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Il Campionato di calcio Serie A stagione 2021/2022 di SEXY FORUM (e dei Campioni d'Europa)

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 13:28
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27/09/2021 00:08

Juve, con la Samp seconda vittoria in fila.
Ma ancora due gol subiti e Dybala k.o.

Vantaggio con Dybala e poi rigore di Bonucci, Yoshida riapre il match al 44'.
Locatelli trova il suo primo gol in bianconero, Candreva firma il 3-2 a 7' dalla fine


Livia Taglioli


La Juve, sotto la pioggia e soprattutto lo sguardo di Andrea Agnelli, conquista la sua prima vittoria all’Allianz Stadium, la seconda consecutiva (e con lo stesso risultato) in campionato, superando 3-2 la Samp, battuta anche nelle precedenti quattro sfide con i bianconeri. Una vittoria meritata ma anche zavorrata dall’infortunio occorso a Dybala, uscito in lacrime dal campo: un guaio muscolare alla coscia sinistra di cui si saprà di più nel prossimi giorni. Verdetto che si attende anche per Morata, il quale ha chiesto di essere sostituito per un dolore muscolare alla coscia destra. Se la gara racconta di una Juve in crescita quanto a spessore di gioco e organizzazione, conferma anche l’alta recidività bianconera quanto a gol subiti: anche oggi sono stati due, uno nel finale di primo tempo, l’altro a soli 7’ dal termine.

PRONTI PARTENZA GOL — Altra gara, altra formazione. La Juve parte da subito col giusto piglio giusto: Alex Sandro e Cuadrado spingono dalle retrovie, De Ligt dà sicurezza e Bonucci è il solito regista aggiunto. Il pressing alto della Samp rende difficile la vita a Bentancur e Locatelli, ma dove trova la strada sbarrata nel mezzo, la Juve scarta sulle fasce e crea vie alternative alla penetrazione offensiva, con Chiesa inizialmente a destra e Bernardeschi a sinistra (e Rabiot fermo per una botta). Perin regala un turno di riposo a Szczesny in vista del Chelsea, mentre davanti Morata e Dybala svariano, dando vivacità al fronte d’attacco. Di contro la Samp ha assenze pesanti in avanti (out Gabbiadini, Verre e il convalescente Torregrossa in campo solo nel finale) ma supplisce con squadra corta e pressing alto, mosse che ingabbiano la Juve per la prima decina di minuti. Poi la gara si sblocca, alla prima azione corale bianconera: parte da Locatelli, prosegue con Alex Sandro, provano conclusioni a ripetizione Chiesa e Locatelli, e alla fine l’assist vincente è dell’ex Sassuolo per Dybala: al 10’ il suo sinistro dal limite non perdona ed è 1-0 Juve.

DYBALA K.O. — Poi inizia la sagra del raddoppio sfiorato: al 12’ Chiesa, servito dall’argentino, sbaglia mira di un soffio, al 14’ Audero esce fra i piedi di Dybala e blocca, al 16’ ancora il portiere di scuola Juve respinge su Morata, e torna sul pallone anticipando di un istante l’accorrente Chiesa. In tutto ciò la Samp non si fa schiacciare a pelle di leopardo ma si butta con generosità in avanti, senza peraltro sorprendere i bianconeri. Insomma, è una Juve pericolosa in avanti ma senza smagliarsi dietro. In una parola equilibrata, ed è la prima volta che riesce a tenere posizioni e atteggiamento con promettente continuità. Nonostante un imprevisto, e di quelli pesanti: al 21’ Dybala esce dal campo zoppicando e nascondendo le lacrime con le mani sul viso, consolato da Bentancur. Nessuno salvo l’argentino in questo momento può intuire l’entità del guaio muscolare di cui è rimasto vittima. Al suo posto entra Kulusevski, davanti agli occhi dell’ex maestro D’Aversa. E come vuole Allegri cerca in tutti i modi di non far rimpiangere chi è uscito: pronti via si fa trovare in zona tiro due volte, senza però indovinare lo specchio, prima di sinistro e poi di testa. Nell’ultimo quarto d’ora il ritmo della gara si abbassa, salvo infiammarsi nei minuti finali: su un affondo di Chiesa, un braccio largo di Murru in area provoca un rigore a favore dei bianconeri e un’ammonizione per lui. Bonucci dal dischetto spiazza Audero con un destro perfetto: al 43’ è 2-0 Juve. Un minuto dopo Perin in tuffo dice di no a Quagliarella, ma sugli sviluppi del successivo corner Yoshida, lasciato solo in area, di testa firma il 2-1, su cross di Candreva. E per la Juve, che fin qui ha tanto ha creato e tanto sprecato, la gara si ripopola di antichi fantasmi.

LOCATELLI, PRIMO HURRA’. MA POI… — L’avvio della ripresa, sempre sotto una pioggia insistente, è piuttosto confuso: la Juve difende basso, quando attacca è imprecisa nei passaggi e con la Samp che fa densità in area non trova varchi praticabili. Ma la sua insistenza viene premiata al 12’: Chiesa si incunea in area e non trova lo spiraglio per concludere, sulla ribattuta della difesa è lesto Kulusevski a servire Locatelli: il suo destro di rapina batte Audero per il 3-1 Juve. Per Manuel è la prima rete in bianconero, la sua felicità trasbordante. La Samp manda in campo Augello, Damsgaard e Silva. La Juve insiste in avanti, spronata dalle urla di Allegri, ma senza grande costrutto, tanto che è della Samp l’azione più pericolosa, con Caputo che inventa un tacco-tunnel ai danni di De Ligt e offre a Quagliarella un pallone velenosissimo: ci pensa Alex Sandro a disinnescarlo in extremis. Anche Allegri si gioca la carta dei cambi, inserendo Chiellini e Ramsey al posto delle due ali, Chiesa e Bernardeschi: difesa a tre ed esperimento di un 3-5-2 che diventa 5-3-2 in fase difensiva. Bentancur con un gran destro chiama Audero ad un grande intervento, mentre Morata prima non trova lo specchio e poi chiede il cambio per un dolore alla coscia destra. Al suo posto entra Kean. Ma a segnare è la Samp, che al 38’ mette in vetrina Candreava: è il 3-2 finale, con la Juve che incassa almeno una rete per la 20esima gara consecutiva in campionato. E mercoledì la aspetta il Chelsea campione d’Europa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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27/09/2021 00:14

L'Empoli fa festa con un poker al Bologna.
E Sinisa manda tutti in ritiro

Seconda vittoria consecutiva per la squadra di Andreazzoli:
Bonifazi (autogol), Pinamonti e Bajrami rispondono alle reti di Barrow e Arnautovic,
con Ricci che la chiude nel finale dopo un buon momento degli ospiti. Rossoblù in ritiro


Luca Calamai


Fa festa l'Empoli. La vittoria per 4 a 2 contro il Bologna regala alla squadra di Andreazzoli i primi punti del campionato al Castellani. Un risultato che proietta la formazione toscana in una posizione di medio alta classifica. Molti rimpianti, invece, per il Bologna. La squadra di Mihajlovic (in tribuna perché squalificato) sull'1 a 1 ha sbagliato un calcio di rigore con Arnautovic. Poteva cambiare la storia della partita. È stata comunque una gara divertente che ha messo in mostra alcuni talenti interessanti a cominciare da Ricci, autore dell'ultimo gol.

IL PRIMO TEMPO — Una manciata di secondi e l'Empoli va subito in gol. Un cross teso dalla fascia destra di Henderson viene deviato in scivolata da Bonifazi. La più classica delle autoreti. La squadra di Andreazzoli insiste sfruttando un comprensibile momento di disorientamento degli avversari Ancora Henderson stavolta su punizione, sfiora il raddoppio. Il Bologna esce dal guscio. Barrow sfiora il bersaglio con una conclusione deviata in angolo con bravura da Vicario. Ma pochi secondi dopo, all'11', ancora Barrow è bravo a liberarsi in area, a ricevere il pallone da calcio d’angolo di Skov Olsen e a piazzare un diagonale imparabile. Stavolta è la formazione di Mihajlovic a insistere. E al 19' avrebbe la possibilità di passare in vantaggio. L'arbitro Giacomelli assegna il calcio di rigore ai rossoblù per un contatto in area Zurkowski-De Silvestri. Dal dischetto si esibisce Arnautovic che scarica un siluro che centra in pieno il palo. In questo ping-pong di stati d’animo stavolta è l’Empoli a rientrare bene in partita. Gli azzurri sfiorano il gol con un colpo di testa di Romagnoli su azione da calcio d’angolo. E al 31' vanno ancora a segno. Travolgente iniziativa di Stojanovic che arriva sul fondo e mette al centro per Pinamonti che gira di precisione beffando Skorupski. Il portiere rossoblù nel finale di tempo salva la sua porta da una conclusione ravvicinata del solito scatenato Henderson.

LA RIPRESA — Il Bologna inizia la ripresa con tre cambi. Entrano Theate, Svanberg e Sansone. La squadra rossoblù si schiera con il 3-4-1-2. Al 3' i bolognesi vanno al tiro con Sansone. Palla deviata in angolo. E sull’azione successiva Theate di testa alza sopra la traversa. Lo stesso Theate all’8’ è protagonista di un contatto in area su Henderson. L’arbitro Giacomelli viene richiamato al Var e assegna il rigore. Dal dischetto Bejrami realizza il 3 a 1. Il Bologna reagisce. Prova a dare continuità alla sua fase offensiva. Al 16’ Barrow è ancora molto pericoloso. Una sua conclusione dal limite centra in pieno la traversa. La palla arriva ad Arnautovic che batte di testa e colpisce la parte alta della traversa. L’Empoli torna ad attaccare. Zurkowski ha una buona occasione ma la sua conclusione è di poco alta sopra la traversa. Ancora la squadra di Andreazzoli si rende pericolosa con una ripartenza chiusa da Pinamonti con un destro a girare bloccato a terra dal portiere del Bologna. Al 32’ gli emiliani riaprono la partita. Pennellata di De Silvestri che trova libero in area Arnautovic. Controllo e palla in rete. Ancora il centravanti del Bologna ha l’occasione del 3 a 3 ma il suo tiro al volo è di poco alto sopra la traversa. Ancora una occasione da gol per i rossoblù ma il colpo di tacco in mischia di Soriano viene bloccato a terra dal portiere dell’Empoli. E proprio al 45’ arriva il gol che chiude la sfida. Lo realizza il giovane e talentuoso Ricci con un rasoterra imparabile. La squadra di Andreazzoli fa festa, mentre quella di Mihajlovic, come annunciato poco dopo il termine dell’incontro, da domani sarà in ritiro.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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27/09/2021 00:18

Il Sassuolo di Dionisi sorride con Berardi: Salernitana k.o. 1-0



I neroverdi tornano alla vittoria grazie al gol di testa dell'attaccante azzurro, su cross di Boga.
Tanta sfortuna per i granata, che sciupano diverse occasioni e restano ultimi, a 1 punto


Matteo Dalla Vite

Dopo tre kappaò consecutivi il Sassuolo – faticando nel cercare di far emergere la tecnica superiore alla rinomata fisicità della Salernitana – riesce a riprendersi tre punti con un colpo di testa di Berardi su assist di Boga. Il tutto succede nella ripresa di una gara vigorosa, in cui si sono sentiti molto i 2500 tifosi salernitani che hanno creato un frastuono bello e imperante (sotto il diluvio incessante) e che però non ha portato la squadra di Castori ad evitare la quinta sconfitta in campionato. Berardi ritrova il gol quindi, il secondo del campionato dopo quello rifilato all’Atalanta: Castori, senza Ribery, ha messo l’indice sulla battaglia che però spesso finisce per non bastare. Il cambio tattico, apprezzabile, non ha portato punti: ma per poco…

SALERNITANA IN CASA? — Al tecnico della Salernitana – reduce dal puntone contro il Verona - manca appunto Ribery (ma lo avrà alla prossima contro il Genoa) ma non l’idea strategica per affrontare il Sassuolo: niente 3-5-2 ma 4—3-1-2 coi Coulibaly boys in mezzo e Kastanos dietro a Djuric e Gondo, confermatissimo: l’armata granata è accompagnata sugli spalti del Mapei da 2500 tifosi che fanno un gran bel baccano, più di tutti gli altri che popolano lo stadio messi assieme. Dionisi arriva da tre sconfitte di fila ma non vuole cambiare né spartito (4-2-3-1) né, sostanzialmente, uomini: così, l’attacco presenta il poker dei miracoli, perché dietro a Raspadori (che arriva a questa gara con un solo gol realizzato ad agosto al Verona) c’è il trio Berardi, Djuricic e Boga. Gente, in poche parole, che potenzialmente ha grandinate di reti addosso ma che ancora non ha dato gioie direttamente proporzionali alle rispettive grandi qualità.

SERVE IL VAR — Nei primi venti minuti ci sono 5 situazioni buone per il Sassuolo, ma un solo tiro vero, quello di Lopez che Belec para perfettamente e in volo nel sette; le altre occasioni sono buttate da Boga o Djuricic. La Salernitana combatte, e si sa, quasi fosse un Fight Club: spezzetta la gara e arriva vicino a Consigli due volte, in una semirovesciata di Gondo e con un tiro poi vanificato dal fuorigioco del migliore in campo nel primo tempo, ovvero Mamadou Coulibaly. Dopo un’occasione di Kastanos (tiro fiacco, 37’), ecco l’episodio per dirimere il quale serve il Var: Gagliolo, al limite dell’area entra su Frattesi. Giua dà il rigore ma il Var interviene per fargli rivedere l’episodio: il difendente della Salernitana incoccia la palla prima e l’intervento è fuori area. Niente rigore e zero recupero.

BOGA E CASTORI — Nella ripresa il Sassuolo alza la qualità offensiva: rischia due volte (Rogerio salva su Bonazzoli, subentrato a Gondo) al 21’, ma una cosa fatta finalmente da Boga alla… Boga decide il vantaggio neroverde: fuga dell’ivoriano a sinistra, Gyomber lo fa andare e crossare, dall’altra parte della porta c’è Berardi non coperto da Ranieri e Gagliolo, zuccata e 1-0 al 9’ della ripresa. Da quel momento al salvataggio di Rogerio, Raspadori si ritaglia due momenti da gol che però non hanno fortuna. La Salernitana cambia l’attacco e schiuma fisicità, il Sassuolo avvicenda 4 uomini togliendo Raspadori, Frattesi, Berardi, Boga – visibilmente stanchi – e cerca con la leggerezza di Defrel e Traoré di dare il colpo decisivo. Un colpo di Simy finisce di poco alto: il Sassuolo sale a 7 punti, un anno fa ne aveva il doppio ma la crescita (lenta) continua. Castori? Qualcuno dice che può rischiare la panca: voce, per ora, tutta da confermare. Però chissà, magari contro il genoa sarà la sua Prova del 9.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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27/09/2021 00:22

Ancora Vlahovic: la Viola vince 1-0 a Udine e torna in zona Champions

Decide un rigore dell’attaccante serbo: terza vittoria consecutiva in trasferta per una Fiorentina
che dopo il gol soffre terribilmente i padroni di casa che però non riescono mai a trovare il pari


Francesco Velluzzi


Le stranezze del calcio. L’Udinese domina letteralmente la sfida con la Fiorentina. Mette energia, cuore, tecnica, e, nella ripresa, anche tiri in porta ma dalla Dacia Arena è la Viola che va via con i tre punti in tasca. Tutto grazie al rigore trasformato da Vlahovic dopo 16 minuti. Da quel momento hanno giocato solo i bianconeri di casa che, però, non hanno trovato prima la via della porta, poi, quando, dopo 55 minuti, hanno cominciato a tirare, trascinati da un Deulofeu stellare, sono incappati in Dragowski bravo a respingere tutto. La Fiorentina vola ai piani alti a quota 12 giocando la peggior partita della stagione, ma in cui per la prima volta non subisce gol. L’Udinese resta a quota sette, con tre sconfitte di fila (le altre due con Napoli e Roma), due di queste in casa, e zero gol segnati in queste tre sfide che erano sicuramente proibitive in partenza, ma che lasciano tanta amarezza perché sia con la Roma che con la Fiorentina la squadra di Gotti ha dominato almeno un tempo, stavolta molto di più.

PRIMO TEMPO — Prima di cominciare il pubblico della tribuna saluta con affetto Marek Jankulovski venuto a salutare lo stadio in cui è esploso da calciatore bianconero. Più staccato Nico Gonzalez, squalificato, beve il mate in divisa viola. Ma ecco le squadre. Gotti tiene lo stesso terzetto difensivo che gioca da inizio campionato, ma lascia in panchina Molina, colpevole nelle ultime due gare, a vantaggio dell’emergente 2002 francese Soppy sulla corsia di destra, a sinistra c’è Stryger Larsen. L’altra novità è davanti dove con Deulofeu gioca il lungagnone portoghese Beto, anche lui alla prima da titolare. Serve per spizzare, fare sponde in mezzo e colpire di testa sui cross degli esterni. Nel 4-3-3 di Vincenzo Italiano ci sono Callejon e Saponara a fare da esterni d’attacco con Vlahovic in mezzo come previsto. La Fiorentina pressa sempre alto, ma i primi 15 minuti dicono poco o nulla. Ci pensa, però, l’arbitro Ghersini a ravvivare la sfida assegnando con l’aiuto della Var e con le proteste viola, un rigore per un fallo di Walace su Bonaventura in area. Ci sarebbe parecchio da discutere, ma dal dischetto Vlahovic non sbaglia. L’Udinese capisce che deve reagire. Arslan costringe subito al fallo da giallo Martinez Quarta. La Fiorentina entra con decisione, Ghersini non sempre fischia, ma la protesta bianconera sale quando Deulofeu che ruba palla al lento Milenkovic si invola e in area va giù per un contatto con Martinez Quarta. Per Ghersini è tutto regolare. Deulofeu è inarrestabile, Walace recupera sempre il pallone che viene affidato spesso a destra a Soppy che a volte pasticcia a volte trova l’imbucata buona o crea pericolo. L’Udinese domina ma in porta non tira mai, aumentando l’astinenza. La Fiorentina tiene botta soprattutto con Duncan che gioca da mezzala a destra ma è l’equilibratore di tutto recuperando di tutto e impostando bene. Anzi al 39’ rischia pure il raddoppio della Fiorentina per una sgommata di Odriozola che calcia facendo attraversare al pallone tutto lo specchio della porta.

SECONDO TEMPO — Dagli spogliatoi non esce Soppy che lascia il posto a Pussetto per un’Udinese più offensiva che si mette a quattro, giocando col 4-2-3-1 con Pereyra, Pussetto e Deulofeu alle spalle di Beto. Spazio anche a Makengo al posto di Arslan che era a rischio dopo il giallo preso a fine primo tempo per un litigio con Bonaventura, peraltro in fase di possesso nell’area avversaria. Gli effetti si vedono perché al 10’ Pereyra semina tutti e serve Beto che calcia bene ma trova le manone di Dragowski. L’Udinese continua a far la partita, Walace recupera e gestisce palloni, la Viola prova a usare il corpo di Vlahovic per salire, ma il duello con Nuytinck è molto fisico ed è quasi sempre a favore dell’olandese. Ci prova anche Makengo, ma c’è sempre Dragowski. Italiano cambia pure lui: fuori Biraghi e dentro Terzic. Poco dopo rivoluzione: escono Martinez Quarta, Bonaventura e, a sorpresa, anche Duncan, il migliore fin qui. Dentro Nastasic, Malleh e Amrabat. Dal cambio la viola esce distratta perché un altro errore di Milenkovic sta per costare caro con Beto che parte. L’Udinese vuole e merita di recuperarla. Gotti è ancora più spregiudicato: dentro Molina e Udogie per avere maggiore spinta, fuori anche il pilastro della difesa Nuytinck. Ma Silvestri deve respingere su Saponara che prova a chiuderla da fuori area. L’Udinese assedia però la Fiorentina con Deulofeu che diventa inarrestabile, Odriozola vede le stelle con lo spagnolo che a sinistra è una furia. In campo va pure Samardzic. Proprio un assolo dello spagnolo costringe il portiere polacco a un altro salvataggio e Beto non riesce a buttarla dentro. È, invece Italiano che sta sempre fuori dall’area tecnica a sbracciarsi. Ci sono proteste anche per un fallo su Pussetto, ma Ghersini, insufficiente, al netto degli episodi da rigore, non fischia assolutamente nulla. Deulofeu non si arrende, ma il muro viola resiste anche grazie ad Amrabat e la Fiorentina porta a casa tre punti davvero insperati.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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27/09/2021 00:26

Sarri la spunta su Mou in un derby show:
la Lazio supera 3-2 la Roma

Biancocelesti sempre avanti:
i giallorossi reagiscono ma non basta,
alla fine decide il gol di Felipe Anderson


Stefano Cieri


Il derby dice Lazio e Sarri può finalmente gioire dopo un periodo delicatissimo. Il derby rilancia la sua squadra e soprattutto il suo progetto. Ma la Roma non esce ridimensionata dalla stracittadina romana. Giocata bene da entrambe le squadre, senza un attimo di pausa. All'inglese, insomma, come giustamente avranno apprezzato i rispettivi allenatori che la Premier l'hanno conosciuta davvero (Mourinho ne è un decano, ma anche Sarri ci ha allenato). Un pareggio avrebbe forse rispecchiato meglio l'andamento della gara, soprattutto sotto il profilo delle occasioni da rete che si sono sostanzialmente equivalse. Ma la Lazio alla fine prevale in virtù della sua superiorità nei primi 25 minuti di gioco, nel corso dei quali i biancocelesti sono padroni del campo e segnano i primi due gol che alla lunga faranno la differenza. Poi la gara è equilibrata, anzi la Roma la gioca forse anche meglio, ma quando parti dallo 0-2, specie in un derby, è difficile per non dire impossibile risalire la china.

SUBITO SCINTILLE — La Lazio approccia meglio la partita, nonostante le difficoltà delle ultime settimane. I biancocelesti, rispetto ai giallorossi, danno l'impressione di sapere meglio cosa fare e come farlo, almeno nella parte iniziale della gara. Palleggio stretto in mezzo al campo e poi sfruttamento dell’ampiezza, col pallone che viene smistato sulle fasce laterali. Il gol con cui la squadra di Sarri sblocca il risultato al 10’ è esattamente il manifesto di questa impostazione di gara. Milinkovic e Immobile si scambiano palla sulla trequarti, il centravanti apre poi sull'out di destra per Anderson che scodella in area dove si inserisce Milinkovic per il colpo di testa dell'1-0. Difesa della Roma che resta a guardare, sorpresa dallo scambio in velocità e dall'inserimento del centrocampista: Karsdorp e Mancini provano a chiudere, ma è tardi, così come Rui Patricio è impossibilitato ad anticipare Milinkovic. Anzi, sullo slancio lo travolge e becca anche il giallo. La Roma accusa il colpo, la Lazio gioca sul velluto, favorita anche dagli spazi che si aprono per il contropiede. Il raddoppio arriva proprio in questo modo. Immobile, lanciato da Luis Alberto, si invola sulla sinistra, serve al centro Pedro che di piatto destro dal limite dell’'rea supera Rui Patricio. La Roma reclama un possibile rigore per il contatto Hysaj-Zaniolo all'alba dell'azione. Il contatto in effetti c'è, ma non sembra sufficiente per decretare il rigore. Almeno questa è l'idea sia dell’arbitro Guida, che lascia correre, sia del Var Irrati che non interviene. Qualche minuto più tardi è anche la Lazio a reclamare un penalty per un contatto simile tra Ibanez e Anderson. Anche qua arbitro e Var ritengono che sia troppo poco per fischiare il rigore. Si arriva così a metà primo tempo e qui l’inerzia della gara cambia. La Lazio rallenta i ritmi del possesso palla, anche perché la Roma aumenta la densità in mezzo al campo e pressa gli avversari. Arrivano così anche le palle-gol per i giallorossi. Reina salva sul tiro dalla distanza di Veretout, poi viene salvato dal palo sul colpo di testa di Zaniolo. Ma nulla può al 41’ su un altro colpo di testa, quello di Ibanez su angolo di Mkhitaryan. Si va così al riposo sul 2-1.

BOTTA E RISPOSTA — Il secondo tempo comincia sulla stessa falsariga della seconda parte del primo. Roma protesa alla ricerca del gol e Lazio che cerca di sfruttare il contropiede. La partita non ha pause, le emozioni si susseguono da una parte e dall'altra. La prima a capitalizzare un'occasione è però la Lazio. Che al 17’ sorprende ancora la Roma in contropiede. Luis Alberto lancia Immobile dalla sua metà campo, il centravanti corre da solo verso la porta, poi al momento del tiro rientra verso l'area e serve l'accorrente Felipe Anderson che deve solo depositare in rete. La botta è durissima per una Roma che si era riorganizzata bene dopo l'avvio difficile. Ma la squadra di Mourinho ha il merito di non arrendersi. Si getta con il cuore in avanti, spinta soprattutto da Zaniolo. E sfiora subito il gol proprio con il numero 22. Il 3-2 arriva lo stesso dagli 11 metri, con la solita esecuzione impeccabile di Veretout. Guida concede il penalty per il contatto tra Zaniolo e Acerbi che viene confermato anche dopo essere stato rivisto al Var. Manca ancora mezzo tempo e la Roma ci crede. Mourinho getta dentro Shomurodov per El Shaarawy e poi Carles Perez per uno stremato Zaniolo. Nel finale il tecnico portoghese getterà nella mischia anche Smalling e Zalewski per Vina e Karsdorp, passando al 3-4-3. Ma il risultato non cambia. La Roma ci prova con qualche mischia, ma la difesa della Lazio è sempre attenta. Grazie anche ai cambi conservativi di Sarri (Cataldi per Leiva e Akpa Akpro per Luis Alberto). Sono così i biancocelesti a sfiorare il quarto gol con Immobile. Ma il centravanti della Lazio calcia fuori da ottima posizione davanti a Rui Patricio. Finisce con entrambe le squadre sotto la curva, osannate dai rispettivi tifosi. Giusto così. Un bel derby, giocato con veemenza ma senza eccessiva cattiveria e con entrambe le squadre che hanno onorato il calcio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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27/09/2021 00:32

Osimhen e Insigne da sballo:
il Napoli fa 6 su 6 ed è in vetta da solo



Gli azzurri tornano in testa alla classifica a punteggio pieno.
Contro i sardi segnano il nigeriano e il capitano su rigore.
Rientra in campo Demme dopo il grave infortunio


Mimmo Malfitano

La capolista c’è e non sbaglia nemmeno stavolta. Due a zero al Cagliari e primo posto in solitario. C’è da chiedersi se ci sarà un avversario in grado di arrestare la marcia di questa squadra che continua a sbalordire per il gioco che produce e per la freschezza atletica che evidenzia, nonostante si giochi tre volte a settimana. Il protagonista? Victor Osimhen, ovviamente. Sì, ancora una volta lui, che regala al pubblico del Maradona un’altra sera magica, realizzando il primo gol e procurandosi il rigore trasformato da Lorenzo Insigne per il 2-0 finale. Poco ha potuto il Cagliari, sia sul piano del gioco sia su quello fisico. Ogni confronto è sembrato impari e, alla fine, ha dovuto cedere i tre punti.

CONFERME SPALLETTI — L’unica novità rispetto alla gara di Marassi, contro la Sampdoria, è l’inserimento di Politano al posto di Lozano. Ormai, l’avvicendamento tra i due sta diventando una consuetudine nella scelte di Luciano Spalletti. Per il resto, l’allenatore conferma la squadra che fin qui le ha vinte tutte. Walter Mazzarri si prende l’applauso del San Paolo, che non ha dimenticato i quattro anni vissuti insieme. Con l’allenatore del Cagliari, il Napoli ha vinto il primo trofeo dell’era De Laurentiis, la coppa Italia, e ha partecipato per la prima volta agli ottavi di Champions Legaue. La gente di Napoli non ha dimenticato e gli ha riservato una calorosa accoglienza. Mazzarri presenta alcune novità: Strootman, Zappa e Godin sono in campo dal primo minuto.

SEMPRE OSIMHEN — Il Napoli s’impadronisce subito dell’iniziativa e chiude il Cagliari nella propria metà campo. La regia di Fabian Ruiz e il pressing sulla fascia sinistra portato da Mario Rui e Insigne, creano criticità alla difesa rossoblù. L’azione del gol del vantaggio si sviluppa, però, a destra. Anguissa chiama all’inserimento Zielinski che in velocità supera Caceres e crossa. Sul pallone si avventa uno scatenato Osimhen che brucia sullo scatto Godin (11’). Il Napoli è di nuovo solitario in testa alla classifica. Il centravanti nigeriano è un’iradiddio. Al 24’, riparte di nuovo in velocità e appena giunto al limite dell’area fa esplodere il destro col pallone che accarezza il palo.

PRESSIONE CONTINUA — Il pressing napoletano diventa asfissiante. Il Cagliari prova ad allargare sugli esterni, ma Nandez è sistematicamente anticipato da Mario Rui, mentre a destra Lykogiannis tiene coperto Di Lorenzo. Proprio da un cross dell’esterno greco nasce il primo pericolo per Ospina: ci pensa Mario Rui ad anticipare il colpo di testa di Nandez. A centrocampo, la lotta è impari, Strootman è troppo morbido per contrastare Zielinski, mentre Deiola deve fare i conti con la fisicità di Anguissa. Il primo tempo si conclude con una punizione di Nandez che la difesa napoletana allontana.

SENZA STORIA — La ripresa è un monologo del Napoli, la superiorità è troppo evidente, sia sul piano tecnico sia su quello qualitativo. Osimhen ci prova dal limite (8’), ma Cragno blocca. Tre minuti più tardi, il nazionale nigeriano costringe al fallo in area Godin. Il difensore uruguaiano viene letteralmente stordito dai continui dribbling dell’attaccante napoletano, fino a stenderlo. L’arbitro Piccinini non ha alcuna esitazione a mostrare il dischetto. Alla battuta va Insigne che raddoppia. Sul finire della gara Spalletti inserisce Diego Demme che rientra dopo due mesi dall’infortunio al ginocchio subito a Dimaro, nell’amichevole contro la Pro Vercelli. Poi triplice fischio finale e grande festa sugli spalti, il Napoli è di nuovo da solo in testa alla classifica.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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28/09/2021 17:04

Brekalo illude il Toro, ma il Venezia pareggia su rigore

Succede tutto nella ripresa:
Singo manda in gol il croato,
poi i veneti trovano il pari con il penalty
di Aramu (espulso Djidji nella circostanza)


Mario Pagliara


Neanche il vantaggio di Brekalo è riuscito ad aiutare il Toro a venire a capo di una serata incredibilmente difficile. Il Venezia ne approfitta e strappa un pari meritato, grazie al rigore firmato dall’ex Aramu e assegnato a causa del disastroso intervento di Djidji su Okereke. Finisce con un uno a uno che contiene tante buone notizie per Zanetti, mentre palesa un vistoso passo indietro sul piano del gioco da parte della squadra di Juric. Toro troppo stanco per essere vero? Possibile.

TORO STANCO E SORPRESO — Chissà dove finisce allora la sorpresa e dove inizia la stanchezza. La verità potrebbe stare nel mezzo, perché il Torino del primo tempo è sia sorpreso dai cambiamenti tattici presentati da Zanetti (Venezia con il 4-4-2 e non con l’abituale 4-3-3), sia visibilmente sotto ritmo, apparso con il serbatoio in riserva dopo questo tour de force con quattro partite in quindici giorni (Juric non ricorre al turnover: le uniche novità sono Lukic e Ansaldi). Ne risente, fortemente, il livello della prestazione: nei primi quarantacinque minuti quello che si vede in campo è solo lontano parente del Toro di Juric apprezzato nelle ultime due settimane. Incapace di sfondare sulle fasce, puntualmente stoppato sulle vie interne, in sofferenza quando le mezzali venete cambiano passo e si affaccia nell’area del Venezia solo con una girata al volo di Sanabria (22’) e un timido tiro dalla distanza di Linetty (39’).

IL LEONE C'E' — Per quello che offre il primo tempo del Penzo, il discorso cambia sensibilmente se si parla del Venezia. La mossa di Zanetti di passare al 4-4-2 spiazza in avvio il Toro, tatticamente diventa la mossa chiave a metà partita: perché i due presunti esterni, Kiyine e Crnigoj, svolgono un lavoro quasi da mediani aggiunti su Singo e Ansaldi, bloccando alcune delle principali fonti di gioco dei granata. Non c’è Caldara in distinta, fermato in mattinata da un attacco influenzale. Il Venezia non solo imbriglia il Toro, ma appare spesso più fresco e con un motore più pimpante. Riesce pure a mettere in crisi la difesa granata in un paio di occasioni: il primo brivido lo firma Okereke (3’: palla sul fondo), poi sempre Okereke si mangia di testa un gol già fatto su assist di Crnigoj (palla alta sulla traversa). Johnsen un gol lo realizza pure, ed è anche molto bello, ma la posizione di partenza è in fuorigioco (25’). All’intervallo il punteggio non si schioda dallo zero a zero.

IL LAMPO DI BREKALO — Quando la partita riparte nel secondo tempo, il copione tattico non si discosta di molto da quello visto nel primo tempo. Serve un episodio per sbloccare il sostanziale equilibrio e quando arriva sposta l’inerzia della gara dalla parte del Toro. All’undicesimo i granata colpiscono con un’azione di contropiede: Singo sfonda ed è bravo nel fornire a Brekalo un assist che il croato non sbaglia. E’ il primo gol in granata del fantasista acquistato dal Wolfsburg. Subito dopo, Juric comincia a inserire forze fresche, lanciando Baselli al posto di Linetty, poi toccherà a Mandragora (per Pobega) e a Vojvoda (per Singo). Zanetti risponde con un doppio cambio: Ebuehi (per Schnegg) e Aramu (per Crnigoj), ripristinando il 4-3-3.

IL DISASTRO DI DJIDJI — Il Venezia però continua a giocare stabilmente nella trequarti granata, e al 32’ ottiene il meritato pareggio sfruttando il disastro difensivo di Djidji. Al 32’ il difensore del Toro frana in area su Okereke, dopo che pochi minuti prima si era fatto ammonire per un’altra indecisione a centrocampo. L’arbitro Maggioni assegna il rigore ed espelle Djidji: dal dischetto Aramu non sbaglia. Uno a uno, e Toro in dieci. Le emozioni corrono fino al novantesimo, perché nel recupero prima Milinkovic deve salvare il Toro, poi Mandragora si divora il match ball in contropiede all’ultimo secondo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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28/09/2021 17:12

SERIE A 2021/2022 6ª Giornata (6ª di Andata)

25/09/2021
Spezia - Milan 1-2
Inter - Atalanta 2-2
Genoa - Verona 3-3
26/09/2021
Juventus - Sampdoria 3-2
Empoli - Bologna 4-2
Sassuolo - Salernitana
Udinese - Fiorentina 0-1
Lazio - Roma 3-2
Napoli - Cagliari 2-0
27/09/2021
Venezia - Torino 1-1

Classifica
1) Napoli punti 18;
2) Milan punti 16;
3) Inter unti 14;
4) Roma e Fiorentina punti 12;
6) Lazio e Atalanta punti 11;
8) Empoli punti 9;
9) Torino, Juventus e Bologna punti 8;
12) Sassuolo e Udinese punti 7;
14) Verona, Sampdoria e Genoa punti 5;
17) Spezia e Venezia punti 4;
19) Cagliari punti 2;
20) Salernitana punti 1.

(gazzetta.it)
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02/10/2021 23:47

Cagliari, la prima vittoria non arriva.
Il Venezia pareggia nel finale



Keita illude gli uomini di Mazzarri, Busio firma il pari al 92' con un tiro deviato in area.
Sardi penultimi a tre punti, veneti a cinque


Un tiro bruttino al 92' strucca il Cagliari e rinvia l'incontro con la prima vittoria in campionato. Cagliari-Venezia finisce 1-1: dopo il gol di Keita nel primo tempo è la conclusione deviata di Busio a rimettere la partita in equilibrio. Una partita che nel primo tempo sarebbe stata più onesta se avesse partorito un doppio vantaggio sardo, ma che alla lunga ha prodotto un pareggio equo perché dopo un'ora la squadra di Mazzarri è diventata trasparente.

PARTENZA SARDA — Il Cagliari parte forte nelle intenzioni, quelle che si basano sulle motivazioni. Perché l'oasi della prima vittoria in campionato inizia a diventare un riferimento pesante. La squadra di Mazzarri però impiega diversi minuti a erodere la difesa veneziana. Risulta così difficile arrivare in area e in principio si registrano solo tentativi da lontano di Joao Pedro, Deiola (due volte) e Lykogiannis. Che la partita sia in mano sarda è evidente. Che i sardi siano ficcanti lo è meno. E allora vale un sussulto il vantaggio del Cagliari: al 19' l'azione è avvolgente, piacevole. Dal centro all'esterno, dove sulla destra Caceres disegna un pallone morbido che Keita di testa strizza e butta nell'angolo giusto. Maenpaa ci prova, ma nulla può. Sardi in vantaggio, veneti in difficoltà. In difficoltà perché la squadra di Zanetti aveva costruito poco o nulla fin lì. L'unico segnale offensivo arriva al 27' quando Johnsen al volo sul secondo palo sveglia Cragno da una serata fin a quel punto serenissima. Palla respinta, pericolo evitato. Il finale del tempo è ancora a favore dei sardi che tornano a colpire dalla distanza: Marin scheggia il palo dal limite al 38'.

FINALE INTENSO — Zanetti deve mettere mano alla formazione iniziale, troppo delicata di fronte alla sostanza sarda. Dentro Henry per Okereke e Crnigoj per Kiyine. L'avvio è speranzoso, più per l'atteggiamento che per le occasioni anche se Henry dopo 6' avrebbe una palla buona che sceglie di cedere comodamente a Cragno. La seconda vita del Cagliari è ben diversa dalla prima. I ragazzi di Mazzarri appaiono spenti, fuori dal corpo che avevano reso vivo nel primo tempo. Il Venezia prende coraggio e prova a gestire la seconda frazione della partita alla ricerca del pareggio. I veneti provano a ridimensionare la serata dei sardi ma producono poco. Il tiro di Johnsen (il più vibrante dei suoi) che sfila di poco fuori è la cosa più concreta che i giocatori di Zanetti sono capaci di produrre. Mazzarri toglie Keita e inserisce Pavoletti, il collega inserisce anche Forte per irrobustire il fronte. L'anima veneziana non graffia fino al 92', quando mancavano un paio di giri d'orologio alla fine della partita. Una palla anonima entra in area, Busio la calcia, trova una deviazione che scansa Cragno ed entra. E' il pari della beffa, è il gol che rinvia il primo successo sardo in questo campionato.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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02/10/2021 23:53

Salernitana, ecco la prima gioia:
1-0 al Genoa, decide Djuric

I liguri senza Destro cadono all'Arechi:
per la squadra di Castori è la prima vittoria in campionato


Maurizio Nicita


Festa a Salerno per la prima vittoria in questo campionato di A. I granata ci mettono cuore, grande agonismo e anche se non sempre c’è lucidità, la squadra di Castori merita il successo per come lo ha voluto. Il Genoa nel finale avrebbe meritato il pareggio, per il miglior palleggio, ma Ballardini a pochi minuti dall’inizio, nel riscaldamento, perde Mattia Destro per un infortunio muscolare e l’assenza non è da poco. La Salernitana ritrova i 3 punti in A, dopo oltre 22 anni: era il maggio ‘99 quando battè il Vicenza. Tra l’altro la Salernitana mantiene per la prima volta la porta imbattuta. Ritardo Si comincia con qualche minuto di ritardo perché nel riscaldamento si fa male Mattia Destro. Il centravanti avverte un problema ai flessori e Ballardini lo sostituisce con Flavio Bianchi, classe 2000. Una bella botta per il Genoa che deve far a meno del suo terminale di gioco. Da parte sua Castori, come già col Sassuolo, passa alla difesa a 4 e una mediana a 3 che sostiene Ribery trequartista con Simy e Gondo di punta.

GENOA PERICOLOSO — Nonostante ai liguri manchi anche Caicedo, con Pandev in panchina, i ragazzi del 2000 - Kallon è del 2001 - comunque si rendono pericolosi con la Salernitana volenterosa ma confusionaria in costruzione. Curioso come il primo tiro del Genoa, di Criscito dalla distanza, sia parato… dall’arbitro Mariani. Il sinistro del capitano abbatte letteralmente il direttore di gara. Fiammate sterili della Salernitana, con un Ribery non particolarmente ispirato, e ripartenze più precise del Grifone che manca nella conclusione. Perché su un ottimo affondo di Kallon, Bianchi gli ruba palla ma la sua conclusione non è felice. E lo stesso Bianchi proprio in chiusura, da una palla brillantemente recuperata da Badelj, fallisce il bersaglio dai sedici metri in posizione ideale e senza manco tante pressioni. Con Simy irriconoscibile, la Salernitana ha un paio di situazioni che fanno sussultare il calorosissimo pubblico salernitano. Una conclusione di sinistro al volo di Gagliolo, comunque alta. E un tiro da fuori di Kastanos che Sirigu respinge coi pugni e Ribery non riesce a ribadire in rete.

NUOVA MEDIANA — Verso il tramonto del primo tempo i due Coulibaly accusano problemi muscolari. E Castori è costretto a ridisegnare la mediana con Di Tacchio regista, Kastanos che diventa mezzala destra, con Obi a sinistra. Proprio quest’ultimo crossa dal fondo un pallone basso e invitante sul quale Maksimovic anticipa tutti. Diversi cambi riassettano i sistemi in campo. Perché Ballardini passa a difendere a quattro, dopo aver perso Criscito per infortunio. Dentro Ekuban e poi Pandev col Genoa spinge col 4-2-3-1. Anche perché nel frattempo anche Castori ha cambiato la coppia d’attacco e su calcio d’angolo di Kastanos, Djuric trova la girata giusta per far gol sotto la curva Sud. La Salernitana rincula e il Genoa prende metri. Belec è bravo su una conclusione ravvicinata di Cambiaso, poi su un tiro cross di Ghiglione, Ekuban e Pandev mancano la deviazione a un metro dalla porta. Lo stesso macedone impegna ancora Belec in un intervento complicato. Il portiere sloveno grande protagonista, rischia ne recupero i connotati per andare a togliere dal primo palo una punizione insidiosa di Rovella.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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02/10/2021 23:59

Locatelli ci ha preso gusto:
il Toro gioca alla pari ma si arrende alla Juve

Il centrocampista, servito da Chiesa e in gol anche con la Samp, segna il
gol-partita all'86' e decide una partita non bella ma molto intensa


Mario Pagliara


E’ stato un bel derby, avvincente, in equilibrio fino al novantesimo, giocato a viso aperto e alla pari dal Torino e dalla Juventus. Lo vince la squadra di Allegri grazie a un colpo da biliardo nel finale di un campione d’Europa come Manuel Locatelli. Primo tempo di stampo europeo da parte del Toro, ripresa di nobiltà tutta juventina. Alla fine, la differenza l’ha fatta la capacità dei bianconeri di trovare lo spunto vincente, mancato alla squadra di Juric nella prima parte della gara. La Juventus così supera l’esame della stracittadina e continua la rimonta in classifica, per i granata è la prima sconfitta dopo quattro risultati utili di fila: i granata escono a testa alta, tra gli applausi del proprio pubblico.

TORO DI QUALITA' — Così bello, a metà partita, chissà se anche Ivan Juric lo avrebbe mai immaginato. Perché quando arriva il momento di tornare negli spogliatoi, all’intervallo, l’impressione netta che si ricava è quella di aver visto il miglior primo tempo del Toro di questa stagione, anche e soprattutto in relazione al valore dell’avversario. Nelle gambe del Toro ci sono il furore, il ritmo e l’aggressività a cui ormai i tifosi si sono abituati in questo inizio di campionato, ma c’è anche tanto altro: l’organizzazione, la capacità di uscire in maniera fluida sugli esterni e la disinvoltura con la quale Brekalo prova ad innescare spesso la scintilla in zona offensiva. La Juventus di Allegri imposta una prima parte del match soprattutto di attesa, è costretta da questo Toro a giocare nei primi quaranta minuti stabilmente nella proprietà metà campo. E nella fase centrale del primo tempo anche, per una decina di minuti abbondanti, arroccata nella propria area.

3-5-2 GRANATA VS 4-4-2 BIANCONERO — La sorpresa da derby, a cui Juric stava lavorando in questi giorni, si materializza quando si presentano le formazioni ufficiali: la novità è il ritorno di Mandragora nell’undici insieme a Pobega e Lukic a centrocampo, con Linetty scivolato in panchina. E’ un 3-5-2 leggermente atipico, perché Lukic fa tanto lavoro da pendolo e si alza spesso, ma gioca su una linea differente rispetto a Brekalo che è più a ridosso di Sanabria. Allegri presenta una Juventus con difesa e centrocampo a quattro, in linea con la vittoria di Champions contro il Chelsea. Davanti la coppia Chiesa (che parte più largo) e Kean che duella contro un gigantesco Bremer.

CHIAVI A JURIC — All’intervallo, le chiavi del derby ce le ha Ivan Juric. I granata si prendono il campo, conquistano gradualmente tutta la metà campo di Allegri sembrano avere a tratti un passo superiore. La Juve, in avvio, approfitta di due errori (di Sanabria e Zima) per scappare in contropiede (al 3’ e al 5’) ma Kean e McKennie (soprattutto quest'ultimo, che spreca una palla tutt'altro che impossibile) sono imprecisi nelle conclusioni. Sono due episodi, perché il Toro riparte in fretta e comincia ad esprimere un calcio a tutto campo con una bella e continua propensione offensiva. Mandragora fa le prove generali dalla distanza (9’) senza prendere la porta, un minuto dopo Singo sfonda contro Sandro ma il suo incrocio potente non ha fortuna. Minuto 22: Lukic la sfiora quanto basta per beffare la difesa juventina, ma per pochi centimetri non fa esplodere l’Olimpico. Da qui inizia il momento migliore del Toro: assolo di Brekalo, tiro in curva (36’). Due minuti dopo siluro di Mandragora, Szczesny si salva coi pugni. Al 41’ al colpo di testa di Sanabria manca la precisione per piazzare il sorpasso. Zero a zero all’intervallo: è un bel derby.

SUPER MILINKOVIC — Ad inizio ripresa Allegri fiuta che è il momento di cambiare qualcosa: richiama dalla panchina Cuadrado, inserendolo al posto di Kean. Non modifica il modulo, ma il tecnico bianconero avanza Bernardeschi davanti in coppia con Chiesa. La Juve cambia marcia e nel primo quarto d’ora della ripresa costruisce le sue migliori occasioni: dopo otto minuti serve un istinto superlativo di Milnkovic-Savic per strozzare in gola l’urlo di Alex Sandro, pericolosissimo con un colpo di testa. Cinque minuti dopo il portiere granata vola per stoppare una conclusione dalla distanza di Cuadrado. L’episodio che fa infuriare la panchina juventina arriva al 14’: contatto in area granata tra Pobega e Cuadrado, ma Valeri indica subito che per lui il calcio di rigore non c’è. E’ una ripresa di orgoglio e nobiltà da parte della Juve, che rende il derby ancora più avvincente. Il Toro ha il merito di tenere botta e, anche quando la partita sale di tono a livello agonistico, non si tira indietro e risponde colpo su colpo. Le mosse di Juric arrivano al 20’: dentro Ansaldi per Aina e Linetty per Lukic. L’innesto del polacco fa tornare il Toro a un 3-4-2-1 puro.

RIPRESA BIANCONERA — La Juve attraversa la sua fase migliore, è ormai stabilmente fuori dalla sua tana e riesce a costruire varchi sulle fasce per arrivare al tiro centralmente. Come si verifica al 26’, quando l’occasione cade nei piedi di Locatelli ma la sua staffilata dal limite dell’area vola alta sulla traversa. Alla mezzora Baselli (entrato al posto di Sanabria) porta forze fresche sulla trequarti di un Toro che ricerca nuove energie, dopo aver speso tantissimo nella prima parte della gara. A dieci dalla fine Allegri si gioca la carta Kulusevski (fuori Bernardeschi), è la mossa con la quale Max vuole capitalizzare nel finale l’ottimo secondo tempo giocato dai bianconeri.

IL COLPO DI LOCATELLI — Trenta secondi dopo la Juve avrebbe pure il match ball, grazie a un’incursione di Rabiot ma un recupero provvidenziale di Ansaldi evita la beffa per il Toro. Juric fiuta che è il momento di blindare i suoi, così tira fuori dalla mischia il talento di uno stanco Brekalo lasciando la scena alla grinta di Rincon. Ma il Toro non ne ha più nelle gambe e a tre minuti dal novantesimo Locatelli trova il colpo da biliardo sul quale Milinkovic proprio non ci può arrivare. Nel primo minuto di recupero, la Juventus scappa via con Kulusevski che colpisce il palo. Sarebbe stato troppo per questo Toro.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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03/10/2021 00:03

Dzeko entra e ribalta il Sassuolo:
l'Inter vince 2-1 ed è seconda



Dopo quelle di Verona e Firenze, altra vittoria in rimonta nella ripresa.
Decisivo l'ingresso del bosniaco, autore dell'1-1 dopo il rigore di Berardi.
Poi la decide dal dischetto Lautaro


Luca Taidelli

E' un'Inter perfetta ma indomabile quella che vince in rimonta lontano dal Meazza per la terza volta in 4 trasferte. Come Verona e Fiorentina, il Sassuolo va all'intervallo sull'1-0 ma non resiste alla reazione dei campioni d'Italia, trascinati da Dzeko, il cui ingresso ha rivoltato il match come un guanto. Dopo il rigore di Berardi, valutazione al limite di Pairetto su Handanovic nel finale di tempo. Poi Edin la decide segnando l'1-1 e procurandosi il penalty decisivo che Lautaro non sbaglia. Nerazzurri per una notte al secondo posto, a -1 dal Napoli capolista.

LE SCELTE — Dionisi risolve il ballottaggio tra Raspadori e Scamacca facendo partire a sorpresa Defrel davanti al trio Berardi, Djuricic, Boga. Muldur preferito a Toljan sulla destra. Inzaghi risponde insistendo su Dumfries, con Perisic a sinistra. Torna Calhanoglu in mezzo, mentre Correa viene preferito a Dzeko per affiancare Lautaro.

PRIMO TEMPO — L'Inter parte con quella fluidità di manovra mancata a Kiev e si rende pericolosa con Calha e Barella al termine di ottime azioni tutte di prima. Un errore di De Vrij costringe Handanovic alla parata su Defrel, ma a menare la danza sono i nerazzurri, con Frattesi e Lopez che faticano a tenere Barella e Calha. Due corner del turco e per due volte Bastoni sfiora l'impatto di testa. Il Sassuolo impiega un quarto d'ora a prendere le misure e quando riesce a innescare gli esterni crea problemi a una difesa poco pulita negli interventi. Dopo una serie di mischie gratuite, un errore in uscita di Barella libera Boga in area per l'uno contro uno con Skriniar. Lo slovacco abbocca e colpisce l'ivoriano per il rigore che al 22' Berardi trasforma con un sinistro a fil di palo ad eludere il tuffo di Handanovic, che aveva intuito la traiettoria. La squadra di Inzaghi prova a rialzare il baricentro, ma senza un regista offensivo come Dzeko fatica a stanare gli emiliani. Correa prova a svariare, ma i suoi ricami sulla trequarti si schiantano contro il muro neroverde. L'Inter così è pericolosa soltanto sui piazzati, ma Consigli para su Barella da corner e Defrel salva sulla linea quando sulla punizione di Calha Dumfries l'appoggia per Perisic sul secondo palo. Berardi e soci sono una fisarmonica, umili ad abbassarsi e a ripartire senza allungarsi troppo. Quello che manca all'Inter, spesso scoperta sulle transizioni difensive. Se si aggiungono l'assenza di raccordo tra mezzali ed esterni (anche per il lavoro di Boga e Barardi), una certa indolenza di chi dovrebbe accendere la luce (Calha e Correa) e un Lautaro che corre a vuoto, il vantaggio dei padroni di casa all'intervallo ci sta. E i nerazzurri devono pure ringraziare l'arbitro Pairetto che valuta come contrasto di gioco l'impatto di Handanovic - che fa di tutto per evitare l'avversario - su Defrel. Una valutazione su cui il Var non interviene lasciando la decisione del campo.

SECONDO TEMPO — Il copione non cambia a inizio ripresa. Inter confusamente in avanti ma sfilacciata come un vecchio jeans sulle ripartenze, con Handanovic che di piede salva su Rogerio. Gli errori in uscita dei campioni d'Italia sono imbarazzanti e a sinistra Boga e Rogerio fanno ciò che vogliono. Handanovic si supera sullo stesso Boga e su Djuricic. Inzaghi si decide a cambiare qualcosa e al 57' ne toglie addirittura quattro: fuori Bastoni, Dumfries, Calha e Correa per Dimarco, Darmian, Vidal e Dzeko. Passa una manciata di secondi e sul cross di Perisic Ferrari e Consigli leggono male e Dzeko, con un fiuto da centravanti che Correa non ha, di testa la pareggia. I due eventi in sequenza hanno l'effetto di ribaltare il mondo. Ora l'Inter è assatanata e arriva prima su ogni pallone, mentre il Sassuolo non trova più linee di passaggio pulite. Dionisi ci prova con Raspadori per Defrel. L'Inter a metà tempo rifiata e grazie a Djuricic riesce a far uscire i suoi. Quando la gara sembra addormentata, al 76' Brozovic pesca Dzeko sulla corsa con un lancio geniale, Consigli frana sul bosniaco per il rigore che Lautaro non sbaglia. Il solito Dzeko la chiuderebbe all'81' ma è in fuorigioco sul cross basso di Barella. I minuti finali si giocano box to box con adrenalina e acido lattico alle stelle, ma Dzeko, Boga e Vidal non trovano il bersaglio. Vince l'Inter. Vince soprattutto un super Dzeko.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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03/10/2021 21:20

Lazio brutta e nervosa, il baby Bologna
fa festa con Barrow, Theate e Hickey



Romani dominati dai padroni di casa, che vanno in gol con un 19enne,
un 21enne e un 22enne. Acerbi, espulso per proteste, salterà la sfida con l'Inter


Matteo Dalla Vite

Sinisa scatena la tempesta perfetta con un diciannovenne (Hickey), un ventiduenne (Barrow) e un ventunenne (Theate). E il Bologna degli sbarbati si prende gioco di una Lazio col derby ancora nella testa e forse per questo superficiale, presuntuosa. In una parola: brutta. Ma non è tutto qui l’impianto accusatorio bolognese mai smontato da Sarri: perché la Lazio che perde 3-0 al Dall’Ara dimostra di non aver ancora capito cos’è il Sarrismo. Lazio a giri bassi, nervosa, pigra; Bologna con l’aic che diceva Mihajlovic (atteggiamento, intensità, concentrazione) ma soprattutto con l’istinto da killer perché in tre minuti del primo tempo ha regolato il volume (con Barrow al 14’ e Theate al 17’) e nella ripresa – dopo 20’ a soffrire ma non troppo – ha spaccato i decibel con lo scozzesino mancino (Hickey) che di destro infila un 3-0 che sa tanto di sentenza e di obbligo da parte di Sarri di rimettere la sua squadra (poi rimasta in 10 al 32’ s.t. per una frase di troppo di Acerbi) nuovamente in cantiere.

INIZIO SCORTICANTE — Mihajlovic conferma le indiscrezioni della settimana: 3-4-2-1, difesa a tre mascherata con ripiego a 5-3-2, debutta dal 1’ Theate e Soumaoro (falso positivo mercoledì scorso) è titolare per la prima volta in questo campionato; davanti, Barrow fa da spola fra l’affiancamento di Arnautovic e quello a Soriano in fase di rifinitura. Sarri, senza Immobile per 10 giorni (6 gol sui 15 della Lazio sono stati realizzati da lui), decide di dare fiducia a Muriqi (attaccante da 17 gol in 33 partite con la sua nazionale kosovara) affiancato nel tridente da Felipe Anderson e Pedro, che quindi non parte da Falso-9 anche se la sua “anarchia” lo porta in ognidove della zona offensiva. Il Bologna, che oggi compie 112 anni e che ha vissuto una settimana piuttosto turbolenta (dalle dimissioni, accettate, di Sabatini al ritiro a metà), doveva ricucire lo strappo coi propri tifosi dopo la prova di Empoli, 4 gol presi dopo i 5 contro la Ternana in Coppa Italia e i 6 dall’Inter qualche settimana fa: anche per questo Sinisa ha cercato di dare una sterzata, comportamentale e pure tattica abbandonando per una gara il suo 4-2-3-1 con annesse varianti in progress. L’inizio della gara è piena di Bologna: in tre minuti, la squadra di Sinisa sembra padrona, per insistenza, cattiveria, attenzione tattica e capacità di disinnescare una Lazio che per un tempo non sa di… Sarri. Al 14’ c’è il vantaggio con Barrow, tiro a giro con lancione-servizio di Theate (bravo assai); al 17’ i due si scambiano i favori perché il gambiano batte il corner e il belga sfrutta una dormita di Hysaj e dall’altro capo della porta infila il suo secondo gol (dopo quello All’Inter) in Serie A. E la Lazio? Alza un po’ i giri ma non troppo: del Sarrismo, poco o nulla. Le occasioni biancocelesti sono due: al 26’ Muriqi si fa imbavagliare da Skorupski sottoporta e al 38’ gli fa il solletico di testa.

SINISTRO-DESTRO — Nella ripresa la Lazio cerca di alzare i giri con maggior frequenza: per circa 20’ pianta le tende nella trequarti del Bologna che però si difende con ordine, non arma mai il contropiede laziale e soprattutto sfrutta la lentezza di esecuzione degli uomini di Sarri. Muriqi e Pedro arrivano al tiro, tiri da zero a zero; poi il Bologna esce dal guscio e confeziona il 3-0 con palla intelligente di Barrow a Hickey che salta Lazzari e di destro (lui mancino naturale) infila il coperchio alla gara con anche l’aiuto di Reina. Bologna esaltato, Lazio ancor più nervosa e che poi perde Acerbi che usa una parola di troppo verso l’arbitro Massa (scusandosi ma in ritardo) a tal punto da prendere il secondo giallo. Il Bologna chiude una settimana vissuta a tensione sostenuta con una vittoria roboante; la Lazio, che veniva da una settimana post-derby piena di esaltazione, deve rientrare in officina per guardarsi un po’ dentro.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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03/10/2021 21:24

Samp-Udinese è uno spettacolo:
finisce 3-3, tra rimonte, VAR e super gol

Candreva protagonista assoluto, con un’autorete propiziata e un gol pazzesco.
Si sblocca Quagliarella, ma non basta. Forestieri appena entrato agguanta il pari


Filippo Grimaldi


Partita splendida e dall’esito incerto sino alla fine questo 3-3 che ridà ossigeno all’Udinese dopo tre k.o. di fila (rompendo pure il digiuno storico di Gotti contro i blucerchiati) e fiducia alla Sampdoria, guidata dal ritorno al gol di Quagliarella e dalle giocate di Candreva, autore della splendida rete del 3-2, prima del definitivo pari di Forestieri.

INTENSITÀ — In partenza, D’Aversa conferma l’undici titolare, con Caputo-Quagliarella coppia offensiva e Silva preferito a Ekdal. Gotti da parte sua sceglie il 3-5-2 e ripropone Makengo titolare in mediana al posto di Arslan, con Stryger Larsen a destra (fuori Molina) e Udogie a sinistra. In attacco Beto in coppia con Deulofeu. Udinese molto aggressiva in avvio, ma la Samp sfrutta le fasce e al 2’ Silvestri chiude bene su Damsgaard. I blucerchiati insistono: Quagliarella (4’) calcia a lato sul pallone ricevuto da Candreva, molto attivo sulla destra. Ma qui la squadra di Gotti prende le misure ai blucerchiati e si rianima: Colley (8’) sbaglia i tempi dell’anticipo su Beto che gli scappa e Yoshida in recupero colpisce il palo alla sinistra di Audero rischiando l’autorete. Il numero uno della Samp decisivo su Udogie, che aveva saltato Bereszynski, poco prima che gli ospiti passino in vantaggio: Makengo avvia l’azione, Deulofeu mette in area una palla perfetta per Pereyra che di piatto (difesa Samp statica) batte Audero, che pare in lieve ritardo. 0-1 e l’Udinese insiste: Colley mura ancora Deulofeu innescato da Beto, e la velocità del gioco bianconero mette in difficoltà i blucerchiati. Gli uomini di D’Aversa al 21’ chiedono il rigore per un rinvio di Udogie che con il piede colpisce Bereszynski in faccia, ma è il sampdoriano che arriva dopo sulla palla. Al 24’, provvisorio 1-1 Sampdoria, avviato da una giocata splendida di Quagliarella che salta Nuytinck, serve Caputo che innesca Candreva: incrocio dei pali con il destro, ma sulla ribattuta la deviazione di Stryger Larsen è decisiva. Silvestri bravo (31’) in angolo su Silva dalla distanza, Audero lo imita al 42’ su Samir. Un minuto dopo, 1-2 Udinese. Samir coglie il palo, poi Beto va a segno. Orsato prima annulla su indicazione dell’assistente per fuorigioco, poi dopo il check offside con la Var convalida: la posizione è regolare e la Samp – nove gol subìti nei primi tempi, un primato negativo in A - va al riposo in svantaggio.

RIBALTATA — Ma l’avvio della ripresa regala subito il pari alla squadra di casa: dopo 51 secondi folle retropassaggio di Walace, Caputo si inserisce e Silvestri lo stende: rigore. Quagliarella spezza il digiuno e firma il suo primo gol in questo campionato, raggiungendo Boniperti a quota 178 gol in A. Gotti perde Deulofeu, dentro Arslan e Pereyra sale al fianco di Beto, ma la Samp insiste e una magia dell’ex Candreva (servito da Quagliarella che cambia gioco dalla sinistra) con un destro da oltre trenta metri fa esplodere il Ferraris. Gotti, costretto a recuperare passa al 4-2-3-1: l’Udinese spinge forte e raggiunge il pari al minuto 38 con Forestieri subentrato a Samir, che sbuca alle spalle di Yoshida su un pallone prolungato da Nuytinck (Thorsby salta a vuoto): il check offside con la Var convalida il gol. C’è ancora spazio per una respinta super di Audero su Arslan, ma il risultato non cambia più. Tre a tre, ma solo applausi per Samp e Udinese.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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03/10/2021 21:29

Verona straripante: primo tempo da urlo, poker allo Spezia

I padroni di casa chiudono il primo tempo in
vantaggio di tre gol (Simeone, Faraoni e Caprari),
Montipò sugli scudi con quattro parate decisive.
Poi i liguri si arrendono, e Bessa firma il 4-0 finale. Espulso Bastoni


Fabio Bianchi


Un Verona che più chirurgico non si può abbatte uno Spezia deboluccio in difesa e molto intraprendente in attacco, anche per forza di cose, e davvero sfortunato. Già con gli uomini contati poi, al tramonto della sfida subisce anche un danno ingiusto: l’espulsione esagerata a Bastoni (rosso diretto). Così Thiago Motta avrà anche l’ulteriore problema del difensore di fascia sinistra per la prossima partita. E per fortuna c’è la sosta, almeno i liguri possono sperare di recuperare qualcuno. Finisce con 4 sberle a 0, un risultato davvero un po’ troppo pesante. Ma il Verona ovviamente ha meritato per come ha interpretato la partita e per come è diventato solido e sicuro dei suoi mezzi da quando in panchina c’è Tudor. In vetrina ci va Simeone, gol e assist. Si sta rivedendo il centravanti dei primi tempi italiani.

CHE SPRINT — Il suo gol lampo, un bel colpo di testa sul cross di Lazovic dopo 4', ha messo subito la partita in discesa per il Verona. Lo Spezia era già partito con l’handicap, perché Thiago Motta ha un’infermeria sold out (9 infortunati, solo 4 uomini di movimento in panchina, di questi tempi sembra il deserto) e dunque ha dovuto arrangiarsi con una formazione tutta offensiva, dato che in mezzo non aveva nessuno. Una sorta di 4-1-4-1, perché Ferrer è stava fisso davanti alla difesa, con Antiste e Podgoreanu quasi sempre sulla linea di Manaj e Verde e Gyasi che s’inserivano a turno. Difatti la squadra ligure ha mostrato le cose migliori, più del solito, in offesa. Montipò si è esibito nella prima prodezza su una sassata di Verde, poco prima che Faraoni piazzasse il piattone nell’angolo, su lancio di Caprari, per il raddoppio. Qui lo Spezia ha avuto parecchie occasioni, con Manaj protagonista di una bella traversa e, sulla respinta, di un orrendo tap in alle stelle. Il resto l’ha fatto Montipò, con due paratone ancora su Manaj e sulla punizione di Verde. Il problema era che appena il Verona attaccava, erano dolori. Difatti è arrivato il terzo gol di Caprari: bel tiro a giro di prima intenzione su assist di uno scatenato Simeone. Verona, tre tiri e tre gol, Spezia debole in difesa, soprattutto nel portiere oggi, e sfortunato in attacco.

ANCHE BESSA — Nel secondo round al Verona è bastato controllare. Lo Spezia il suo meglio lo ha dato prima e il solo Verde è rimasto ad alto livello ma i suoi compagni non sono più riusciti a creare occasioni. Thiago Motta ha provato a cambiare qualcosa con i pochi uomini che aveva in panchina, incluso Nzola, che si è capito però perché non parte mai titolare. La rete di Bessa su azione personale (quarto tiro, quarto gol) e incertezza di Zoet ha spento ogni minima speranza. Il Verona si è definitivamente ritrovato e ora veleggia in acque più sicure. Lo Spezia dovrebbe andare a farsi benedire, e nel frattempo curare un po’ di più la fase difensiva.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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04/10/2021 16:55

Il Napoli batte in rimonta la Fiorentina: è sette su sette!

Spalletti primo a punteggio pieno.
Viola avanti con Martinez Quarta,
pareggio di Lozano e gol vittoria di Rrahmani


Mimmo Malfitano


È inarrestabile, questo Napoli. Batte anche la Fiorentina e si porta a 21 punti dopo sette giornate. Un pieno che la dice tutta sulla forza di questa squadra, che ha superato quello che dai più era stato definito un esame importante. Spalletti e i suoi l’hanno fatto brillantemente, contro un avversario che non ha saputo tenere il vantaggio ottenuto con il gol di Quarta. Il Napoli lo ha prima pareggiato, con Lozano, e poi ha capitalizzato i tre punti con la prodezza di Rrahmani.

SENZA DUBBI — Rimette a posto il suo Napoli, Luciano Spalletti, dopo la sconfitta in Europa League, contro lo Spartak Praga. In campo, c’è la formazione tipo, Anguissa in mediana, Rrahmani a far coppia con Koulibaly al cento della difesa e con Lozano e destra nel tridente offensivo. Dall’altra parte, Vincenzo Italiano ritrova Nico Gonzalez dopo il turno di squalifica scontato a Udine, e si affida a José Callejon sull’esterno destro.

TIMORE — Ne ha, il Napoli. Ed in effetti, sin dalle prime battute dimostra prudenza, raccolto nella propria metà campo, pronto a far ripartire Victor Osimhen. La Fiorentina vuole la sua domenica di gloria, magari fermando la capolista. Ed allora, è Pulgar (18’) a provarci dalla distanza, ma Ospina respinge coi pugni. Italiano vuole che si giochi sugli esterni per aggirare il muro di centrocampo. Anguilla e Zielinski sono ben piantati nel guardare a vista Pulgar e Bonaventura. Il Napoli ci prova con Anguissa che manda alto di testa il calcio d’angolo di Insigne (22’).

VANTAGGIO VIOLA — È la Fiorentina, comunque, a fare la partita. Callejon a destra e Gonzalez a sinistra si propongono con frequenza, ma per Vlahovic non arrivano rifornimenti. Milienkovic colpisce di testa sull’angolo di Callejon, senza fortuna (27’). È il preludio al gol che arriva un minuto dopo. L’azione parte sempre da calcio d’angolo. Stavolta, alla battuta va Biraghi, che trova l’assist di Vlahovic per la girata a volo di Quarta: Ospina può soltanto accompagnare il pallone in rete con lo sguardo. Viola in vantaggio e Spalletti dalla panchina richiama i suoi: la distrazione difensiva, in area di rigore, è costata un gol. Il primo tiro in porta del Napoli arriva al 34’, con Lozano, il cui diagonale viene respinto da Dragowski.

IL PAREGGIO — Ogni qualvolta viene lanciato, Osimhen crea il panico tra i difensori di Italiano. Così, il cronometro segna il 36’, quando Fabian Ruiz lancia lungo il nazionale nigeriano. Lo scatto è bruciante e Quarta nel tentativo di fermarlo gli frana addosso appena entrato in area. Sozza non ha lacuna esitazione a indicare il dischetto. Dopo qualche minuto di discussioni, Insigne va alla battuta e si fa respingere il tiro da Dragowski. Sulla ribattuta, il portiere anticipa l’intervento del capitano napoletano, respingendo corto per il destro di Lozano che rimette in equilibrio il risultato (39’). Il tempo si chiude con una rovesciata di Osimhen che finisce di poco a lato.
VANTAGGIO NAPOLI — Pronti via e la ripresa si anima subito col il vantaggio del Napoli. È il 5’, quando Zielinski batte una punizione dalla destra: sul pallone si avventa Rrahmani che di testa mette in rete. È innegabile che l’azione sia uno schema ben studiato durante gli allenamenti. Intorno al quarto d’ora Spalletti richiama in panchina Zielinski e Lozano per fare posto a Elmas e Politano, mentre Italiano inserisce Sottil al posto di Callejon. Il Napoli controlla facile e tiene palla, sfruttando il miglior tasso tecnico. Il nuovo entrato, Sottil, ci prova con un diagonale dalla destra, ma Ospina è pronto a respingere coi pugni. Al 24’ arriva il momento di Diego Demme, che l’allenatore manda in campo al posto di Lorenzo Insigne che, uscendo dal campo, dice qualcosa a Spalletti, tenendosi la mano dinanzi alla bocca. La Fiorentina potrebbe pareggiare grazie ad una mischia che si crea nell’area napoletana, ma il pallone viene allontanato da Rrahmani. La stanchezza inizia a farsi sentire e i falli si susseguono. Mertens ritorna in campo dopo tre mesi dall’operazione alla spalla, mentre nel settore ospiti c’è la festa dei tifosi azzurri.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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04/10/2021 17:00

Il regalo di Pellegrini dopo la firma,
poi Mkhitaryan: la Roma torna a correre

I giallorossi battono l'Empoli e riscattano in campionato la sconfitta nel derby.
Il capitano sblocca la partita festeggiando il rinnovo contrattuale nel migliore dei modi


Andrea Pugliese


C’era da festeggiare Pellegrini per il rinnovo del contratto e la Roma e il suo capitano hanno trovato il modo migliore di farlo. La Roma con una vittoria che tiene in quota-Champions i giallorossi, Lorenzo con un gol che ha spezzato un equilibrio pericoloso e dato il via alla nona vittoria stagionale della Roma (su 11 partite). A chiudere i conti, per il definitivo 2-0, ci ha pensato Mkhitaryan, bravo ad insaccare sull’ennesimo legno della stagione di Abraham. Ecco il centravanti inglese anche ieri ha fatto i conti con la sfortuna, ma se ha faticato un po’ ad entrare in partita, quando pii lo ha fatto è diventato devastante. Molto bene anche Zaniolo e Veretout, con il primo che quando decide di cambiare marcia al motore è imprendibile. Bene l’Empoli, soprattutto nel primo tempo, quando ha tenuto testa a lungo ai giallorossi. Perdere Pinamonti è stato letale, ma la squadra di Andreazzoli ha idee e gioco.

LA FESTA DI LOLLO — Mourinho conferma Darboe in mezzo al campo, stavolta al fianco di Veretout. Andreazzoli invece lascia Bajrami in panchina e butta dentro Di Francesco. La Roma gioca con veemenza, a caccia di una vittoria importante per la classifica, ma dall’altra parte i toscani non demeritano, anzi. Stavolta Andreazzoli gioca con in due trequartisti alle spalle della punta, con Di Francesco molto più vivace di Henderson, anche se il più pericoloso è Pinamonti, che tiene a lungo in apprensione la difesa giallorossa. Al 29’ però il centravanti toscano deve arrendersi ad un problema muscolare e dentro ca Mancuso, che è una prima punta meno riferimento e più di manovra. Nei giallorossi, invece, brilla come sempre Pellegrini pl che regala un paio di magie ad innescare gli strappi di Zaniolo, altro giocatore che disputa un primo tempo brillante. In mediana, invece, gli strappi che contano sono soprattutto quelli di Veretout, capace spesso di trasformare l’azione da difensiva in offensiva. Solo che la grande molto di gioco romanista produce pochi pericoli, con il primo tiro in porta che arriva solo al 38’, con un colpo di testa flebile di Pellegrini parato da Vicario. Il gol però arriva poco dopo, al 42’, quando Mkhitaryan prende palla sulla trequarti e serve lo stesso Pellegrini sulla corsa, con il capitano che insacca di destro alle spalle del portiere toscano. È il gol che fa venire giù l’Olimpico, il giusto modo di festeggiare una firma tanto attesa.

ABRAHAM SUPER — Nella ripresa Andreazzoli prova subito a mischiare le carte inserendo Bajrami e Haas, arretrando Henderson in mediana. Mossa quantomeno sfortunata, visto che lo stesso giocatore scozzese perde un brutto pallone a centrocampo a favore di Abraham, che di destro “spacca” la traversa in due, con Mkhitaryan bravo a ribadire in rete al volo la palla del 2-0. E se la mossa di Andreazzoli è stata sfortunata, la partita di Abraham lo è ancora di più, perché dopo l’ennesimo palo il centravanti inglese prima impegna Vicario in angolo e poi grida al gol di testa, ma a strozzargli l’urlo in gola stavolta è Stojanovic, che salva sulla riga e gli nega la gioia del 3-0. Poco prima, invece, sull’ennesimo strappo di Zaniolo era stato Pellegrini a sfiorare ancora il gol di testa, su assist di Karsdorp. Insomma, se il primo tempo era stato equilibrato, nella ripresa la Roma legittima la vittoria, andando più volte vicina anche alla terza rete. Finisce 2-0, con i giallorossi in pena zona-Champions, il modo migliore per affrontare il doppio confronto alla ripresa con Juventus e Napoli.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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04/10/2021 17:05

Milan, prova di forza: Atalanta battuta (con brivido finale)

I rossoneri si impongono sul campo di una diretta
concorrente con grande personalità e idee chiare.
A segno Calabria, Tonali, Leao.
Nel finale i bergamaschi accorciano con Zapata su rigore e Pasalic


Marco Pasotto


Evidentemente è destino che per il Milan questo stadio non sia mai banale. Se due anni fa il Diavolo a Bergamo aveva toccato il punto più oscuro del suo passato recente (e da qui ha avuto la forza e la bravura di ricostruire), e sempre qui si era poi ripreso la Champions dopo sette anni di astinenza, stavolta conferma definitivamente la propria crescita con un ulteriore salto di qualità: questa è una squadra da scudetto, perfezionata in tutti i suoi meccanismi tattici, nelle innumerevoli soluzioni per arrivare al gol e spinta da una propulsione muscolare che ha del miracoloso e in questo momento sarebbe capace di portarla su Marte. Al Gewiss Stadium contro l’Atalanta finisce 3-2 con gol di Calabria dopo 28 secondi, Tonali, Leao, rigore di Zapata e infine Pasalic in pieno recupero.

Un successo che può essere chiamato impresa perché di questo si tratta quando qualcuno riesce a vincere a Bergamo. In questo caso si trattava di una sfida da Champions, perché entrambe le squadre sono in Champions ed entrambe intendono fortemente tornarci. Il Milan, nel giorno del 40° compleanno di Ibra, vola in classifica perché vola con la palla fra i piedi e vola con una testa mai così lucida e leggera. Nonostante il k.o. con l’Atletico in Champions, che aveva lasciato scorie mentali e fisiche. Una rabbia incanalata nel percorso giusto: l’Inter è tornata due gradini sotto e il Napoli resta a portata di sorpasso due gradini sopra. L’Atalanta, che stava vivendo un momento di crescita costante, va sbattere con una violenza che non si aspettava e deve anche recitare il mea culpa: i primi due gol rossoneri sono stati propiziati dai pesanti errori di due singoli (Musso e Freuler).

LE SCELTE — Gasperini, che in coppa ha perso Gosens, ha variato per due undicesimi l’undici che ha sconfitto lo Young Boys: Maehle al posto del tedesco e Palomino (recuperato dai problemi muscolari) al posto di Toloi, k.o. per un risentimento muscolare. Il resto ha ricalcato la squadra di Champions: De Roon e Freuler in mediana, Zappacosta a destra, l’uomo di coppa Pessina dietro Malinovskyi e Zapata. Anche Pioli ha cambiato soltanto due uomini rispetto all’impegno europeo, ma nel suo caso soprattutto per mancanza di alternative. Al solito elenco di malati infatti si è aggiunto all’ultimo momento Giroud, vittima di nuovo del mal di schiena. Il numero di indisponibili quindi è tornato a quota sei e Rebic ancora una volta è stato chiamato all’opera da centravanti, con Diaz alle sue spalle. Rispetto all’Atletico la prima novità è stata l’impiego di Tonali, ma rispetto alle previsioni forse la vera sorpresa è stata Kessie, a cui il tecnico in una partita tecnica e muscolare allo stesso tempo, non ha voluto rinunciare nonostante il periodo opaco. In difesa è tornato Kjaer accanto a Tomori. Prima panchina per Messias.

GARA “VERTICALE” — Pioli è stato coerente. In vigilia aveva praticamente annunciato l’atteggiamento della sua squadra (“difendere bassi non ci piace, cercheremo di fare la partita”) e così è stato. Quanto meno nei primi minuti, sufficienti però per ritrovarsi avanti dopo 28 secondi, per il gol più veloce del campionato. Il Milan è arrivato in porta con quattro passaggi e un’azione tutta in verticale pensata da Hernandez (assist da numero 10, altro che terzino) e rifinita da Calabria in due step, grazie anche al gentile omaggio di Musso, che si è fatto scivolare via dai guanti la prima conclusione – tutt’altro che irresistibile – del capitano rossonero. Due segnalazioni che vale la pena fare: il gol è stato confezionato da due difensori, e Calabria che si è ritrovato a concludere da centravanti puro conferma come il Milan abbia mille strade per arrivare in porta. L’Atalanta ovviamente si è ritrovata sotto la doccia ghiacciata senza nemmeno aver capito bene cos’era successo. Una bambola di cui ha cercato di approfittare Diaz pochi minuti dopo, respinto goffamente col piede da uno stralunato Musso. Al di là dell’avvio shock dei nerazzurri, è stato subito un match di un’intensità totale. Come previsto, com’è nelle corde di due squadre che amano andare a riprendersi in fretta il pallone e cercano la profondità. Una partita praticamente tutta in verticale da una parte e dall’altra, senza un attimo di respiro. In altre parole: una partita “europea”, di quelle che si vedono in coppa o in altri campionati. Appunti sparsi: super lavoro di aiuto ai compagni da parte di Rebic, moto perpetuo di Diaz a metà fra il disturbo su De Roon e la consueta danza fra le linee, col grande merito di far salire la squadra. Per Leao e Saelemaekers meno fascia e più imbucate dentro il campo. Dall’altra parte Zapata e Pessina hanno provato a cercare spazi a sinistra e Zappacosta si è infilato più di una volta sulla corsia opposta. A mancare è stata soprattutto la spinta dalla mediana, anche se per tutta la parte centrale del primo tempo la Dea si è presa campo e palla ed è iniziata la sfida con Maignan. Zapata, Zappacosta, Zapata: il francese ci ha messo i guanti con tre interventi decisamente laboriosi, soprattutto negli ultimi due casi.

AUTOLESIONISMO — La spinta nerazzurra si è affievolita a metà tempo con il k.o. di Pessina, uscito per problemi muscolari. Senza il suo uomo d’equilibrio la Dea ha perso spinta e inerzia, anche perché il rimedio di Gasperini non ha convinto per nulla: dentro Pezzella largo a sinistra, Maehle sulla trequarti. Poi l’Atalanta si è di nuovo fatta male da sola. A due minuti dal 45’ Freuler si è addormentato sul pallone praticamente da ultimo uomo e se l’è fatto rapinare da Tonali, che si è presentato da solo davanti a Musso e l’ha superato. Un secondo schiaffo violentissimo. Nella ripresa Gasp ha inserito altre forze fresche: Koopmeiners per Demiral subito, ma soprattutto Muriel per Maehle e Ilicic per Malinovskyi dopo una decina di minuti. Avanti tutta. Il Milan però non ha perso né smalto atletico né lucidità tattica. Il Diavolo ha lasciato per lo più palla fra i piedi avversari ma ogni volta che ripartiva era in grado di dar vita a qualcosa di pericoloso. L’apice al quarto d’ora, con un colpo di testa di Saelemaekers, tutto solo, smanacciato in angolo da Musso con un riflesso mostruoso. Il Diavolo ha incanalato il match intorno alla mezzora dopo una serie di assalti continui ma poco lucidi e ragionati da parte della Dea. Pancia e non testa. La parola fine ha provato a scriverla Leao, che ha esaltato un contropiede di Hernandez spedendo il pallone nell’angolo più lontano. Già, perché sul tre a zero pareva davvero chiusa così, ma in realtà i nerazzurri sono rimasti agganciati in qualche modo alla partita. Prima con un rigore di Zapata (mani del debuttante Messias) al 42’ e poi col 2-3 di Pasalic al 48’. Ma a quel punto non c’era più tempo per tentare il miracolo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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10/10/2021 00:36

SERIE A 2021/2022 7ª Giornata (7ª di Andata)

01/10/2021
Cagliari - Venezia 1-1
02/10/2021
Salernitana - Genoa 1-0
Torino - Juventus 0-1
Sassuolo - Inter 1-2
03/10/2021
Bologna - Lazio 3-0
Sampdoria - Udinese 3-3
Verona - Spezia 4-0
Fiorentina - Napoli 1-2
Roma - Empoli 2-0
Atalanta - Milan 2-3

Classifica
1) Napoli punti 21;
2) Milan punti 19;
3) Inter unti 17;
4) Roma punti 15;
5) Fiorentina punti 12;
6) Lazio, Juventus, Atalanta e Bologna punti 11;
10) Empoli punti 9;
11) Torino, Verona e Udinese punti 8;
14) Sassuolo punti 7;
15) Sampdoria punti 6;
16) Genoa e Venezia punti 5;
18) Salernitana e Spezia punti 4;
20) Cagliari punti 3.

(gazzetta.it)
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17/10/2021 09:58

Rimonta Spezia, sono tre punti d'oro: 2-1 alla Salernitana



Dopo il gol di Simy nel primo tempo arrivano i centri liguri di Strelec e Kovalenko nella ripresa.
Vittoria pesante per Thiago Motta


Guglielmo Longhi

Va dunque allo Spezia questo anticipo di sfida salvezza. Giusto così, perché dopo aver sofferto per quasi un tempo, la squadra di Thiago Motta rinasce da se stessa nella ripresa, rimonta e domina la Salernitana. E’ stata una partita bloccata, almeno fino al primo gol. Lo Spezia ha cercato di imporre il gioco sin dall’inizio ma la Salernitana non si è limitata ad aspettare e punta sul possesso palla e non al solito lancio per Djuric o Simy, inedita coppia d’attacco.

LA TATTICA — Castori conferma il 4-3-1-2 e blocca le fonti del gioco avversario, la linea dei trequartisti del 4-2-3-1 di Motta: Di Tacchio segue Salcedo mentre Ranieri, a destra, cerca di frenare Strelec, come fa dalla parte opposta Gyomber (uscito dopo 20’ per noie muscolari, al suo posto Kechrida) con Antiste. La grande novità dello Spezia, in piena emergenza (10 assenti per infortunio più uno squalificato) è Gyasi terzino sinistro. Scelta discutibile perché è proprio l’attaccante riciclato difensore a dormire sul gol, chiudendo male su Obi, autore di uno splendido assist al volo per Simy. Che salta la marcatura dell’immobile Nikolaou, scarta Provedel e segna il suo primo gol stagionale.

LA SVOLTA — E’ il minuto 39 e la gara svolta dopo che le squadre si erano divise le occasioni migliori: traversa di Salcedo su cross di Strelec con Belec battuto (27’) e paratona di Provedel su Simy (male anche in questa occasione Nikolaou. Il gol del pari è un contropiede nato da una coproduzione Kovalenko-Salcedo-Kovalenko sulla sinistra, palla a Strelec: gran sinistro e Belec battuto. Lo Spezia reagisce e capisce che può vincere la partita, sfiorando più volte il vantaggio. Doppia parata di Belec su Nzola, di piede e sulla respinta di Salcedo. Il portiere poi si ripete su Maggiore. E arriva, meritato, il 2-1: bravissimo l’ucraino Kovalenko che alla mezz’ora batte Belec con uno splendido destro. Ma non è male neppure l’assist di Podgoreanu.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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