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Campionato di calcio di Serie A 2015/2016

Ultimo Aggiornamento: 22/05/2016 00:34
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29/09/2015 00:02

SERIE A 2015/2016 6ª Giornata (6ª di Andata)

26/09/2015
Roma - Carpi 5-1
Napoli - Juventus 2-1
27/09/2015
Genoa - Milan 1-0
Bologna - Udinese 1-2
Sassuolo - Chievo 1-1
Torino - Palermo 2-1
Verona - Lazio 1-2
Inter - Fiorentina 1-4
28/09/2015
Frosinone - Empoli 2-0
Atalanta - Sampdoria 2-1

Classifica
1) Fiorentina e Inter punti 15;
3) Torino punti 13;
4) Sassuolo e Lazio punti 12;
6) Roma, Chievo e Atalanta punti 11;
9) Sampdoria punti 10;
10) Napoli e Milan punti 9;
12) Palermo punti 7;
13) Udinese e Genoa punti 6;
15) Juventus punti 5;
16) Frosinone e Empoli punti 4;
18) Verona e Bologna punti 3;
20) Carpi punti 2.

(gazzetta.it)
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03/10/2015 23:42

Carpi-Torino 2-1. Autogol di Padelli, gol di Matos, rigore di Maxi Lopez

Esordio di Sannino con una vittoria, Ventura perde l'occasione di vivere una notte da capolista.
I gol tutti nella ripresa: sblocca un autogol di Padelli dopo 10',
raddoppio di Matos e poco dopo Maxi Lopez accorcia su rigore.
E' il primo successo degli emiliani in A


Altro che una notte da solo in testa alla classifica: il Torino inciampa in un atteggiamento troppo diverso da quello che l’aveva portato a respirare l’aria di lassù, ancora prima che nei suoi moltissimi (otto) assenti, e dà coraggio ad un Carpi che aveva già provato a darsene da solo, alla prima partita con il neo tecnico Sannino in panchina. Risultato: prima vittoria assoluta per gli emiliani, con un 2-1 che ha premiato una maggior compattezza difensiva rispetto alle prime partite (due gol e mezzo incassati a partita) e il coraggio di attaccare più e meglio il Toro nella ripresa.


LE SCELTE — Sannino aveva scelto un ingresso morbido, senza stravolgere per ora scelte e lavoro fatti da Castori: il sistema di gioco resta il 3-5-2, le due novità a livello di uomini sono il portiere Belec (risolto così il dilemma Benussi-Brkic, che tanti problemi aveva creato al predecessore) e Martinho, che il tecnico ebbe con lui a Catania, scelto al posto di Lollo, peraltro indisponibile come Romagnoli. L’inedito tattico è che al centro della difesa va Zaccardo, finora sempre sul centrodestra, con Bubnjic e Gagliolo al suo fianco. Ventura, con gli otto assenti che si ritrova, non ha granché da sbizzarrirsi: a parte in attacco, dove la coppia Quagliarella-Maxi Lopez però è collaudatissima, le sue scelte sono praticamente obbligate e l’unica semi-sorpresa è il recupero di Gazzi, che dunque sta davanti alla difesa, con Benassi e Vives interni e Acquah in panchina. Sulla fascia sinistra, data l’assenza di Avelar (infortunato) e Molinaro (squalificato, come Obi), viene adattato Gaston Silva.


IL VECCHIO DIFETTO — E proprio sulle fasce a Ventura è mancata, soprattutto ad inizio partita, la spinta che rappresenta di solito uno dei punti di forza. Di fronte ad un Torino così sulle sue il Carpi ha giocato quasi mezzora da aspirante padrone della partita, con il consueto moto perpetuo sulla trequarti di Matos, più assistito del solito da Fedele e Martinho: al brasiliano è mancato il colpo vincente due volte, sempre su cross di Fedele, con due colpi di testa mai indirizzati in porta con la necessaria cattiveria. La prima scossa ad un Toro fin troppo attendista l’ha data Gaston Silva, al 24’, con un tiro dalla distanza respinto con qualche difficoltà da Belec. A quel punto il Carpi è ricaduto nel vecchio difetto di abbassarsi troppo, consentendo ai granata di ritrovare coraggio e di prendere 20-30 metri di campo, appoggiandosi in particolare sui movimenti di Maxi Lopez. E proprio l’argentino, giocando su qualche incertezza di Bubnjic, per due volte (29’ e 37’) ha cercato la porta, andando molto vicino al gol con la seconda girata, finita poco lontano dal palo alla sinistra di Belec.

TUTTO PER TUTTO — Nell’intervallo il Carpi ha capito che era il momento di giocarsi il tutto per tutto. Quello che ha fatto al 10’ Gabriel Silva, che di destro ha cercato la porta e ha trovato la fortuna di far carambolare il suo tiro prima sul palo e poi sul corpo di Padelli. E’ stato solo a quel punto che il Torino, anche grazie agli ingressi di Acquah e Belotti, ha provato a mettere il Carpi con le spalle al muro, esponendosi però al pericolo del suo gioco di rimessa. E proprio con un mezzo contropiede il Carpi ha raddoppiato al 27’, con un colpo di testa di Matos che è andato a raccogliere uno splendido assist di Borriello. Tempo un minuto e il Torino si è regalato la possibilità di credere ancora nell’ennesima rimonta, ancora grazie a Maxi Lopez che è andato a cercarsi un rigore (fallo di Bubnjic), poi trasformato. Ma anche il 3-4-3 finale, con Martinez, non ha concretizzato gli ultimi sforzi: il Carpi si è chiuso molto e bene lasciando Lasagna unica punta e l’ultima chance per i granata, una girata di Benassi, era troppo centrale per preoccupare Belec.

Andrea Elefante

Fonte: gazzetta
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03/10/2015 23:45

Chievo-Verona 1-1: Castro risponde a Pisano, il derby finisce in parità

L'Hellas sblocca in fuorigioco, l'argentino rimedia di testa su cross di Gobbi:
rimandata la prima festa in campionato di Mandorlini, ancora a secco di vittorie


Finisce come a maggio. In parità. Il Chievo sale ancora più in alto, a quota 12, e aggancia per una notte Lazio e Sassuolo, il Verona muove la classifica e conquista il quarto pareggio in sette partite rimandando ancora una volta l'appuntamento con la vittoria. Il punto, però, gli consente di staccarsi dall'ultimo posto dove resta il Bologna. Non è tanto, ma per chi deve fare i conti con gli infortuni delle due punte di riferimento e deve giocare contro una squadra che spinge a tutta fino alla fine non è poi così male. Sul pareggio, che è giusto, ci sarà però l'ovvia coda di proteste da parte del Chievo perché il gol del vantaggio dell'Hellas, firmato da Eros Pisano, è in fuorigioco.


PRIMO TEMPO — Mandorlini si arrangia con quel che ha. L'atteso Pazzini non è il caso di portarlo neppure in panchina e così si accomoda in tribuna con l'amico Luca Toni. Ma parte ugualmente bene il Verona con la spinta a sinistra di Souprayen e Jankovic anche se il tecnico dell'Hellas si copre subito abbandonando l'amato 4-3-3 per mettersi a 3 dietro con Sala e soprattutto Souprayen che pendolano sulle fasce a dannarsi. Juanito Gomez e Jankovic hanno il compito di fare i guastatori davanti, ma l'unico problemino per Bizzarri arriva da una percussione di Viviani (15') che si inserisce al centro e tira bene costringendolo a deviare in angolo. Il Chievo risponde tre minuti dopo allo stesso modo, con un gran siluro da 30 metri di Rigoni che trova Rafael pronto alla deviazione in angolo. Stessa cosa fa Birsa al minuto 19 e ancora Rafael risponde alla grande in angolo. Sono gli unici spunti, tutti personali, di un primo tempo in cui la paura sembra prevalere. Solo Birsa pesca bene Paloschi che, però, non riesce a tirare al volo, così come Gomez viene anticipato da Cesar quando Sala prova l'unico servizio da destra.


SECONDO TEMPO — Dopo l'intervallo il Verona parte bene: ha due occasioni, soprattutto la seconda quando Hallfredsson pesca Gomez che sbaglia il controllo. Dura poco perché il Chievo spinge e comincia a schiacciarlo senza farlo mai uscire dalla sua metà campo. Maran butta dentro Pepe per Birsa e c'è più dinamismo, ma è Gobbi che, trovando l'uno-due con Paloschi, costruisce una gran palla gol ma poi calcia male. È il segno del destino che sta per arrivare beffardo. Dopo un palo su tiro-cross di Hetemaj (17' s.t.), Gamberini accusa un dolore alla coscia e chiede il cambio: entra Cacciatore. Sulla conseguente punizione di Viviani, diretta sul secondo palo, Moras sfiora di testa e Pisano, ingannando Bizzarri, ma in fuorigioco, regala il vantaggio insperato all'Hellas proprio sotto la curva occupata dai tifosi in festa. Ma il Chievo non si arrende mai e Mandorliini lo capisce inserendo anche Bianchetti: trova energie, non merita la sconfitta, Gobbi spinge a tutta e mette palloni dentro. Il più invitante è per Castro che sale sopra Souprayen e colpisce di potenza di testa. 1-1. Poteva raddoppiare il Verona proprio con Souprayen, poteva farlo il Chievo (che ci prova fino alla fine) con Rigoni che trova ancora Rafael in vena di miracoli. Ma l'ultimo miracolo è di Bizzarri che su un tiro velenoso di Hallfredsson trova la deviazione ancora più velenosa di Cesar e con un colpo di reni mette in angolo. Finisce pari. Giusto così.

Francesco Velluzzi

Fonte: gazzetta
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04/10/2015 15:27

Empoli-Sassuolo 1-0: Maccarone decide nel finale

I toscani giocano meglio, imbrigliano la squadra di Di Francesco che perde l'imbattibilità dopo 11 giornate.
Decisivo Big-Mac, espulso al 90' Zielinski per doppia ammonizione



L'Empoli ritrova il gol e il successo, meritatissimo, grazie a Maccarone, che batte Consigli nei minuti finali di una sfida che aveva visto i toscani padroni del campo fin dall'avvio contro il Sassuolo. Nonostante le assenze e gli infortuni, Buchel, Diousse e Laurini hanno dovuto lasciare il campo per problemi fisici, il 4-3-1-2 dell'Empoli non ha mai lasciato spazio al 4-3-3 degli avversari, capaci di scagliare il loro primo tiro verso la porta di Skorupski soltanto al 20' del secondo tempo. La manovra, precisa e rapida dei padroni di casa, però, finiva sempre nell'imbuto centrale, dove si esauriva quasi sempre. Così per il Sassuolo i pericoli veri e propri sono stati pochi: un tiro impreciso di Maccarone nel primo tempo, due conclusioni di Zielinski poco potenti e una grande occasione creata da Maccarone e Pucciarelli per Krunic, che, da solo davanti a Consigli, ha concluso a lato.

IMPARABILE — Proprio quando il Sassuolo era riuscito a equilibrare la sfida dal punto di vista del predominio territoriale, rendendosi pericoloso con un tiro di Floro Flores, è arrivato il gol decisivo: su angolo di Zielinski, Maccarone ha anticipato Terranova e ha battuto Consigli con un colpo di testa imparabile. Nonostante l'espulsione di Zielinski, per somma di ammonizioni, il Sassuolo non è neppure riuscito a organizzare una reazione davvero insidiosa. Di Francesco ha dovuto rinunciare a Berardi per un problema accusato durante gli esercizi di riscaldamento. Lo ha sostituito fin dall'avvio del match Politano.

Alessio Da Ronch

Fonte: gazzetta
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04/10/2015 17:46

Palermo-Roma 2-4: Gervinho rilancia Garcia,
ma la difesa si complica la vita

Apre Pjanic, raddoppia Florenzi, terzo gol dell'ivoriano,
poi la reazione dei rosanero che si portano sul 2-3 in recupero.
Chiude con la seconda prodezza il pupillo del tecnico



L'equilibrio per rialzare la testa. Garcia stavolta riparte dalle note liete dell'ultima disfatta, quella in terra bielorussa, e va alla conquista di Palermo con la stessa identica formazione che nel secondo tempo di Borisov ha sfiorato la clamorosa rimonta. Così la Roma espugna il Barbera in meno di mezzora, grazie alle reti di Pjanic, Florenzi e Gervinho nei primi 45' ed ancora Gervinho nel finale. Dall'altra parte, invece, la quarta sconfitta consecutiva mette a serio rischio la panchina di Iachini per il futuro della stagione. Il tecnico rosanero sbaglia formazione nei primi 45' e si riprende nella ripresa, con l'inserimento di Gilardino che dà più sostanza e riferimenti all'attacco dei padroni di casa. Ma non basta.

MONOLOGO GIALLOROSSO — Garcia dunque conferma Torosidis a destra per dare sostanza in fase difensiva, sposta Florenzi tra i trequartisti e mette Pjanic e Nainggolan in mediana a non pestarsi i piedi. Iachini, invece, lascia fuori a sorpresa Gilardino e disegna un attacco con Hiljemark come trequartista e Vazquez di punta, al fianco di Trajkovski. In realtà non c'è neanche il tempo di respirare che la Roma è già avanti con una bella combinazione Pjanic-Florenzi-Pjanic, con il tocco morbido decisivo del bosniaco su Sorrentino. Due minuti dopo il Palermo potrebbe addirittura pareggiare, ma Vazquez spreca a porta vuota dopo uno svarione difensivo della coppia Manolas-Szczesny. Così arriva il 2-0 giallorosso, con Florenzi fortunato a ricevere palla su tiro svirgolato di Pjanic e bravo a bruciare Sorrentino da posizione centrale. La partita di fatto finisce qui, perché il Palermo non ha le forze per rialzarsi e la Roma trova lo spartito che più le piace, quello delle ripartenze. Così Gervinho prima mette paura due volte alla retroguardia rosanero, poi signa il 3-0 al 27': uno contro uno su Gonzalez, taglio orizzontale e destro a giro sotto l'incrocio. Due minuti dopo il Palermo potrebbe riaprire la partita, ma il colpo di testa di Vazquez si stampa sulla traversa. Così c'è ancora tempo per un miracolo di Sorrentino in uscita su Nainggolan, ad un soffio dal 4-0.

LA REAZIONE ROSANERO — Nella ripresa Iachini manda dentro Gilardino e passa al 4-3-2-1, con Vazquez e Trajkovski alle sue spalle e Hiljemark spostato a mezzala. A rendersi pericolosa però è ancora la Roma, prima con Digne e poi con Salah. Il Barbera comincia a spazientirsi, è la miccia giusta. Al 13' Vazquez pennella infatti un pallone d'oro per Gilardino, che di classe manda a vuoto De Rossi ed insacca il pallone delle speranze rosanero. Allora ci prova Lazaar da lontano, ma con scarse velleità. Così Garcia corre ai ripari e lancia Emerson (all'esordio assoluto), ridisegnando la Roma con un 4-4-2 (il brasiliano e Florenzi esterni, Salah e Gervinho di punta). Gilardino mette ancora paura a Szczesny di testa, Gervinho cerca l'eurogol di tacco colpendo la traversa, ma non sarebbe valso a nulla perché l'ivoriano era in fuorigioco. Garcia si difende ancora di più inserendo Gyomber come esterno destro di centrocampo. Al 46' Gonzalez riapre la partita di testa su cross di Quaison, ma un minuto dopo è Gervinho a chiudere i conti su assist di Gervinho. Finisce così, con la Roma che torna a respirare e il Palermo a chiedersi come andare avanti.

Andrea Pugliese

Fonte: gazzetta
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04/10/2015 17:50

Sampdoria-Inter 1-1: sblocca Muriel, pareggia Perisic. Un punto per Mancini

Il primo gol in campionato del croato salva i nerazzurri che dormono per un'ora,
si svegliano tardi e chiedono un rigore nel finale


Alla fine l’1-1 va anche bene all’Inter che per oltre un’ora soffre la Sampdoria pungendo poco in avanti e pagando troppa macchinosità in difesa. I gol sono tutti nel secondo tempo. Prima Muriel, a inizio ripresa, poi Perisic nel cuore del secondo tempo.

LE SCELTE — L’Inter cambia poco pelle contro la Sampdoria presentandosi con il 4-3-1-2 che aveva fatto bene nelle prime cinque giornate. Medel rimane in difesa al fianco di Murillo, Guarin si tiene l'interno destro della mediana, Perisic fa lo scotch tra centrocampo e attacco allargandosi per natura spesso a sinistra. Davanti ci sono Icardi e Palacio (bocciato ancora Ljajic). Walter Zenga, invece, maschera molto il 4-3-3 cartaceo chiedendo a Eder e Correa di guardare un po’ più spesso gli specchietti retrovisori. Si spiega così il perché i doriani molte volte appaiono vestiti a cinque in mezzo.


CORREA, COSA FAI ? — Il taccuino del primo tempo si riempie senza soluzione di continuità. E lo si deve in gran parte alla Sampdoria molto più brillante e scattante dell’Inter. Soriano e Zukanovic in meno di un giro d’orologio mettono in testa ai nerazzurri il tarlo dell’insicurezza. Qualche minuto e la situazione si assesta con una girata di Icardi e una conclusione di Palacio che equilibrano il pomeriggio. Le fiammate doriane però fanno più male e sono meglio costruite. Correa da lontano testa ancora i riflessi di Handanovic mentre dal corner seguente Mesbah ed Eder sistemano un altro mattoncino nella casa blucerchiata. È nella seconda parte della frazione che arriva il meglio e il peggio un po’ di tutti. L’Inter soffre le continue ripartenze della Samp, più abile a rivoltare il calzino di quanto i nerazzurri lo siano nel rimettersi a posto. Viviano spegne Palacio al 25’ e cinque minuti dopo Guarin grazia il portiere girando alto una palla data da Kondogbia a quattro metri dalla linea di porta (difesa doriana di sasso). Al 38’ la perla del pomeriggio. Soriano mette Correa davanti Handanovic in corsa, l’argentino supera il portiere con un po’ di fortuna e poi a porta vuota spara a lato. Più difficile sbagliare che segnare. Il primo tempo finisce così, con la sensazione di un’Inter marmorea ma nel senso di poco mobile, non di solida.


PARI SOFFERTO — Non basta all’Inter passare indenne la prima frazione di gioco. La struttura non è ignifuga e dopo 5 minuti il colpo di testa di Muriel lo dimostra: il pallone esce di poco, le contromisure nerazzurre invece sono molto lacunose. Un minuto dopo succede nuovamente. Kondogbia non pressa il portatore di palla e Telles stringe troppo verso il centro, così che Pereira può crossare e pescare Muriel sul secondo palo libero dalla marcatura di Murillo e dimenticato da Medel. Spaccata, gol, estasi doriana, paura nerazzurra. Il primo cambio manciniano è Biabiany per Kondogbia. L’Inter diventa un offensivo 4-2-3-1 con Guarin e Melo davanti alla difesa, Biabiany-Palacio-Perisic dietro a Icardi. Dentro anche Manaj per Palacio, ma la prima risposta del campo è un diagonale di Muriel che scivola fuori di poco. La Samp si accovaccia in un 4-1-4-1 quando difende e l’Inter fatica a trovare aria. Il pareggio è un’azione insistita di Icardi che alla fine invece di picchiare la testa per calciare, crossa per Perisic che tutto solo deposita a porta vuota. Entra Cassano per Muriel, cambio progettato prima del gol nerazzurro. A 5’ dalla fine l’Inter chiede un rigore per fallo su Manaj, ma Rocchi concede solo l’angolo. Non succede altro, finisce 1-1. Un punto che alimenta l’orgoglio doriano e i piccoli dubbi interisti.

Matteo Brega

Fonte: gazzetta
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04/10/2015 17:53

Udinese-Genoa: Perotti su rigore riacciuffa Di Natale

Nel primo tempo è il Genoa a dominare, ma i liguri non trovano il vantaggio.
Nella ripresa l'Udinese si porta avanti con Di Natale.
Un rigore magistrale di un ottimo Perotti evita la sconfitta ai rossoblù



Finisce col risultato più giusto, perché il Genoa non meritava di perdere dopo aver mostrato a lungo il calcio migliore. L’Udinese ha sofferto molto, poi, nel finale, ha sfiorato il colpaccio: Colantuono deve ringraziare Totò Di Natale tornato al gol dopo 5 mesi e le straordinarie parate di Karnezis. Ai punti, dunque, meglio i rossoblù, che mostrano più corsa e più organizzazione.

PRIMO TEMPO — Con Perotti a sinistra nel tridente, libero di spaziare dove vuole: è proprio lui a mandare in crisi l’Udinese. Che è tenuta in piedi da Totò: lo scontro con De Maio (entrambi fuori per un paio di minuti, poi in campo con la testa fasciata dalla retina) non gli toglie lucidità: è pericoloso direttamente su angolo calciato da sinistra (21’), un quarto d’ora dopo tenta di sorprendere Lamanna con un pallonetto, ma anche stavolta il portiere rossoblù replica con bravura. Prima, in mezzo e dopo i due episodi c’è solo il Genoa, trascinato da Perotti e ispirato, venti metri dietro, da Dzemaili, autore del gol vittoria col Milan. Laxalt e soprattutto Gakpe di testa (minuto 36, angolo da sinistra del solito Perotti) impegnano Karnezis: due occasioni a testa, ma la qualità del gioco non è paragonabile, anche se l’Udinese protesta anche per un contatto in area tra Chissoko e Felipe.

CHE FINALE — Udinese in gol all’inizio del secondo tempo, con un tocco sotto misura di Di Natale che sfrutta la sponda di Felipe (De Maio e Burdisso non bene). Il Genoa si ributta in avanti, girata di Pavoletti, entrato al posto dello spendo Capel, splendida risposta di Karnezis. Poi il rigore, giusto, per un fallo di Danilo su Gakpe. Finita l’emergenza, i rossoblù tornato a macinare gioco, ma rischiano grosso nel finale: paratona di Lamanna su Marquinho, fin lì tra i peggiori e traversa colpita da Widmer di testa su angolo del solito Totò.

Guglielmo Longhi

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04/10/2015 20:42

Juventus-Bologna 3-1. Mounier illude, poi segnano Morata, Dybala e Khedira

Gol, assist e rigore procurato per lo spagnolo.
Prima vittoria in casa in campionato per i bianconeri.
Mounier illude il Bologna dopo 5', emiliani ultimi



Finalmente la Juve formato Champions anche in campionato. Dopo due pari e una sconfitta, la Juventus vince per la prima volta in casa anche in Serie A (dopo il successo sul Siviglia) e regala una prestazione convincente ai suoi tifosi. E' ancora presto per parlare di risalita e crisi finita (anche perché il Bologna è ultimo in classifica), ma di sicuro il secondo successo dà una scossa alla classifica (ora la Juve è a 8 punti) e rasserena gli animi: adesso Allegri potrà lavorare con serenità durante la sosta e puntare al recupero degli infortunati Marchisio e Mandzukic.

ROSSOBLÙ AVANTI — Il vantaggio del Bologna è la solita doccia fredda che però stavolta arriva quando c'è ancora tutto il tempo per recuperare. Al quinto minuto una bella palla di Masina innesca Mounier che frega prima Chiellini e poi Buffon. Ci risiamo: è il primo pensiero che passa per la testa dei tifosi bianconeri. Però il gol del Bologna è casuale e la Juve fin da subito sembra assolutamente in grado di ribaltare la partita. Allegri conferma la formazione anti Siviglia, con Khedira al debutto in campionato, la difesa a tre (che in fase difensiva diventa una linea a quattro) e la coppia Dybala-Morata. La squadra di Delio Rossi gioca solo di rimessa, con un 4-2-3-1 che si trasforma in 4-4-2 in fase di non possesso. Da una ripartenza nasce il gol e anche l'altra unica occasione rossoblù. Per il resto si difende e basta: non ha gioco, dopo venti minuti sono già tutti dietro alla linea della palla e si capisce subito che farà fatica a resistere all'assedio bianconero.

CI PENSA MORATA — La Juve comunque gioca meglio delle ultime uscite in Serie A, Cuadrado è un moto perpetuo, Pogba pare più voglioso del solito (anche se poi cala nella ripresa) e la coppia Morata-Dybala ha una buona intesa. In più Khedira conferma di essere un recupero prezioso a centrocampo. Così in poco più di 40 minuti la squadra di casa ribalta il risultato e in tutte e due le reti ci mette lo zampino Morata. Prima segna l'1-1, di testa come la rete al Siviglia in Champions (33' del primo tempo), su assist di Khedira (sporcato da Gastaldello), poi si procura il rigore del 2-1 (6' del secondo tempo) trasformato da Dybala: fallo di Ferrari sullo spagnolo e gara rimessa in piedi. Ma la furia rossa Alvaro (che esce tra gli applausi) non si ferma qui: fa anche l'assist per il 3-1 di Khedira, anche lui a segno di testa (18'). E avrebbe potuto fare anche di meglio se non si fosse divorato un gol a pochi secondi dall'inizio della ripresa, ciabattando dopo una bella cavalcata di Cuadrado. Il Bologna in realtà si era già arreso dopo l'1-1: nel secondo tempo è non pervenuto, come se si aspettasse di finire infilato. Nessun tiro in porta, atteggiamento da vittima sacrificale. I rossoblù restano ultimi da soli: per strappare punti alle grandi ci vuole un atteggiamento ben diverso. Da segnalare negli ultimi minuti il ritorno in campo di Asamoah: primo assaggio di campo per lui in questa stagione, dopo il tribolato recupero dall'operazione al ginocchio del dicembre scorso..

Fabiana Della Valle

Fonte: gazzetta
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04/10/2015 20:45

Lazio-Frosinone 2-0, Keita e Djordjevic fanno volare l'Aquila al secondo posto

Quinta vittoria per gli uomini di Pioli, contro un Frosinone molto tosto. Infortunio per Marchetti.
Traversa degli ospiti con Blanchard



Un bel gol di Keita e un colpo di Djordjevic consegnano i tre punti alla Lazio che devo però attendere sino al 35’ della ripresa per sbloccare la partita. Terza vittoria di fila in campionato per la squadra di Pioli (nel mezzo anche il successo col Saint-Etienne in Europa League). Storica prima volta per il Frosinone all’Olimpico (4 mila tifosi al seguito): la formazione di Stellone deve arrendersi dopo una gara giocata con grande tenacia.

ASSALTO SENZA GOL — Pioli riattiva il 4-3-3. In difesa, torna Hoedt al posto dello squalificato Mauricio. A metà campo, Cataldi viene preferito a Milinkovic che parte dalla panchina, dove c’è anche Candreva, recuperato dopo tre giornate di stop. Stellone conferma il 4-4-2. Entra Bertoncini nel pacchetto arretrato per sostituire l’infortunato Diakitè. In mediana Chibsah e Gucher con Paganini e Soddimo sulle fasce. Lazio subito all’attacco. Al 6’ brividi per il Frosinone: alta la botta di Lulic. Al 10’ Leali devia un bolide di Anderson. Pochi secondi dopo fuori di poco un’incornata di Gentiletti. Sbucano i ciociari al 12’: punizione di Pavlovic smistata in angolo da Marchetti. Riparte la Lazio a gran ritmo. Al 20’ Leali esce su Djordjevic. Il Frosinone prova ad allentare la pressione avversaria ricorrendo a una buona fase di palleggio. Al 35’ tocco elegante di Kishna di pochissimo fuori. Al 37’ Berisha subentra a Marchetti che non riesce a proseguire a causa di una ferita alla zigomo sinistro rimediata al 14’ in uno scontro con Paganini. Che al 39’ impegna subito il portiere albanese con una conclusione dalla distanza. Al 45’ fuori bersaglio un diagonale di Kishna. Stessa sorte per un colpo di testa di Parolo prima dell’intervallo.

LA SVOLTA FINALE — Al rientro in campo il Frosinone mette paura alla Lazio. Dionisi spunta davanti a Berisha che si salva in angolo. La formazione di Pioli non riesce a graffiare. Pioli innesta Keita al posto di Kishna per ravvivare l’attacco mentre Konko rileva Basta (problemi alla spalla). Il Frosinone prende sempre più coraggio: al 20’ Berisha sventa un tentativo di Soddimo, sul successivo angolo traversa con una capocciata di Blanchard. Ribaltamento immediato dell’azione, Rosi salva a porta vuota su Parolo. Gara a tutto campo e in equilibrio. Problemi muscolari per Lulic che non può uscire: già fatte le tre sostituzioni della Lazio. Alla mezz’ora Cataldi ci prova dalla distanza. Al 35’ Keita fa esplodere l’Olimpico. Su un pallone appoggiato da Djordjevic, la sua botta va sul palo prima di finire in rete: stesso copione del gol al Bayer Leverkusen del 18 agosto nel playoff di Champions. Il Frosinone tenta di reagire, ma al 49’ arriva il raddoppio laziale con Djordjevic che insacca dopo una respinta di Leali su Anderson. Fa festa l’Olimpico, la Lazio di Pioli vola in alto.

Nicola Berardino

Fonte: gazzetta
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04/10/2015 23:22

Fiorentina-Atalanta 3-0. Ilicic, Valero e
Verdù scatenano l'urlo viola: primi soli

I padroni di casa in superiorità numerica già al 5':
espulsione di Paletta più rigore trasformato dallo sloveno.
Il raddoppio è firmato dallo spagnolo, che prende anche un palo.
Verdù firma il tris



Mai dal 1926, cioè dalla fondazione del club, la Fiorentina aveva vinto sei delle prime sette partite del campionato. Era già successo, invece, sedici anni fa con Trapattoni, che la Fiorentina guidasse la classifica del torneo: una settimana fa, dopo il trionfo di San Siro con l’Inter Paulo Sousa comandava in coabitazione coi nerazzurri, stavolta la sua squadra guarda tutti dall’alto, con Mancini staccato di due. Firenze vive il suo sogno, con i viola in vetta almeno per un altro paio di settimane, considerata la prossima sosta: Sousa si godrà giorni da leader assoluto.

RIGORE E ROSSO — Come contro l’Inter, la Fiorentina la sblocca subito e trova presto la superiorità numerica: con l’Atalanta succede tutto nella stessa azione, Bernardeschi per Kuba (Blaszczykowski) che viene atterrato in area da Paletta, espulso per aver interrotto una chiara occasione da rete. Sul dischetto va Ilicic che al 6’ già segna il vantaggio. L’altro uomo chiave viola è Borja Valero che dopo cinque minuti colpisce un palo e al 34’ raddoppia su invito in verticale del solito Bernardeschi. La Fiorentina chiude il primo tempo in vantaggio e il parziale poteva essere ancora più ricco: da segnalare un tiro di Badelj e uno di Ilicic, una conclusione di Kuba e in mezzo il possibile pari di Maxi Moralez che, servito da Denis, spara la facile chance addosso a Tatarusanu.

GESTIONE — La Fiorentina gestisce la ripresa, e senza troppo dispendio di energie fa pesare il vantaggio di risultato (doppio) e uomini. L’Atalanta fa pochino per riemergere e quando lo fa trova comunque davanti un solido muro viola (non a caso la miglior difesa del campionato, con soli quattro gol subiti). Fiorentina che fa possesso e ogni tanto affonda: Alonso, un paio di volte Kalinic (di piede e di testa su cross di Borja Valero), con una punizione dello stesso Borja. C’è spazio al 45’ per il gol di Verdù, splendido destro al volo su spunto di Kalinic. La Fiorentina fa tris, lo stadio canta e osanna la nuova, inattesa, capolista.

Alessandra Gozzini

Fonte: gazzetta
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04/10/2015 23:26

Milan-Napoli 0-4: gol di Allan e doppietta di Insigne, autorete di Ely

Azzurri padroni al Meazza: Higuain regala assist,
Lorenzo segna su azione e punizione,
poi la frittata del giovane centrale rossonero.
Miha, serata da incubo


Il concetto è tanto semplice quanto legittimo: dopo aver visto questa partita, non si capisce come Milan e Napoli prima del fischio d’inizio potessero avere gli stessi punti in classifica. C’è un abisso. Un divario organizzativo e motivazionale che rende complicatissimo capire come il Milan possa anche solo pensare di colmare il gap lungo la stagione. Dal momento che il Napoli dovrebbe essere una diretta concorrente per la zona Champions. E’ stata un’umiliazione, non ci sono altri termini. Era una prova di maturità per entrambe le squadre, fin qui protagoniste di un campionato in altalena, ancora da decifrare. Ebbene, il diploma se l’è preso il Napoli, con un super Insigne e un Higuain da urlo anche senza segnare. Il secondo tempo per il Milan è stato imbarazzante: avrebbe potuto finire con un cappotto. Il Napoli ha fatto torello, gestito la situazione senza affanni e senza riscontrare la minima reazione avversaria, mentre San Siro ha iniziato a spopolarsi dopo il terzo gol, ha applaudito a lungo Insigne al momento della sostituzione, e la curva – dall’intervallo in poi – ha rispolverato il classico repertorio di questi casi: fuori gli attributi, andate a lavorare. Scene viste molte volte negli ultimi due anni.


ELETTROSHOCK — Come previsto Mihajlovic ha dovuto rinunciare a Balotelli, alle prese con una leggera pubalgia, e si è rivista quindi dal primo minuto la coppia composta da Bacca e Luiz Adriano, assistiti da Bonaventura sulla trequarti. In mediana De Jong è tornato in panchina a beneficio di Kucka, con Montolivo confermato davanti alla difesa. Nessuna novità anche sulla sponda opposta, con Sarri che ha confermato il tridente Callejon-Higuain-Insigne. La fragilità mentale del Milan si è evidenziata in modo imbarazzante quando il Napoli ha sbloccato la partita. Il contropiede azzurro, che si è concluso in rete con pochissimi tocchi e in pochissimi secondi, è stato un elettroshock per i rossoneri. La corrente è andata via, la luce si è spenta, la carica psicologica con cui era iniziata la sfida è crollata di botto. Ulteriore dimostrazione che con le disgrazie di quest’anno le gambe non c’entrano nulla, anche perché non era passato nemmeno un quarto d’ora. Semplicemente, i rossoneri non sono in grado di reggere l’impatto mentale con le difficoltà che può presentare una partita, e soprattutto non sono in grado di giocare con continuità. Vanno avanti a sprazzi, più di pancia che di ragionamento. Poi, è ovvio conta anche l’organizzazione. Il Napoli ne ha, il Milan molta meno. La fase difensiva, tanto per fare l’esempio più eclatante: la linea azzurra ha sempre saputo chiudersi con velocità e intelligenza, dall’altra parte c’è stato sempre e solo affanno. In mediana Montolivo ha viaggiato a metà dell’andatura avversaria, condendo la sua partita di una innumerevole serie di errori, mentre in attacco la faccenda è stata terribilmente semplice: i giocatori del Napoli si trovavano, quelli del Milan la buttavano nel vuoto.

LIQUEFATTI — E pensare che era stato il Milan a prendere in mano la sfida, giocando con piglio e decisione i primi dieci minuti. Insomma: coraggio, buone idee, velocità di esecuzione, pubblico contento. Peccato che la partita rossonera sia durata tredici minuti. Sembra una barzelletta, ma è proprio così. Squadra sfaldata, liquefatta, ben prima che la partita fosse definitivamente compromessa. Questo è l’aspetto più grave: è bastato prendere un gol per non capirci più nulla, sotto gli occhi del c.t. Conte. Il Napoli è passato in vantaggio con Allan su un altro sciagurato errore di Zapata in disimpegno, ma poi non ha affondato. L’ha fatto nel secondo tempo, anche perché sarebbe stato impossibile fermarsi, vista l’assenza di reazione avversaria. Così ha preso in mano la situazione Insigne (già autore dell’assist a Allan), che ne ha fatti due in venti minuti. Il quarto gol è un’autorete di Ely, che ha completato lo sfascio. In questi casi si dice sempre che non resta che rimboccarsi le maniche e lavorare. Già, ma bisognerebbe capire da cosa si può ripartire.

Marco Pasotto

Fonte: gazzetta
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04/10/2015 23:31

SERIE A 2015/2016 7ª Giornata (7ª di Andata)

03/10/2015
Carpi - Torino 2-1
Chievo - Verona 1-1
04/10/2015
Empoli - Sassuolo 1-0
Palermo - Roma 2-4
Sampdoria - Inter 1-1
Udinese - Genoa 1-1
Juventus - Bologna 3-1
Lazio - Frosinone 2-0
Fiorentina - Atalanta 3-0
Milan - Napoli 0-4

Classifica
1) Fiorentina punti 18;
2) Inter punti 16;
3) Lazio punti 15;
4) Roma punti 14;
5) Torino punti 13;
6) Napoli, Chievo, Sassuolo punti 12;
9) Sampdoria e Atalanta punti 11;
11) Milan punti 9;
12) Juventus punti 8;
13) Palermo, Udinese, Genoa e Empoli punti 7;
17) Carpi punti 5;
18) Verona e Frosinone punti 4;
20) Bologna punti 3.

(gazzetta.it)
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17/10/2015 23:29

Roma-Empoli 3-1: Pjanic inventa,
poi De Rossi e Salah,
terza vittoria di fila

Gol e assist per il bosniaco, il centrocampista festeggia le 500 presenza con un gol.
Salah e Buchel fissano il risultato nel finale



La magia di Pjanic, la gioia di De Rossi e l'affondo di Salah. La Roma risolve la pratica Empoli grazie alla classe delle sue individualità, in particolare quella del centrocampista bosniaco, capace di cancellare un'ora di noia assolta con la solita pennellata divina su punizione. Già, perché fino a quel momento la Roma non solo aveva faticato da morire, ma probabilmente aveva giocato anche la sua peggior partita all'inizio della stagione. Merito anche di un Empoli ben messo in campo e più organizzato dei giallorossi. Poi, è ovvio, la qualità dei singoli spesso alla fine vince. E la Roma ne ha tanta tanta di più rispetto ai toscani. Compresa quella di De Rossi, in gol alla sua 500esima presenza in giallorosso.

NOIA MORTALE — Garcia rimanda in campo Castan dal via dopo quasi due mesi (l'ultima volta fu a Verona il 22 agosto) e opta per un 4-2-3-1 con De Rossi di nuovo in mediana al fianco di Pjanic. Il bosniaco però è troppo lontano dalla porta ed allora il gioco della Roma non si accende mai. Anche perché Giampaolo (privo di tre titolari: Croce, Saponara e Zielinski) manda in campo un Empoli ben organizzato, che a tratti pressa molto alta la Roma e gli impedisce di costruire gioco. Così sul taccuino del primo tempo finiscono un paio di spunti in velocità di Gervinho, che sul più bello sbaglia sempre tempi ed esecuzione. Poi nient'altro, se non un tiro da fuori di Florenzi a cui fa il paio quello di Maccarone. Quarantacinque minuti di una noia mortale, con l'Empoli che sembra disposto meglio rispetto ad una Roma che (soprattutto con Digne) cerca spesso le palle alte, senza però avere un centravanti vero (Dzeko) che le possa sfruttare.


COLPI DI GENIO — Allora Garcia decide di passare al 4-3-1-2, con Iago come trequartista. Per dieci minuti però è ancora l'Empoli a giocare meglio ed a mettere ansia alla Roma con un paio di mischie pericolose. Poi esce fuori la qualità, in particolare quella immensa di Miralem Pjanic. Solita punizione, solita mattonella, solita palla in fondo al sacco all'11'. Dall'inizio della stagione è la terza rete quasi identica, la decima su punizione da quando è in Italia. A chiudere i conti ci pensa tre minuti dopo De Rossi su angolo dello stesso Pjanic, con una frustata di testa che si insacca alla sinistra di Skorupski. Il modo migliore per festeggiare le 500 presenze in giallorosso, con un urlo di gioia senza fine. Poi al 24' Nainggolan trova lo spiraglio giusto in verticale per Gervinho, con l'ivoriano che allunga e serve in mezzo un pallone delizioso per il rimorchio vincente di Salah. Sul 3-0 sembra tutto finito ed invece Buchel si inventa il gol che tiene viva la contesa con un sinistro millimetrico da fuori che si infila all'angolino basso alla destra di Szczesny. Allora è Piu (37') ad avere l'occasione giusta per riaprire tutto, ma spreca tutto frettolosamente con un tiro da fuori con scarse velleità. Finisce così, con la Roma proiettata alla sfida di martedì a Leverkusen e l'Empoli che avrà più di una settimana per pensare al Genoa.

Andrea Pugliese

Fonte: gazzetta
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17/10/2015 23:33

Torino-Milan 1-1: Baselli risponde a Bacca, primo pareggio per Mihajlovic

Il colombiano entra nella ripresa, segna e illude i rossoneri,
poi raggiunti dal centrocampista granata al quarto gol stagionale.
Sinisa respira ma non svolta: resta undicesimo


No, proprio no: probabilmente il Torino non poteva davvero andare k.o. nella settimana dell’anniversario della morte di Gigi Meroni (il 48°), di Urbano Cairo salito al Quirinale in visita a Mattarella, e soprattutto nel giorno della posa della prima pietra del nuovo Filadelfia. Un punto che non riempie granché la pancia dei granata, e neppure quella del Milan. I rossoneri, però, erano molto più affamati e quindi accolgono il primo pareggio di questo campionato con una certa benevolenza. Anche perché sino ad ora il Torino all’Olimpico aveva sempre vinto. Un punto che muove la classifica milanista giusto un pelo, il minimo sindacale per permettere a Mihajlovic di continuare a lavorare con una pressione meno evidente, pur restando all'11° posto in classifica.


LE SCELTE — Il Milan si è presentato col nuovo sistema di gioco studiato da Sinisa (che in realtà ha avuto pochissimo tempo a disposizione per provarlo), passato dal 4-3-1-2 a un 4-4-2 durato lo spazio di un’amichevole e trasformatosi poi in questo 4-3-3. Con un tridente composto dal fischiatissimo Cerci – la Torino granata storicamente fa molta fatica a digerire gli "abbandoni" -, Luiz Adriano preferito a Bacca, tornato con Zapata dalla nazionale abbastanza stanco, e Bonaventura. Davanti alla difesa Montolivo preferito a De Jong. Anche Ventura ha dato seguito alle sensazioni della vigilia, buttando dentro Baselli nonostante il recente infortunio al ginocchio e affidandosi in attacco a Maxi Lopez e Quagliarella.

RITMI LENTI — C’erano le premesse per una partita se non divertente, almeno viva. Ma nel primo tempo tutti si è visto tranne che vivacità, perché ha vinto la paura. Comprensibile, magari, mettendosi nei panni di un Milan schiacciato dalla pessima classifica e col terrore di compiere un altro passo falso (gli ultrà milanisti hanno esposto un unico striscione: “17/10/15 Società, mister e giocatori: per questa curva che da sempre vi incoraggia siete già all’ultima spiaggia”); un po’ meno dal punto di vista del Torino, che giocava in casa davanti a uno stadio quasi esaurito e aveva senz’altro molto meno da perdere rispetto agli avversari. Eppure i granata hanno giocato i primi 45 minuti col freno a mano tirato. Chissà perché. L’unico a crederci e a spingere davvero è stato Molinaro a sinistra, per il resto Baselli e Acquah si sono rivelati troppo timidi e di conseguenza è venuta a mancare l’assistenza per le punte. Medesimo discorso per i rossoneri, nonostante il tridente, ma qui la causa è diversa: Cerci, Luiz Adriano e Bonaventura hanno finito quasi sempre con lo schiacciarsi contro la difesa avversaria perché la circolazione di palla in mediana è stata ancora una volta molto lenta. Vizio da cui il Milan non riesce proprio a uscire. Paradossalmente, però, gli unici brividi della prima frazione sono stati di marca milanista: un rasoterra di Montolivo deviato con difficoltà da Padelli, e una punizione perfida di Bonaventura uscita di un nulla. Non pervenuto Luiz Adriano, con colpe divise a metà fra la sua staticità e la mancanza di rifornimenti.


BOTTA E RISPOSTA — Per fortuna c’è stata la ripresa. I ritmi si sono alzati – e d’altra parte era difficile che calassero ulteriormente -, ma soprattutto il Milan è sceso in campo con più convinzione. L’ingresso di Bacca è quello che ha stappato la sfida, perché il colombiano è andato a segno otto minuti dopo essere entrato. Ma per il Milan quest’anno non esistono partite in discesa, e infatti il Toro si è rimesso in gara poco dopo con Baselli, oggetto del desiderio rossonero che il mercato ha poi recapitato a Torino e non a Milano e autore del suo quarto stagionale al rientro da un infortunio. Entrambi i gol sono arrivati su azioni vere, e questo è un dato assolutamente positivo ripensando al primo tempo. A quel punto la partita si è aperta definitivamente, col Toro che ha avuto la palla del raddoppio (Maxi Lopez è stato neutralizzato da Padelli) e il dominio territoriale negli ultimi venti minuti. Inutile, ai fini del risultato, col Milan che alla fine ha tirato un grosso sospiro di sollievo.

Marco Pasotto

Fonte: gazzetta
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18/10/2015 15:14

Bologna-Palermo 0-1, Vazquez inguaia Delio Rossi

Gol-partita del fantasista su assist di Hiljemark.
I siciliani, grazie anche alle parate di "San" Sorrentino,
interrompono la striscia negativa e fanno sprofondare ancor più giù i rossoblù.
Cambio in panchina?



Il Bologna esce tra i fischi dopo la settima sconfitta in otto giornate: dipendesse dal pubblico, Delio Rossi sarebbe già esonerato, senza se e senza ma. E in effetti la panchina continua a tremare: il tecnico sembra avere le ore contate (c’è Donadoni in pole position). Il Palermo si rialza dopo 4 k.o. consecutivi: il ritiro a casa Zamparini è servito.

VENTI MINUTI DA SALVARE — Eppure, fino al gol, è un Bologna dignitoso: contro una squadra che pensa solo a difendersi, si vedono tracce di gioco, grazie soprattutto alle idee di Brienza e agli spunti di Mounier. Sorrentino salva in uscita su Destro (11’) e sullo stesso Mounier (16’). C’è un mani di Andelkovic in area considerato giustamente involontario, un’altra buona occasione con Destro che non arriva sulla punizione del solito Brienza, poi alla prima azione offensiva il Palermo passa e il Bologna si spegne sprofondando nelle sue paure. Il gol nasce da un assist dello svedese Hiljemark per Vazquez che firma il centro stagionale grazie anche alla disattenzione di Rossettini e Molina. È il sonnolento Palermo a questo punto che si dà una mossa: Gilardino si fa vedere mandando alto di testa su cross e poi colpendo il palo esterno. Per il Bologna diventa tutto molto complicato.

ERRORI — Nel secondo tempo è il solito copione: rossoblù avanti senza lucidità e con molti errori. Destro si mangia un gol già fatto spedendo fuori un colpo di testa di una semplicità assoluta. Rossi prova a intervenire, mette la seconda punta, Mancosu, che ha una buona occasione al 32’. A spiccioli dalla fine, Gastaldello salva su Gila ed evita il 2-0, ci prova anche Brienza su sponda Mancosu. Niente da fare. Finisce così, Bologna sempre più ultimo.

Guglielmo Longhi

Fonte: gazzetta
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18/10/2015 18:42

Napoli-Fiorentina 2-1. Insigne sblocca, pari di Kalinic, gol di Higuain

Terza vittoria consecutiva e settimo risultato utile di fila
per la squadra di Sarri protagonista di un secondo tempo fantastico:
sblocca Lorenzo, pari del croato, gol-partita del Pipita.
La Viola si ferma al San Paolo, mentre il Napoli irrompe in zona Champions


Le vince tutte, il Napoli. Il suo cammino sembra inarrestabile. Sono tre le vittorie consecutive (settimo risultato utile di fila nelle prime otto giornate), adesso, e la sua classifica comincia davvero a essere interessante. Ancora una volta è la coppia Insigne-Higuain a fare la differenza: un gol ciascuno e tanti saluti alle ambizioni di vittoria dei toscani. Il colpo d’occhio che offre il San Paolo racchiude in se l’importanza di questa sfida. La squadra di Sarri batte 2-1 la Fiorentina capolista e irrompe nei piani alti della classifica.


STUDIO — Lo stadio è gremito, sugli spalti c’è l’atmosfera giusta per sostenere le intenzione del Napoli. Di fronte, però, c’è la capolista, che ha poca voglia di soccombere. Sarri resta fedele ai suoi undici abituali, mentre Paulo Sosa tiene fuori Ilicic e schiera Bernardeschi. L’avvio offre poche emozioni, con la Fiorentina che tende al possesso di palla ed il Napoli a studiare l’avversario, pronto a far ripartire il suo potenziale offensivo. La difesa toscana, in ogni modo, è attenta a non lasciarsi sorprendere dalle accelerate di Callejon e Insigne.Il primo pericolo lo corre Reina che deve respingere un gran tiro da fuori di Balaszczykowski (17’), mentre Hamsik prova ad impensierire Tatarusanu con una conclusione dal limite che il portiere blocca facilmente. Non è veloce l’azione del Napoli rispetto alle gare precedenti, lo spazio per Higuain è ristretto al minimo, Gonzalo Rodriguez lo marca a uomo, seguendolo in ogni angolo di campo. Il primo tempo si conclude con un colpo di testa del Pipita che sfiora il palo (46’).


FUOCHI D'ARTIFICIO — Lo spettacolo è tutto riservato alla ripresa. Il Napoli parte sparato e trova il gol subito, dopo appena un minuto. Hamsik è pronto al taglio per Insigne che sorprende Tomovic e d’interno supera Tatarusanu. Un gol bello, quanto importante, che consente al giovane attaccante al sesto centro in questo avvio di campionato di sistemarsi in testa alla classifica dei cannonieri, insieme a Eder e a Higuain che, segnerà, alla mezz’ora, il raddoppio. C’è poco tempo per esultare, perché dopo appena due minuti, la Fiorentina trova il pareggio sull’asse Ilicic-Kalinic: l’esterno dell’attaccante gela il pubblico del San Paolo. Lo stesso Ilicic, poi, commette l’errore che spalancherà la strada al Pipita per il successo napoletano.

Mimmo Malfitano

Fonte: gazzetta
[Modificato da binariomorto 18/10/2015 18:43]
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18/10/2015 18:46

Sassuolo-Lazio 2-1. Decidono Berardi e Missiroli, non basta Felipe Anderson

Gli emiliani ora sono quarti insieme ai biancocelesti e al Napoli.
Vittoria meritata, ma molto dubbio il rigore fischiato per fallo di Lulic su Cannavaro in avvio



Chissà se adesso Squinzi tornerà a parlare di scudetto. Certo, non lo farà Di Francesco che proprio a quella battuta del patron aveva imputato la battuta d'arresto di Empoli. Ma il Sassuolo volta subito pagina e riprende immediatamente la sua splendida marcia che lo ha portato a veleggiare in pianta stabile nella parte alta della classifica. Tre punti sofferti ma tutto sommato meritati quelli che gli emiliani conquistano ai danni di una Lazio disordinata e senza mai la concentrazione giusta. Ecco, la differenza la fa proprio la testa. Il Sassuolo è in partita sin dall'inizio, sa anche soffrire quando serve e sfrutta le occasioni che gli capitano. La Lazio tiene molto palla, ma si perde troppo nel palleggio e finalizza poco. E soprattutto commette troppi errori in fase d'impostazione.

RIGORE O NO? — Qualche errore lo fa anche il Sassuolo, ma i padroni di casa non sbagliano le cose importanti. La gara tuttavia prende un indirizzo ben preciso per una decisione arbitrale che i laziali contestano a lungo. Al 7' il contatto in area tra Lulic e Cannavaro viene giudicato da rigore dall'arbitro Guida su segnalazione dell'assistente d'area Cervellera. Il contatto è lieve e Cannavaro accentua molto la caduta. Rigorino, dunque, ma non abbaglio. Dagli 11 metri Berardi, al rientro, non sbaglia. La Lazio accusa il colpo, perde le distanze tra i reparti e, complici pure le assenze di Parolo e Biglia a centrocampo, fa un gran confusione in fase di impostazione. Prima dell'intervallo, però, i romani hanno pure un paio di opportunità per pareggiare, entrambe con Milinkovic (nel prima caso lo ferma la traversa).

SENZA REAZIONE — Nella ripresa Pioli prova a sferzare la squadra inserendo un altro attaccante (Keita) per il centrocampista Onazi. Ma non cambia la falsariga dell'incontro. E il Sassuolo, che già nella prima frazione aveva sfruttato male almeno tre invitanti contropiede, non perdona. Il raddoppio arriva grazie a Missiroli che, al 15', finalizza una magistrale ripartenza di Vrslajko. Partita che sembra chiusa, a riaprirla provvede invece la coppia Keita-Anderson al 22': bella combinazione e gol del brasiliano. Ci sarebbe ancora tutto il tempo per completare la rimonta, ma la Lazio si squaglia. Anzi è il Sassuolo a sfiorare la terza rete (lo aveva già fatto sul 2-0: traversa di Falcinell). E i padroni di casa neppure incappano in altre distrazioni. Anzi, in una sola, in pieno recupero (dopo che la Lazio era rimasta pure in dieci per il doppio giallo di Cataldi). Ma Milinkovic non ne approfitta.

Stefano Cieri

Fonte: gazzetta
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18/10/2015 18:49

Serie A, Genoa-Chievo 3-2 decide Tachtsidis. Frosinone-Sampdoria 2-0

La squadra di Gasperini, con un uomo in meno, vince nel recupero grazie al gol del greco.
Paganini e Dionisi stendono Zenga



L'ottava giornata di campionato sorride al Genoa che supera 3-2 il Chievo nonostante l'espulsione di Dzemaili ad inizio secondo tempo. Giornata amara, invece, per Zenga: la sua Samp gioca un tempo ma crolla nella ripresa subendo i colpi di Paganini e Dionisi che lanciano il Frosinone al secondo successo consecutivo al Matusa.

GENOA-CHIEVO 3-2 — Ed a cento secondi dalla fine, in mezzo all’assedio del Chievo è sbucato Tachtsidis, abile a trovare l’angolino sul palo alla destra di Bizzarri dopo una discesa-capolavoro di Ntcham a sinistra, firmando il definitivo tre a due per i rossoblù. La colpa principale del Chievo? Quella di non avere capitalizzato a sufficienza la superiorità numerica maturata al 10’ della ripresa per l’espulsione di Dzemaili. Anche l’inizio della gara era stato tutto in salita per il Genoa, in svantaggio dopo appena quarantotto secondi con il gol dell’ex Paloschi (ottavo gol in carriera ai rossoblù), bravo ad approfittare di una disattenzione generale della squadra di Gasperini, con l’errore di Izzo sul cross di Meggiorini e l’intervento in ritardo di De Maio sull’attaccante autore del gol ospite. Un avvio poco brillante da parte dei padroni di casa, che patiscono la velocità degli uomini di Maran e una lunga serie di errori a centrocampo. All’improvviso, però, i rossoblù si risvegliano e al 13’ arrivano al pari. Un ripetuto scambio Tino Costa-Perotti sulla sinistra porta l’attaccante a un tiro-cross dalla sinistra (dopo avere superato il disorientato Mattiello): il rinvio di Bizzarri arriva sui piedi di Pavoletti, che segna. Quattro minuti dopo, il raddoppio (fortunato) di Gakpe, il cui diagonale carambola su Mattiello e cambia direzione, ingannando Bizzarri. Il portiere del Chievo diventa però protagonista al 36’, deviando in corner un angolato colpo di testa di Pavoletti. Il Genoa inizia poi la ripresa come già era successo nel primo tempo: squadra un po’ compassata ed il Chievo ne approfitta per guadagnare metri in mezzo al campo, mettendo in grande difficoltà la retroguardia rossoblù. Perin, al debutto stagionale, evita il patatrac per due volte (su un tocco maldestro di Burdisso e su una girata di Cesar), Izzo salva su Paloschi, poi poco dopo la mezz’ora Pellissier, appena entrato al posto di Paloschi, indovina un gol fantastico che riporta la sfida in momentanea parità. Pepe manca il gol del 2-3, fino al rocambolesco finale che regala al Grifone tre punti pesantissimi anche sul piano del morale.

FROSINONE-SAMPDORIA 2-0 — Grande, grandissimo Frosinone. I colpi vincenti di Paganini e Dionisi mandano al tappeto la Sampdoria, condannandola sempre più all'indifferenza della sua gente, e spingono avanti il delirio dei tifosi ciociari, da oggi pomeriggio ufficialmente in estasi per la seconda vittoria in Serie A dei loro beniamini. Vincono le motivazioni eccezionali di Soddimo e compagni, in fondo ad una sfida ravvivata davvero solo nel primo quarto d'ora dal genio di Cassano, schierato dal 1' da Zenga. Da una parte i colpi di classe di Fantantonio, dall'altra le impennate di Soddimo: al Matusa nessuno si annoia. Zenga lancia a sorpresa Fantantonio dal 1' dietro le due punte, Stellone ripropone il consolidato 4-4-2 con Soddimo e Paganini in stato di grazia sulle fasce. È la Samp ad imprimere una decisa accelerazione in avvio e Eder, ispirato proprio da Cassano, colpisce il palo con un tiro a botta sicura. Corre il 6' e il Frosinone sembra già offuscato dai lampi di classe del folletto di Bari Vecchia, ma scampato il pericolo i leoni ciociari riprendono coraggio e guadagnano preziosi metri di campo: i blucerchiati soffrono i ritmi indemoniati dei padroni di casa e rischiano in tre occasioni, quando al 20' Dionisi serve un bell'assist per Ciofani in area (provvidenziale l'intervento in chiusura di Moisander), quando 5' dopo Paganini non arriva per un soffio su uno splendido spiovente di Soddimo e poi nella ripresa, al 1', in occasione di un colpo di testa del medesimo Ciofani su imbeccata di Rosi. Tutti si aspettano a questo punto la reazione della Sampdoria. Ed invece è il Frosinone ad azzannare la preda: in due minuti i blucerchiati crollano. Prima Paganini di testa all'8' su angolo di Soddimo, poi il pallonetto vincente di Dionisi lanciato da Chibsah. Due colpi durissimi che minano le certezze di Zenga e cambiano il volto alla partita. Nonostante la buona volontàdi Eder, la Samp non rivede più la luce. I cambi azzeccati di Stellone e il dinamismo impressionante dei suoi fanno il resto. Finisce così: Frosinone in paradiso, blucerchiati dentro al tunnel.

Grimaldi-D'Urso

Fonte: gazzetta
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18/10/2015 18:52

Serie A: Verona-Udinese 1-1, Atalanta-Carpi 3-0

I gialloblù sciupano l'occasione della prima vittoria stagionale:
al gol dal dischetto di Pazzini risponde Thereau che sfrutta l'errore di Rafael.
A Bergamo Pinilla, Gomez e Cigarini liquidano i biancorossi:
e il Papu regala una perla direttamente da calcio d'angolo



ATALANTA-CARPI — L'Atalanta in formato deluxe dà una lezione al Carpi, che mai come stavolta è sembrato inadeguato alla Serie A in molti suoi componenti. Reja può così agganciare il Torino in classifica e addirittura pensare in grande. Il Carpi si fa vivo in avvio con due situazioni da calcio d'angolo, con Fedele e Bubnjic, poi inizia la sofferenza. Uno svarione di Bubnjic al 3' lancia Gomez verso Belec, graziato dal destro largo del Papu. Al 7' l'Atalanta è avanti: un tracciante di 50 metri di De Roon, perfetto in regia, attiva a destra Maxi Moralez, cross sul secondo palo dove Bubnjic si addormenta e Pinilla gli salta davanti infilando l'1-0. Il Carpi fa una tremenda fatica a contenere il possesso bergamasco, mai disturbato: in queste condizioni, la qualità di Cigarini, unita al dinamismo di Grassi e alle geometrie di De Roon, trasforma la partita in un monologo. Esaltato al 43' da Gomez che direttamente da calcio d'angolo infila una parabola verso l'angolo lontano: 2-0 spettacolare. La ripresa propone gli stessi temi, anche se il Carpi prova leggermente ad alzare il baricentro. Grassi, in crescita vertiginosa, impegna Belec al 9', poi Sannino passa al 3-4-3 con l'ingresso di Lasagna, che spara subito un sinistro sill'esterno della rete. Ma un'altra sciocchezza di Bubnjic rovina definitivamente il pomeriggio del Carpi: al 17' su filtrante di Maxi Moralez, il difensore allaccia Pinilla in area. Rigore che Cigarini trasforma nel 3-0. Il passaggio al 4-4-2 di Sannino, un sinistro di Borriello per replicare a un destro dalla distanza di Toloi e gli ultimi cambi sono dettagli ininfluenti. (Alex Frosio)

VERONA-UDINESE — Al Verona non basta il primo gol della stagione di Pazzini, su rigore, per battere un'Udinese più abile nell'impostazione del gioco e più pericolosa in attacco. Il pareggio finale di Thereau, su errore di Rafael, evita una vera e propria beffa. Mandorlini sorprende, rinunciando a Pisano, tra l'altro il suo capocannoniere, per inserire in regia Matuzalem e arretrare Sala sulla linea difensiva. La mossa non fa la differenza, il Verona prova a spingere, ma l'Udinese, con Lodi in regia e Iturra al posto di Badu, replica con maggior efficacia: da due idee di Di Natale arrivano due buone opportunità per Fernandes, che in un'occasione impegna Rafael. Il gol però lo trova la squadra di casa, grazie al rigore conquistato da Siligardi (fallo di Wague) e messo a segno da Pazzini, nell'unico tiro in porta (al 41`) del Verona nel primo tempo. La reazione dell'Udinese è immediata e Lodi impegna Rafael su punizione. Colantuono è coraggioso e insegue la rimonta con quattro punte inserendo Thereau e Perica. Il pari arriva al 34' del secondo tempo, grazie ad un cross di Fernandes, solo intercettato da Rafael. Sulla palla, toccata dal portiere, il primo ad arrivare è Thereau, che firma la sua seconda prodezza stagionale e il meritatissimo pari. (Alessio Da Ronch)

Da Ronch-Frosio

Fonte: gazzetta
[Modificato da binariomorto 18/10/2015 18:53]
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18/10/2015 23:41

Inter-Juve 0-0: traversa di Brozovic,
palo di Khedira ma non sfonda nessuno

Partita intensa a San Siro: il croato e il tedesco sfiorano il gol ma il derby d'Italia va in bianco.
Mancini raggiunge la Roma a -1 dall Fiorentina capolista


Non guardate la classifica. Dimenticate le ultime stagioni. Provate a pensare solo a questi 90’, in un San Siro stracolmo e con l’abito delle serate belle: avrete la netta convinzione che Juve e Inter siano legittime candidate alla vittoria finale. Squadre quadrate, ordinate, con voglia e con più di una individualità sopra le righe. E che non vanno mai al tappeto. In questo senso, l’elettrico 0-0 di San Siro manda solo buoni segnali a entrambe. Un tempo a testa: nerazzurro il primo, bianconero il secondo. Un legno a testa: prodezza personale per Brozovic, con traversa su tiro a giro, gol mangiato il palo di Khedira, liberato davanti alla porta dal gran lavoro di Morata. Cartellini (gialli) per tutti, in una gara in cui non solo non si tira indietro la gamba, ma la si mette anche quando non si dovrebbe.


LA SQUADRA C’È — Ok, la Juve non accorcia e non recupera in classifica, ma dimostra di aver ritrovato anima, solidità e gioco. Alla fine mette quasi alle corde un’Inter partita col coltello fra i denti. Ora bisognerà inserire Dybala (solo 20’ per lui), dare sfogo alla corsa di Cuadrado (tre tiri, uno pericolosissimo), rendere Pogba più efficace e ritrovare il vero Marchisio. Ma la squadra c’è. Ok, l’Inter non “uccide” la rivale, non ritrova la testa (2 punti in 3 gare) e crea meno di quanto potrebbe. Però gioca alla pari, senza paura, con i 4 volte campioni. E mostra finalmente un’idea tattica su cui lavorare: due ali, una punta centrale e una che svaria. Ora bisognerà rifornire di più Icardi, limare qualche residuo svarione dietro, recuperare il Kondogbia monegasco, reggere per 90’ come nei primi 45’. Ma la squadra c’è.

CARTA BROZO — L’Inter infatti arriva alla resa dei conti pronta, decisamente pronta: esperimenti tattici e problemi fisici superati. Mancini piazza un 4-4-2 con Perisic e la sorpresa Brozovic sulle fasce. Marcelo parte a destra, ma quando viene spostato temporaneamente a sinistra “spacca”: suo il cross su cui l’Inter reclama un rigore (braccio di Bonucci sul colpo di testa di Perisic), sua la traversa al 28’, l’occasione migliore del primo tempo. Jovetic è la spalla di Icardi, e anche questo “ic”, funziona, portandosi in giro, soprattutto nei primi 45’, uno dei tre centrali juventini. Dietro Murillo alterna “interventoni” a momenti da batticuore, ma il centrocampo copre, gli esterni si “sbattono”. Manca il guizzo che accenda la gara, ma forse è merito della Juve. Juve che pare aver chiuso i “lavori in corso”. Ora la strada è decisa. Allegri conferma il 3-5-2 atteso, spiazzando solo con la carta Zaza: Dybala resta in panca, l’ex Sassuolo viene mandato a fare a sportellate. Quelle, non le nega a nessuno, ma in un paio di occasioni gli manca il lampo risolutore. Il trio di centrocampisti, finalmente ricomposto, vede un Marchisio ancora arrugginito, e un Khedira che detta i tempi. Poi c’è Pogba: quando lo chiami in causa ha tutte le risposte, e le sciorina con eleganza, peccato che a tratti sembri non stare a sentire le domande. Dietro, poi, rischia solo nel momento di maggior spinta nerazzurra. Quando sembra mettersi male, ci pensa Barzagli. La strada è lunga, questa Juve ha spazio per rientrare. E su quella strada, con Roma e Napoli, rischia di trovare anche l’Inter.

Valerio Clari

Fonte: gazzetta
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