l’enorme minaccia. Ma nulla può al 10’, quando il serbo si lancia in tuffo su un cross di Morata e di testa sigla l’1-0, esultando con la Dybala mask. Per il serbo è il gol numero 24, ma Immobile ne ha ancora tre in più. L’abbraccio vigoroso con Chiellini e il salto sulle spalle della Joya sono l’aperitivo di quel che succederà dopo 7 minuti. Come previsto, Allegri richiama Re Giorgio, alla sua presenza in bianconero numero 560, e manda in campo De Ligt. Compagni e pubblico si uniscono in un comune, commosso applauso al capitano, che esce dopo mille abbracci: l’ultimo è quello dell’olandese, sulla linea laterale, in un simbolico passaggio di consegne. La partita va avanti, Chiellini continua il suo pellegrinaggio laico intorno al campo, a raccogliere il saluto infinito dell’Allianz. Intanto Perin esce coraggiosamente sui piedi di Cabral, dopo una bella penetrazione di Milinkovic-Savic.

DOPPIO VANTAGGIO, POI LA RIMONTA — Al 36’ arriva il raddoppio Juve: Dybala affonda la falcata, poi si ferma, aspetta Cuadrado e lo serve di tacco, lanciandolo in profondità. Il colombiano cede a Morata, che si avvita su se stesso e fa partire un destro in girata che finisce alle spalle di Strakosha. Gran gol, il nono in campionato per lo spagnolo. La Lazio non si arrende e spinge, con Milinkovic Savic abile a verticalizzare o a proporsi in avanti in prima persona. Ma la Juve non abbassa la guardia dietro ed è pronta a ribaltarsi in avanti. In apertura di ripresa è la Lazio a trovare il gol: calcio d’angolo di Cataldi e testa di Patric, con tocco finale di Alex Sandro. Il 2-1 arriva al 51’. Rispetto al primo tempo la Lazio cresce in convinzione e fiducia, la Juve dopo una prima frazione molto intensa rimpicciolisce, rischiando anche la rimonta. Allegri gioca la tripla inserendo al 62’ Aké, Kean e Pellegrini (per Locatelli, Vlahovic e Morata), in risposta a Sarri che aveva richiamato Cabral per Pedro. E proprio Kean sfiora il raddoppio avvitandosi in acrobazia ma senza trovare lo specchio. Tutti in piedi al minuto 77’: esce Dybala, sommerso dall’abbraccio dei compagni e dall’ovazione dei tifosi. Al suo posto Palumbo. E anche per la Joya scatta il giro di campo, con autografi, strette di mano e selfie, 192 gare dopo. Ma non è finita: al 96' infatti Milinkovic-Savic da posizione impossibile batte Perin e fissa il risultato sul 2-2.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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17/05/2022 14:12

SERIE A 2021/2022 37ª Giornata (18ª di Ritorno)

14/05/2022
Empoli - Salernitana 1-1
Udinese - Spezia 2-3
Verona - Torino 0-1
Roma - Venezia 1-1
15/05/2022
Bologna - Sassuolo 1-3
Napoli - Genoa 3-0
Milan - Atalanta 2-0
Cagliari - Inter 3-1
16/05/2022
Sampdoria - Fiorentina 4-1
Juventus - Lazio 2-2

Classifica
1) Milan punti 83;
2) Inter punti 81;
3) Napoli punti 76;
4) Juventus punti 70;
5) Lazio punti 63;
6) Roma punti 60;
7) Fiorentina e Atalanta punti 59;
9) Verona punti 52;
10) Torino e Sassuolo punti 50;
12) Udinese punti 44;
13) Bologna punti 43;
14) Empoli punti 38;
15) Sampdoria e Spezia punti 36;
17) Salernitana punti 31;
18) Cagliari punti 29;
19) Genoa punti 28;
20) Venezia punti 26.

(gazzetta.it)

Le squadre del Venezia e del Genoa matematicamente retrocesse in Serie B con una giornata di anticipo.
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21/05/2022 14:18

Abraham e Pellegrini spingono
la Roma in Europa League.
Toro, troppi regali



Due errori dei granata mettono in discesa la partita dei giallorossi,
con l'inglese letale su azione e su rigore.
Nel finale Pellegrini chiude il match ancora dal dischetto.
Mou sicuro di giocare le coppe a prescindere dalla finale di Conference League.
Premiato Bremer


Mario Pagliara

Un tris squillante in casa del Torino vale la qualificazione aritmetica della Roma all’Europa League della prossima stagione. Non poteva esserci viatico migliore per la squadra di Mourinho che archivia il campionato a 63 punti e fa soprattutto un bel pieno di entusiasmo in vista della finale di Conference. Nell’ultimo atto di una stagione comunque ricca di elementi positivi, il Toro di Juric invece si mostra con la testa già alle vacanze e viene sconfitto tre a zero da una doppietta di Abraham (il secondo su rigore) e dal tiro dal dischetto di Pellegrini nel secondo tempo. Nonostante il ko, il pubblico di casa canta fin oltre la fine della partita e applaude la squadra nel giro di campo come ringraziamento a una bella stagione.

BREMER IL MINISTRO — Prima che la partita cominci, l’Olimpico è tutto ai piedi di Gleison Bremer. Il difensore brasiliano è infortunato, per questo non è in distinta, ma si presenta a bordo campo indossando la sua maglia numero 3 durante il riscaldamento per ricevere dalle mani del direttore tecnico del Toro, Davide Vagnati, il premio di miglior difensore del campionato assegnatogli dalla Lega di Serie A. E’ lui il ministro della difesa della Serie A: applausi a scena aperta per diversi minuti dal pubblico. Saluta tutti i settori dello stadio e l’impressione è che si sia trattato dell’addio dopo quattro stagioni in granata perché, come ha spiegato Vagnati, "ci sono arrivate tante telefonate, come è giusto che sia". Tanti cori e incitamenti anche per Belotti: all’inizio della prossima settimana risponderà alla nuova proposta di rinnovo presentagli dal Toro, il pubblico lo spinge verso la firma. Si vedrà.

DOPPIO ABRAHAM — La Roma si presenta con la coppia di attacco Abraham- Shomurodov con alle spalle Pellegrini. La carica del Toro passa attraverso Praet-Brekalo e Belotti. Da possibile sorpresa a realtà è il posizionamento di Lukic come centrale difensivo di destra: la mossa di Juric squilibra il Toro e lo priva di un punto di riferimento certo in mezzo al campo. E si vede. Perché dopo una fase iniziale di sostanziale equilibrio, la Roma spinta dalla coppia Veretout-Oliveira prende il predominio a centrocampo. Il resto lo fanno la superiorità di Zalewski rispetto ad Ansaldi (va al doppio della velocità) e di Abraham su Zima. Dopo diciannove minuti serve un grande riflesso di Berisha sul colpo di testa di Kumbulla per evitare il peggio. E’ il campanello di allarme, perché poco dopo – va detto – il Toro ci mette molto del suo con due pasticci difensivi imperdonabili. Il primo arriva al 33’ ed è di Brekalo che si lancia in un passaggio orizzontale davanti alla propria area intercettato da Pellegrini. Lukic non gli prende il tempo e il fantasista giallorosso riesce a servire Abraham in area, Zima scivola nella marcatura e l’inglese si ritrova solo davanti a Berisha per un comodo 0-1. Otto minuti dopo c’è un altro errore da matita rossa, stavolta di Rodriguez: il retropassaggio dello svizzero per Berisha è troppo lento e favorisce l’intervento di Abraham: Berisha lo stende in tackle e dal dischetto il centravanti di Mourinho porta tutti all’intervallo sullo 0-2. Dopo cinque minuti della ripresa, Pobega prova la reazione con una cavalcata che sbatte sui guantoni di Rui Patricio. Ma è ancora la Roma ad andare più vicina al terzo gol con un rasoterra di Veretout intercettato da Berisha (16’). La serie degli errori granata non è ancora finita e così al 33’ della ripresa Buongiorno strattona Zaniolo in area, per Irrati è rigore che Pellegrini non sbaglia. Finisce 3-0 con la Roma aritmeticamente qualificata in Europa League.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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22/05/2022 08:09

Vince il Baby Bologna ma il Genoa si gode l'abbraccio di Marassi

Splendida coreografia, striscioni di incoraggiamento e
90' di cori per salutare il Grifone già retrocesso in B.
Poche emozioni sino alla rete di Barrow al 66'.
Miha schiera Amey e Raimondo nell'undici iniziale e
nella ripresa inserisce altri tre Primavera


Filippo Grimaldi


Si può? Sconfitti, retrocessi, eppure sorridenti. Succede al Genoa di Blessin, che chiude il campionato collezionando - ahilui - il suo diciottesimo k.o. in campionato, battuto al Ferraris dal Bologna grazie a un gol di Barrow nella ripresa. Che permette ai ragazzi di Mihajlovic di terminare nel migliore dei modi una stagione fra luci e qualche ombra. Negli occhi, però, resta questo strano mondo genoano, che non s’abbatte, né impreca dopo una stagione da dimenticare, ma propone una coreografia che prima del fischio d’inizio tutto fa venire in mente fuorché una piazza che ha vissuto oggi pomeriggio la sua ultima gara in A prima della discesa fra i cadetti dopo quindici anni di fila nel massimo campionato.

EFFETTO — Invece succede proprio questo e l’effetto serve a nobilitare una gara che non ha peso sulla classifica e, nel complesso, vivace solo a tratti e decisamente poco avvincente. Blessin sceglie Semper fra i pali (un premio alla stagione per uno dei migliori comprimari della rosa), con Vasquez di nuovo titolare al centro della difesa al posto di Bani e la coppia Hernani-Galdames al posto degli assenti Balde-Sturaro. Più robusti gli avvicendamenti di Mihajlovic nel Bologna: da Bardi fra i pali ad Amey titolare per la prima volta in difesa, al pari di Raimondo in attacco a far coppia con Barrow nel consueto 3-5-2.

AVVIO SPRINT — Il Genoa gioca leggero nella testa e gli effetti nella manovra si vedono: squadra corta, frequenti scambi di prima e improvvise accelerazioni che a tratti sorprendono gli ospiti, pur senza produrre effetto. Il Bologna, di fatto, non va mai in sofferenza e rischia solo una volta all’8’ su una giocata in acrobazia di Portanova (lanciato da Criscito) sulla quale Bardi ha il riflesso giusto e manda in angolo. La squadra di Mihajlovic resta in gestione sulla pressione di un avversario che palesa in modo evidente quello che è stato per tutta la stagione il suo peccato originale e la causa principale di questa retrocessione: la sterilità dell’attacco. Un esempio: Yeboah arriva quattro volte al limite dell’area ospite nei primi diciotto minuti di gioco, ma perde sempre l’attimo per calciare. La squadra di Blessin difende con ordine, ma anche il rinnovato reparto arretrato del Bologna tiene bene il campo. Sino a metà del primo tempo è, insomma, una partita bloccata e piuttosto noiosa: il Genoa sviluppa bene il gioco sulla sinistra - Aebischer si prende l’ammonizione per fermare un affondo di Amiri partito proprio da quella parte - e proprio sulla punizione successiva (27’) Hernani calcia forte, ma centrale. Bardi, attento, blocca. Alla mezzora, risveglio ospite: De Silvestri ci prova due volte, il riflesso di Semper è decisivo. Gli ospiti insistono: Dominguez calcia, Vasquez devia in angolo.

SI CAMBIA — Dopo l’intervallo, Blessin e Mihajlovic provano a dare più vigore a un gioco sino a quel momento poco produttivo: il vivace Melegoni e Frendrup sostituiscono Portanova e Galdames, ma il modulo non cambia. Nel Bologna, spazio ad altri due giovani, Urbanski e Stivanello (quest’ultimo al debutto: lotta alla pari con Yeboah), fuori Schouten e Dijks. Ma non c’è il cambio di ritmo tanto atteso. Blessin perde Amiri infortunato, e rilancia Cambiaso, ma è Barrow che riesce a portare in vantaggio il Bologna al 66’. Un mix fra freddezza, intuito e buona sorte, perché il pallone del gambiano dalla sinistra carambola su Hernani (tagliando fuori dal recupero Ostigard e Vasquez) e si trasforma in un assist perfetto per sè stesso: diagonale preciso e gol. La squadra di Blessin ha un sussulto: Yeboah impegna Bardi, Frendrup (40’) prende il palo dalla distanza, poi Mihajlovic lancia fra i pali il deb Bagnolini (classe 2004) nei minuti finali. Finisce 1-0 per gli ospiti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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22/05/2022 08:14

L'Empoli gela l'Atalanta:
dopo cinque anni Gasp resta senza Europa



I nerazzurri hanno sfiorato il gol più volte e colpito un palo con Boga.
Nel finale la rete-beffa di Stulac, ma la Dea è uscita dal campo tra gli applausi.
L'omaggio dei tifosi a Ilicic


Marco Guidi

Dopo cinque anni, l’Atalanta resta fuori dall’Europa. A certificarlo è la sconfitta, l’ennesima al Gewiss, per 1-0 contro l’Empoli. Vincere non sarebbe comunque servito a nulla, visto che la Fiorentina in contemporanea ha sconfitta la Juventus. Ma ecco, chiudere in bellezza una stagione sotto le aspettative sarebbe stata una piccola consolazione. Non è andata così. "Un’altra stagione è passata, la maglia è stata sempre sudata: grazie ragazzi". Il messaggio della curva Nord assolve in toto la squadra di Gasperini. Ma da domani in casa Atalanta si comincerà a pensare al futuro, senza coppe davanti, ma con un progetto da migliorare.

LA PARTITA — Orfano di Muriel infortunato e Malinovskyi squalificato, Gasperini in attacco rilancia dal 1’ contemporaneamente Zapata e Boga, con Pasalic alle loro spalle. Andreazzoli non ha bomber Pinamonti e concede una vetrina alla coppia La Mantia-Cutrone, con Henderson e non Bajrami nel ruolo di trequartista. Ti aspetti un’Atalanta arrembante e invece è il palleggio dell’Empoli a farsi apprezzare in avvio. I toscani arrivano così a calciare ben tre volte verso la porta di Musso nei primi 8’ (Musso blocca su Henderson e Cacace, Cutrone col destro mira largo). Quando però la Dea riesce finalmente a occupare la metà campo altrui, Vicario deve iniziare a lavorare di gomito. Il portiere nel giro di un minuto prima vola sul colpo di testa di Zapata, quindi si distende bene sul tentativo dalla distanza dello stesso colombiano. Le occasioni fioccano, i nerazzurri non sono nemmeno fortunati: al 20’ Zappacosta a botta sicura, su pregevole assistenza di Zapata, colpisce in pieno Boga a pochi metri dalla porta. L’ivoriano prova a riscattarsi poco dopo, ma Vicario alza in corner la sua conclusione a giro. Il portiere si ripete intorno alla mezzora su Koopmeiners. Insomma, il primo tempo si trasforma in un tiro al bersaglio. E a chiuderlo è un altro diagonale di destro di Zapata allungato in angolo dal solito Vicario.

SORPRESA — Non che la seconda frazione parta in modo differente. Andreazzoli inserisce Bajrami per La Mantia, ma la musica resta quella e a suonare è sempre l’Atalanta. Al 6’ Koopmeiners a giro col sinistro: Vicario smanaccia in tuffo. Al 10’ è il turno di Boga, dopo una fitta e interminabile rete di passaggi al limite dell’area: bel tiro dai 16 metri, palla sulla traversa. Non vuole entrare e Gasperini prova allora a rimescolare le carte. Dentro Pessina per Hateboer, Zappacosta va a destra, Boga a tutta fascia a sinistra, Pasalic da seconda punta e il nuovo entrato da trequartista. I cambi azzeccati sono però quelli dall’altra parte. In particolare quello di Stulac, che al 34’ con un’esecuzione perfetta dai 20 metri lascia di sasso Musso. Erano già 5-10’ che l’Empoli metteva il muso fuori dalla sua metà campo, in realtà, dopo quasi un’ora di assedio Dea. Che continua a provarci, con meno lucidità, anche sotto di un gol: Vicario di piede dice no a Zapata.

CHI SI RIVEDE — Al 38’, riecco Josip Ilicic. Quattro mesi e mezzo dopo, lo sloveno rimette piede sul campo del Gewiss. E già vederlo sorridere è una bella notizia. Forse sarà l’ultima volta a Bergamo ("Grazie di tutto Ilicic", recita lo striscione esposto dalla Nord a fine gara, con Josip a dispensare saluti a destra e manca), ma sapere che il peggio potrebbe finalmente essere alle spalle fa felici tutti. A cominciare dai tanti tifosi con la maglietta numero 72, che hanno iniziato a chiamarlo dagli spalti nel torello pre-partita con le riserve. La favola a lieto fine vorrebbe che Ilicic segni e l’Atalanta vada in Europa, ma questa stagione nerazzurra è da almeno cinque mesi amara. Anche perché Vicario para veramente tutto sino alla fine e la Fiorentina nel frattempo batte la Juve. Così, per la prima volta nell’era Gasp, la Dea arriva ottava e resta fuori dall’Europa. Anche se tutto lo stadio invoca il suo allenatore, invitandolo a restare con cori ad personam. Parola alla società.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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22/05/2022 08:19

Duncan-Gonzalez: il 2-0 alla Juve
manda la Fiorentina in Europa.
Allegri, ottavo ko



Battendo i bianconeri i viola chiudono al settimo posto in
classifica che vale la qualificazione alla Conference League.
La Signora saluta l’ultima partita di Chiellini, Dybala e Bernardeschi


Luca Bianchin

I tifosi della Fiorentina dalle 22.30 hanno un desiderio per una vacanza a giugno 2023: tre giorni a Praga per la finale di Conference League. L’ultima di campionato doveva dare un verdetto in zona Europa ed eccolo, è il più atteso: la Fiorentina batte 2-0 la Juventus con gol di Duncan e rigore di Nico Gonzalez, chiude davanti all’Atalanta e si qualifica per la coppa più piccola, che in questi giorni di euforia romanista piace a tutti. La partita è stata emozionante per i tifosi viola ma no, non bella: Fiorentina buona, Juve spenta e francamente bizzarra, con De Ligt terzino destro per mancanza di alternative – avrebbe forse potuto giocare Aké? -, Chiellini agli ultimi 45 minuti di calcio italiano e Miretti nella peggiore serata della sua carriera tra gli adulti.

I DUE GOL — I gol alla fine dei due tempi, giusto in tempo. Minuto 45: Bonaventura, in area tra Miretti e Bonucci, fa uno degli assist più originali della sua vita – da terra, quasi sdraiato – e Duncan, che non ha i piedi di Dybala, calcia all’incrocio col sinistro. Minuto 90: fallo di Bonucci su Torreira, entrato da poco, e rigore di Gonzalez. Per la Juve, è desolante il conto dei tiri in porta: zero in porta, zero fuori. Sembra il video che va di moda sui social, con Morata che fa zero tiri in porta ai videogiochi e scherza: “Il mister sarebbe fiero di noi”.

FIRENZE SI ESALTA — Che partita è stata? Un po’ da vecchio calcio d’agosto: ritmo basso, tanti errori, giocate di qualità pochine, sicuramente più per la Fiorentina. Nel deserto di emozioni, qua e là, sono spuntate occasioni da gol. Bonaventura ne ha messe insieme due tra il 20’ e il 27’ e il risultato è stato una fotocopia. Prima ha deviato in angolo De Ligt, poi Chiellini ha fatto lo stesso. Nel secondo tempo, appena meglio: un tiro alto di Nico Gonzalez e un cross ancora suo, dell’argentino col 22, su cui Rugani ha salvato la Juve. La Fiorentina però ha tenuto la partita in mano sempre, ha lottato come doveva, è piaciuta. Il pubblico, esaltato dal gol di Stulac a Bergamo, infatti si è divertito, ha cantato e fischiato Vlahovic quanto basta. Per Chiellini, purtroppo, un coro volgare su mamma e papà. Applausi per l’ultima in Serie A, nessuno.

MORATA SALUTA — La partita per la Juve contava il giusto – diciamo pure nulla – ma la chiusura è stata triste come l’annata. Squadra spenta, in grande difficoltà a palleggiare, che riparte da lontano e mai arriva vicino all’area avversaria. Una piccola sintesi della stagione. Le scusanti di Allegri si chiamano motivazioni e assenze: niente Danilo, Vlahovic fuori per 75 minuti per evitare l’ammonizione da diffidato, Cuadrado e Morata con problemi fisici. I primi cambi sono stati Pinsoglio – classico omaggio allegriano al terzo portiere – e Rugani, il terzo Aké. Chiaro, no? Più malinconico di questo, solo il saluto di Morata, che alla fine è andato da solo ad applaudire la curva ospiti. Un segnale molto chiaro su dove dovrebbe portarlo l’estate.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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22/05/2022 08:22

Sei gol e spettacolo all'Olimpico:
Lazio e Verona chiudono con un pari

Veneti in fuga con Simeone e Lasagna, poi Jovane Cabral,
Felipe Anderson e Pedro ribaltano la partita,
prima del definitivo pari di Hongla


Nicola Berardino


Sotto la spinta dei 55mila dell’Olimpico la Lazio incassa contro il Verona quel punto che serviva per blindare il quinto posto solitario, anticipando la Roma in classifica, dopo che il pareggio contro la Juventus aveva dato la qualificazione in Europa League. Ma contro la squadra di Tudor è stata una gara in salita. Veneti sul doppio vantaggio già dopo 14 minuti. Ai gol di Simeone e Lasagna hanno replicato subito Cabral e Felipe Anderson, gran trascinatore dei biancocelesti. Nella ripresa, lo squillo di Pedro ha illuso la Lazio, ma poi Hongla ha fissato il 3-3 definitivo. Prova di carattere del Verona di Tudor, che è riuscito a far suo il record in reti in A (65 in totale) strappato alla squadra di Mandorlini del 2013-14, che conserva però quello dei punti.

QUATTRO GOL IN 29' — Infortunati Immobile e Luis Alberto, squalificato Patric, Sarri riporta Luiz Felipe al centro della retroguardia da centrale, con Basic da interno e conferma Cabral da centravanti. Causa la squalifica di Gunter, Tudor inserisce Coppola da centrale, completando il reparto arretrato con Sutalo al posto di Casale (parte dalla panchina il difensore inseguito dalla Lazio). Rivoluzionata la mediana rispetto alla gara col Torino, entrano Faraoni, Hongla e Veloso. Tra i pali prima da titolare in A per Berardi, ex Primavera della Lazio. La partita entra subito nel vivo: al 6’ il Verona sblocca il risultato. Incursione di Faraoni sulla destra, cambio di fronte e Lazovic crossa per il colpo di testa perentorio di Simeone, che firma la sua ottava rete alla Lazio. I biancocelesti cercano di reagire subito. Di poco a lato un tocco a rete di Cabral. Pericoloso anche Luiz Felipe (fuori). Efficace il pressing dei veneti a metà campo. Lazio frenata in fase di costruzione. E 14’ arriva il raddoppio dell’Hellas. Incursione di Lasagna e sinistro fulminante dalla distanza che carambola sui due pali prima di finire nel sacco. La Lazio non si abbatte. E due minuti dopo accorcia le distanze con Cabral, sulla traiettoria deviazione di Sutalo: primo gol di un capoverdiano in A. La formazione di Sarri insiste. E al 29’ raggiunge il pareggio. Si fa largo in area Felipe Anderson. Un rimpallo tra i difensori avversari lo favorisce e il brasiliano infila Berardi. Gara intensissima. Tudor avvicenda Sutalo con Casale per riequilibrare la difesa. La partita procede a gran ritmo. Caprari e Hongla da una parte, Basic dall’altra tentano la via della rete. All’intervallo sul 2-2.

DA PEDRO A HONGLA — Nella ripresa, il Verona si presenta con Tameze al posto di Ceccherini. Nella Lazio debutto stagionale per Kamenovic che rileva Luiz Felipe. Ed al 2’ Sarri deve far entrare Pedro per Zaccagni che accusa fastidi muscolari. Milinkvoic insidioso: tris di occasioni di fila per segnare. Al 17’ il gol del sorpasso della Lazio. Da Pedro per Felipe Anderson che calcia a rete. Sulla respinta di Berardi si avventa Pedro che firma il 3-2. Al 25’ Bessa avvicenda Simeone. Al 27’ nella Lazio escono Cataldi e Cabral per Leiva e Romero. Strakosha è bravo a sventare i tentativi di Caprari e Lasagna. Al 31’, difesa laziale in controtempo su un’incursione di Hongla che poi chiude a rete sul passaggio di Lazovic dal fondo e riporta il risultato in parità. Basic cede il poto ad Akpa Akpro. Ritmi sempre elevati. Nuova chance per Milinkovic. Al 37’ palo di Acerbi. Ultimi cambi nel Verona: Caprari e Hongla sostituiti da Dawidowicz e Depaoli. Chiusura con entrambe le squadre a caccia del gol. Cinque minuti di recupero. Finisce 3-3 tra gli applausi dell’Olimpico.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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22/05/2022 15:32

Il Napoli chiude con un tris scintillante,
Spezia al tappeto ma felice

La squadra di Spalletti segna tre gol nel primo tempo,
liguri comunque soddisfatti per la salvezza.
Sfida interrotta al 12' per disordini tra tifosi sugli spalti.
Ultima partita per Insigne con i partenopei


Maurizio Nicita


Il calcio che non ti aspetti, in una domenica che poteva e doveva essere di festa. Ma vecchie ruggini fra ultrà delle opposte tifoserie hanno fatto degenerare la situazione con partita sospesa per oltre 10 minuti al 12’ del primo tempo. Si è capito che tirava una brutta aria all’ingresso nella Curva Piscina degli ultrà del Napoli. Cori beceri, violenti e provocatori subito ricambiati. Il tutto era cominciato già almeno mezz’ora prima della gara sul viale Garibaldi, nei pressi dello stadio stadio, c’erano stati degli scontri fra tifosi del Napoli su due pulmini e gruppetti locali. La Polizia in qualche modo sedava gli scontri che diventavano la miccia poi per quanto accade dentro. Perché nella curva Piscina si passa dai cori alle vie di fatto. Nel settore diviso fra napoletani e spezzini comincia un pericoloso lancio di fumogeni. Poi qualche ultrà del Napoli scavalca la balaustra per cercare lo scontro fisico a colpi di bastoni. L’arbitro Marchetti sospende la gara mentre l’intervento delle forze dell’ordine è tardivo. Inoltre dalla Curva Ferrovia, quella degli ultrà spezzini, qualcuno invade il campo per cercare lo scontro fisico nel lato opposto. Si fatica a ritrovare la calma. I giocatori del Napoli intervengono per calmare i propri tifosi. Ma la partita rimane sospesa per una decina di minuti. Poi il responsabile dell’ordine pubblico, il funzionario della Digos, Cariola, dice all’arbitro che si può ricominciare. Mentre dalle curve continuano insulti e provocazioni, intolleranza è razzismo la fanno da padrona. Ora si spera che il deflusso dallo stadio non porti ad altri scontri.

LA PARTITA — Ha poca storia. Nel senso che lo Spezia è troppo rilassato dopo aver festeggiato la salvezza, mentre il Napoli che Spalletti ridisegna per l’occasione, ha diversi giocatori che in campo ci tengono a far bella figura. E così dopo 4’ azione a percussione di Politano che fa trenta metri palla al piede e conclude di sinistro senza nessuno che lo contrasti efficacemente. Dopo la sospensione, subito raddoppio con Petagna a far da pivot per smarcare al tiro Zielinski, in rete di sinistro. Poco dopo è Demme a togliersi lo sfizio del gol, ma il palleggio in piena area fra il tedesco e Petagna diventa imbarazzante per la difesa dello Spezia. Manaj realizza di testa, ma è in fuorigioco. Nella ripresa ci prova di più lo Spezia ma Koulibaly e compagni ci tengono a chiudere il torneo con la difesa meno battuta della Serie A. E il Napoli ci riesce grazie alle imprecisioni di Manaj (che colpisce anche una traversa) e a un’ottima parata dell’esordiente Marfella su Salcedo. Bene anche l’altro portiere anche lui alla prima A, perché il bosniaco Zovko esce bene di piede fuori area su Osimhen, entrato nel finale. Si chiude 0-3 ma il calcio sarebbe un’altra cosa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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